La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 29 settembre 2015

Il potere del pensare e del fare

di Gianni Ferrara
Ingrao ha imper­so­nato i nostri ideali. Tutti. Li ha ana­liz­zati, appro­fon­diti, discussi. Ne ha misu­rato la con­cre­tezza, l’attualità, l’assunzione da parte delle masse, la resi­stenza alle offese che l’ideologia del capi­tale andava muo­vendo per distor­cerne il senso e per sra­di­carli dalle coscienze. Non si è mai arreso ai dubbi che muo­veva a se stesso ed apren­dosi agli altri e mai atte­nuando o pre­clu­dendo il suo pen­sare ed il suo fare di militante,di diri­gente, di comunista.
Ha voluto sem­pre sen­tire, capire, scru­tare, cri­ti­ca­mente anche quanto a pre­sup­po­sti, tra­di­zioni, metodi, prima di indi­care, inse­gnare, con­durre sin­goli e masse. E capire era per lui pene­trare nella realtà dei rap­porti umani, comin­ciando da quelli di pro­du­zione e coglien­done ogni pro­se­cu­zione, ogni effetto imme­diato e pro­tratto a qua­lun­que altezza e in quale dimen­sione si col­lo­casse, qual­siasi suo pro­filo potesse rile­vare sulla con­di­zione umana nell’età del capitalismo
Del più alto valore è stata la con­ce­zione della demo­cra­zia che Ingrao ha defi­nito e per cui ha com­bat­tuto. Soste­nendo che «il voto non basta». E «non basta» infatti nei regimi che ne iso­lano la rile­vanza e ne limi­tano il potere reale di inci­dere diret­ta­mente o indi­ret­ta­mente sui rap­porti di potere eco­no­mico, oltre che di quello sociale e di quello politico.
Tanto meno nei regimi che ne distor­cono gli effetti devian­doli da quelli auten­ti­ca­mente rap­pre­sen­ta­tivi. Né basta se non col­le­gato ad altri isti­tuti di par­te­ci­pa­zione diretta alla dina­mica poli­tica. Soste­nendo poi la coor­di­na­zione di tutte le assem­blee elet­tive come con­di­zione e stru­mento di una demo­cra­zia che per­vada l’intera com­ples­sità isti­tu­zio­nale della aggre­ga­zione umana a forma stato. Soste­nendo, infine, con grande luci­dità ed eguale fer­mezza la neces­sità di opporsi alla deca­denza di civiltà poli­tica, cul­tu­rale e morale che andava matu­rando in Ita­lia con la cri­mi­nosa pro­spet­tiva di un uomo solo al comando.
In modo diverso, sen­tirsi ingra­iani ha signi­fi­cato inten­sità di spi­rito cri­tico, ten­sione con­ti­nua a lot­tare pen­sando pos­si­bile una società in cui il « libero svi­luppo di cia­scuno sia con­di­zione del libero svi­luppo di tutti».

Fonte: il manifesto 

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