di Roberto Mancini
Tra liberismo e populismo. La democrazia è sempre più minacciata dalla morsa che la stringe tra questi due nemici fratelli, che sono le correnti solo apparentemente contrapposte di un unico processo degenerativo. Il liberismo non è solamente una famiglia ideologica, perché s’incarna nella tendenza a ricondurre la società e la natura sotto la tirannia del mercato. Ciò che è stato chiamato “globalizzazione” è la realizzazione sistematica del liberismo nella quotidianità dei popoli e delle istituzioni. Da parte sua il populismo esprime la reazione della gente contro i “poteri forti”: la finanza, la casta dei politici ma anche il Parlamento e il sistema delle istituzioni, l’apparato dei media, la burocrazia.
Sono due tendenze ugualmente micidiali, che condividono lo stesso principio: il potere dev’essere concentrato. Ma oggi prevale la confusione perché si è diffusa una gran voglia di scorciatoie: dare tutto il potere a un solo soggetto, immaginando che la sua potenza rimetterà le cose a posto.
Sono due tendenze ugualmente micidiali, che condividono lo stesso principio: il potere dev’essere concentrato. Ma oggi prevale la confusione perché si è diffusa una gran voglia di scorciatoie: dare tutto il potere a un solo soggetto, immaginando che la sua potenza rimetterà le cose a posto.
La versione della scorciatoia dal punto di vista liberista è rappresentata esemplarmente dalla riforma costituzionale del governo Renzi. Ispirata dagli interessi dei poteri finanziari, essa è stata perseguita dal cosiddetto Partito Democratico per concentrare tutto il potere nella mani del capo, sottraendolo a quell’intralcio che sarebbero i cittadini, le Regioni, il Parlamento, i movimenti civili e sociali. Risultato: un governo che assomma in sé le funzioni del Parlamento, designa il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, un governo forte con i cittadini e servizievole con i poteri finanziari transnazionali.
La versione della scorciatoia dal punto di vista populista è rappresentata esemplarmente dal successo di capi narcisisti e allergici alla democrazia: alla Russia, alla Turchia, all’Egitto, alla Corea del Nord, all’Ungheria si aggiungono ora gli Stati Uniti di Trump, un personaggio che scatena l’entusiasmo del Ku Klux Klan. Domani potranno aggiungersi la Francia di Marine Le Pen e molte altre nazioni. Nel sentire quanti plaudono all’elezione di Trump, come se fosse una svolta provvidenziale contro la globalizzazione, si intuisce che il virus del populismo dilaga anche in Italia. Eppure il populismo non è un’alternativa. È un impasto di odio per la democrazia, retorica del “popolo”, sottomissione a un capo riconosciuto carismatico e salvifico, intolleranza verso il dissenso. Dal populismo al fascismo il passo è sempre stato breve. A questo portano le scorciatoie.
A una lettura lucida della situazione mondiale, si vede che con la globalizzazione liberista sono cresciute, come sue figlie legittime, le tendenze fondamentaliste in ambito religioso e le tendenze populiste in politica. Ormai i Paesi effettivamente democratici nel mondo sono piuttosto rari. Michel Foucault ricorda che quando un sistema di potere si fa davvero totalitario e ubiquo, esso genera da sé opposizioni binarie al proprio interno perché così il malessere si scarica in modo da confermare il sistema stesso e soffocare qualsiasi possibilità di alternativa vera. Non è un caso che tanto il liberismo quanto il populismo siano inclini a usare la democrazia come sistema elettorale formale -il plebiscito, la vittoria di una maggioranza- contro la democrazia come forma sostanziale di società in cui i diritti umani e della natura sono il valore fondante. Chi desidera una società equa, ecologica e pacifica deve costruire una risposta che non abbia nulla a che spartire né con il liberismo né con il populismo. La democrazia non viene dall’alto. Non sopravvive se viene consegnata al Mercato o a un Capo. La democrazia parte da noi, dall’attuazione dei principi costituzionali nella prassi delle comunità locali, dai cittadini critici verso il potere e cooperanti per il bene comune, dalla giustizia che restituisce dignità e futuro ai popoli, da una visione dell’umanità in cui nessuno è straniero o scarto e in cui la natura non è solo “ambiente”, perché è madre e sorella.
Fonte: Altreconomia.it
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