La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 30 settembre 2015

Moneta per il popolo, non per le banche

di Enrico Grazzini
Jeremy Corbin, il nuovo leader di sinistra dei laburisti britannici, ha lanciato ilQuantitative Easing for people instead of banks: ovvero propone nel suo programma politico l'emissione di moneta per il popolo invece che a favore delle banche e della finanza. Il suo progetto controcorrente è stato accolto con favore da molti economisti progressisti, anche se va contro il pensiero accademico ufficiale ed è ferocemente contrastato dalle forze conservatrici. In Italia la proposta di “moneta fiscale” avanzata su questo sito web[1] è del tutto analogo a quello del “QE del popolo” previsto dal programma politico dei laburisti inglesi guidati da Corbyn. Le forze politiche progressiste dovrebbero impadronirsi di questo progetto. 
La moneta deve essere considerata un bene comune e non dovrebbe essere creata solo dal sistema bancario e distribuita ai settori privilegiati della società. L'obiettivo invece è di creare e distribuire la moneta come bene pubblico, e di indirizzare la moneta al bene comune distribuendola direttamente ai cittadini, al lavoro, alle attività produttive che creano lavoro. Questo è il Quantitative Easing per il popolo. 
Ma innanzitutto va chiarito come invece funziona attualmente il QE per le banche.
La Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi ha, come noto, inaugurato una politica di “allentamento monetario”: in pratica la banca centralecrea moneta dal nulla e immette nuova moneta nell'economia comprando dalle banche titoli di stato e altri titoli privati con l'obiettivo ufficiale di combattere la deflazione (prezzi e occupazione stagnanti) e di raggiungere il target del 2% di inflazione per rilanciare l'economia europea. 
L’acquisto di titoli statali da parte della BCE aiuta le banche e alimenta il circuito finanziario[2], ma sta facendo lievitare i prezzi di tutti gli asset finanziari, dall’azionario all’immobiliare, e non tocca l'economia reale. I consumi e gli investimenti produttivi calano o ristagnano, e i redditi da lavoro sono fermi, mentre quelli legati alla speculazione salgono. 
La droga monetaria della BCE genera tre effetti collaterali: una distribuzione della ricchezza squilibrata a favore di pochi privilegiati, una minor produttività, e soprattutto bolle finanziarie sempre più difficili da gestire Comunque finora il QE della BCE ha fallito: l'economia dell'eurozona stenta a ripartire e l'inflazione non raggiunge il 2%. Tanto che Draghi ha già annunciato nuove possibili dosi di QE oltre il programma previsto che si dovrebbe concludere nel settembre 2016. 
Ma perché l'economia non riparte nonostante lo shock monetario della BCE? Perché i soldi non arrivano nelle tasche dei consumatori e alle imprese. I soldi previsti dal QE sono pari a 1.100 miliardi distribuiti in 19 mesi. Se fossero assegnati direttamente ai cittadini e alle famiglie potrebbero essere utilizzati per dare a a tutti i 330 milioni di cittadini dell’eurozona 175 euro al mese per i 19 mesi. In Italia sono previsti acquisti di bond per circa 150 miliardi di euro: considerando che i cittadini italiani adulti sono circa 51 milioni, ognuno potrebbe ricevere circa 155 euro in più al mese per più di un anno e mezzo. La domanda riprenderebbe, i consumi finalmente recupererebbero fiato, e con essi gli investimenti industriali e l'occupazione. 
La moneta creata dalla BCE potrebbe finire non alle banche e al sistema finanziario ma direttamente nelle tasche della gente. Anche considerando che gran parte della famiglie non arrivano alla fine del mese. Si tratterebbe di un progetto simile a quello del “denaro da prendere nelle buche” proposto da J. M. Keynes per superare la trappola della liquidità, e a quello noto agli economisti come “helicopter money”, cioè come “denaro gettato dall'elicottero” direttamente a tutti i cittadini, senza l'intermediazione creditizia. 
Corbyn per la verità non intende offrire soldi direttamente alla gente. Vuole invece che la Banca d'Inghilterra, seguendo le direttive del governo (e quindi rinunciando alla sua falsa indipendenza, che in realtà è dipendenza pro-sistema bancario), emetta moneta per una nuova banca pubblica e per finanziare il welfare, le nuove fonti di energia e i progetti digitali, e in generale l'economia della conoscenza. 
È ovvio che in Italia non si può procedere allo stesso modo dei laburisti inglesi, perché la BCE sarebbe contraria a una operazione di questa natura; e non potrebbe creare moneta per sostenere la spesa pubblica, a causa del suo statuto fissato a Maastricht, che la obbliga a essere completamente indipendente dai governi e a non finanziare gli stati. Inoltre in Italia l'unico strumento rimasto per fare politica industriale è la Cassa Depositi e Prestiti, che però non è una banca pubblica, e che deve maneggiare con estrema prudenza il risparmio postale, ovvero il risparmio della povera gente. 
Differenza a parte, la manovra della “moneta fiscale” – basata sull’emissione di speciali titoli pubblici, ovvero su Certificati di Credito Fiscale – avrebbe effetti molto simili a quella proposta da Corbyn. I CCF potrebbero essere distribuiti gratuitamente ai cittadini e alle imprese e sarebbero utilizzati dallo stato per il welfare, il reddito minimo garantito e i lavori pubblici. Questi titoli fiscali non resterebbero confinati nei recinti dell’economia finanziaria e della speculazione (come avviene nel QE britannico e dell'Eurozona) ma ridarebbero ossigeno all'economia reale. 
Sul piano puramente tecnico i titoli/moneta che proponiamo potrebbero essere emessi nel giro di una sola settimana, proprio come i BOT e i BTP. In effetti non si propone la creazione di una nuova moneta parallela e sostitutiva dell'euro (come sarebbe stata per esempio la moneta parallela prevista da Yanis Varoufakis in Grecia): ma un titolo di stato pienamente convertibile in euro, e quindi funzionante come una vera e propria moneta. 
Il progetto di “moneta fiscale” – elaborato da diversi economisti e intellettuali[3] - prevede di rilanciare l'economia nazionale grazie a una “moneta complementare all'euro”. In questo modo si potrebbe avviare una manovra fiscale espansiva decisa autonomamente dal Parlamento e dal governo italiano, senza dovere chiedere il permesso alle istituzioni europee e a Berlino, e tuttavia senza contravvenire e contrastare i trattati e i regolamenti vigenti nell'eurozona. 
Proponiamo infatti che il governo italiano emetta e distribuisca gratuitamente ai lavoratori (dipendenti e autonomi) e alle aziende dei Certificati di Credito Fiscale utilizzabile come credito sulle tasse solamente dopo due anni dall'emissione, ma subito convertibile in euro, come qualsiasi altro titolo di stato, come i BOT e i BTP. Grazie alla diffusione gratuita di titoli/moneta per decine di miliardi, aumenterebbe il potere d'acquisto delle famiglie, crescerebbero i consumi e gli investimenti delle aziende. Usciremmo dalla trappola della liquidità che blocca l'economia. 
I CCF diminuirebbero il livello – attualmente eccessivo e soffocante – di pressione fiscale e costituirebbero soprattutto un mezzo di pagamento, una sorta di moneta complementare all'euro distribuita direttamente ai cittadini – in proporzione inversa al loro livello di reddito – e alle attività produttive, in proporzione al numero dei dipendenti, alle nuove assunzioni e ai nuovi investimenti. 
Grazie alla moneta fiscale, finalmente la politica si renderebbe autonoma dalla grande finanza e contrasterebbe la caduta dei redditi e dei consumi che impedisce la ripresa degli investimenti. Finalmente lo stato contrasterebbe la stretta creditizia; e finalmente riacquisterebbe, grazie alla politica fiscale, la sua parziale autonomia anche in campo monetario. Finalmente gli organi rappresentativi della volontà popolare – come il Parlamento italiano (anche se eletto con il Porcellum!) – potrebbero decidere democraticamente di attuare una politica di piena occupazione! Proponiamo per esempio, di dare 200 euro mensili di certificati di credito fiscale a un lavoratore che guadagna 1300 euro al mese. I CCF verrebbero inoltre distribuiti gratuitamente alle aziende per diminuire il cuneo fiscale e quindi il costo del lavoro: le imprese nazionali diventerebbero così più competitive con l'estero senza squilibrare la bilancia commerciale. Grazie alla emissione dei nuovi CCF si potrebbe pagare il reddito di cittadinanza e attuare una politica attiva del lavoro. La Cassa Depositi e Prestiti potrebbe utilizzare la nuova moneta – o le sue obbligazioni con valore fiscale[4] – per finanziare le infrastrutture immateriali e materiali necessarie per lo sviluppo; e potrebbe finalmente fare politica industriale. I CCF diventerebbero un mezzo di pagamento per la pubblica amministrazione e finalmente si potrebbero finanziare i comuni, la sanità, l'istruzione e la ricerca. 
E' chiaro che emettendo questi titoli si correrebbe però il rischio di creare buchi fiscali e di rilanciare l'inflazione. Tuttavia, se condotta con perizia, la nuova moneta fiscale non creerebbe debito perché si autofinanzierebbe. Infatti, come hanno insegnato Keynes e più recentemente Olivier Blanchard (ex capo economista del FMI), grazie al moltiplicatore del reddito, i CCF genererebbero immediatamente un forte aumento del PIL: così aumenterebbero conseguentemente i ricavi fiscali in maniera tale da coprire il deficit pubblico che altrimenti si produrrebbe alla scadenza dei CCF. La ripresa economica ci farebbe uscire dalla deflazione e creerebbe finalmente un po' di inflazione. Ma l'emissione dei CCF potrebbe cessare o diminuire qualora l'inflazione superasse un tetto prefissato, per esempio del 3,5 %. Questa manovra permetterebbe di fare crescere i redditi e l'occupazione senza squilibrare i conti pubblici. Essendo basata su titoli fiscali, la manovra che proponiamo è tuttavia perfettamente in linea con i trattati europei, perché in campo fiscale ogni stato è ancora completamente sovrano. Inoltre i CCF sono dei semplici titoli di stato e non mettono assolutamente in discussione il monopolio della BCE sulla moneta unica. L'euro rimarrebbe l'unica moneta con corso legale. Dentro l'euro ma anche oltre l'euro. Senza dovere uscire dall'eurozona. 
L'abbandono dell'euro e il ritorno alla moneta nazionale sarebbero in teoria auspicabili. Ma in pratica questa soluzione presenta altissimi rischi a fronte di vantaggi molto incerti. Passare dall’euro alla lira è assai più problematico che uscire da un sistema di cambi semi-fissi, come era il Sistema Monetario Europeo. L'uscita unilaterale dall'euro, cioè dalla seconda valuta mondiale di riserva, rischia di produrre traumi economici e geopolitici dalle conseguenze imprevedibili; tutti gli stati, compresi gli USA e la Cina, contrasterebbero la rottura unilaterale dell'euro. Una uscita unilaterale sarebbe punita dalla comunità internazionale. E comunque, molti cittadini italiani sarebbero contrari perché temerebbero di vedere svalutati i loro risparmi, gli stipendi e le pensioni. Il paese si spaccherebbe come una mela tagliata a metà. 
La soluzione della “moneta fiscale” è invece la più semplice e la meno traumatica possibile, e rimedierebbe a gran parte dei problemi causati dall'euro e dalle cieche politiche di austerità e di pareggio di bilancio imposte dal governo tedesco e dalle servili istituzioni europee. 
Per le forze progressiste la moneta fiscale rappresenta un'occasione storica. Si tratta di ridare fiato alla democrazia, e di riscuotere un vasto consenso popolare per una manovra di svolta che possa finalmente riscuotere l'adesione convinta della maggioranza della società e del mondo produttivo (lavoratori e aziende). 

Note:

[1] Questa proposta è esposta in un e-book scaricabile gratuitamente sul sito di Micromega “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro” a cura a cura di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini,, con prefazione di Luciano Gallino. Il nocciolo del progetto di moneta fiscale è contenuto nel libro seminale di Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi con prefazione di Biagio Bossone, “La soluzione per l'euro. 200 miliardi per rimettere in moto l'economia italiana - creare moneta, ridurre le tasse e rilanciare la domanda”, Hoepli, 2014. 

[2] Vedi su Repubblica.it “Banca d'Italia: con il Quantitative easing della Bce gli utili delle banche saliranno di 1,7 miliardi”, 29 aprile 2015 

[3] I promotori dell'appello sulla moneta fiscale sono attualmente:Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini, Maria Luisa Bianco, Massimo Costa, Stefano Lucarelli, Guido Ortona, Tonino Perna. 

[4] Vedi Enrico Grazzini, Micromega on line “La Cassa Depositi e Prestiti nel mirino di Renzi: ma CDP potrebbe emettere titoli-moneta per risollevare l'economia malata”, 16 giugno 2015

Fonte: MicroMega online 

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