di Roberto Mancini
Liberare l’Europa. Questo è il compito urgente al quale cittadini e forze politiche dovrebbero dedicarsi in Italia e negli altri Paesi dell’Unione. Ma è cosa che di solito non fanno: i cittadini perché sono sopraffatti dall’angoscia della sopravvivenza e molti di loro tendono a prendersela con i migranti; i partiti perché sono ridotti a soggetti sterili, andati a male per la cronica mancanza di pensiero e di responsabilità storica. Eppure è chiaro: la cosiddetta “Unione europea” non è l’Europa. Semplicemente ne usurpa il nome. In realtà è un club di sacerdoti del liberismo, persi in quello che Erich Fromm chiama “conformismo da automi”. Un club dove dominano i più abili nell’egoismo e dove gli altri sono sottomessi senza pietà.
Per prendere coscienza di questa situazione forse serve una parabola, quel genere letterario per cui una storia, inizialmente incentrata su fatti e personaggi lontani, alla fine si rivela riferita proprio a noi. La parabola che ci fa da specchio è la vicenda dei migranti che cercano scampo dalla morte organizzata nei loro Paesi. Fa scandalo non l’oppressione infinita che li schiaccia, ma il fatto che abbiano la “pretesa” di mettersi in salvo. Dovrebbero morire in silenzio, senza disturbare gli Europei, che essendo impegnati a essere competitivi non possono permettersi di essere accoglienti.
Che di fronte all’immensa tragedia di questa richiesta d’aiuto l’Unione europea al massimo giunga a coordinarsi per catturare gli scafisti e distruggere i barconi dei disperati è un dato rivelatore di almeno tre verità.
Primo: quello che hai seminato ti torna indietro. Dopo secoli di colonialismo, sfruttamento e prepotenza europea, le devastazioni patite dall’Africa e da vaste zone dell’Asia ci ricadono inevitabilmente addosso. Questo è il vero debito dell’Europa, i cui governi -mentre torturano la Grecia- fanno di tutto per non pagare, facendo finta di essere comunque i benefattori che aiutano i poveri selvaggi.
Secondo: il sistema di potere globale costruito dal neoliberismo e dai poteri finanziari non governa le contraddizioni del mondo, le esaspera. Conflitti etnici, fondamentalismi contrapposti, terrorismi, nazionalismi armati, disastri ambientali, esaurimento delle risorse, diseguaglianze abissali, sviluppo mondiale delle mafie: quali sono i soggetti di livello internazionale e globale in grado di fare fronte a tutto questo? A simili sfide mortali si risponde con la stupida ricetta del Mercato-che-fa-tutto-lui.
Terzo: l’Unione europea non solo non ha una coscienza etica, un respiro culturale, un fondamento costituzionale e un progetto politico, ma è divenuta un organismo intrinsecamente nocivo.
Chi si rende conto di queste verità comprende bene che l’accoglienza è doverosa e va organizzata molto più adeguatamente. Ma non basta. Occorre una concreta politica di cooperazione che contribuisca a sciogliere i nodi che causano le migrazioni di massa. È urgente una politica estera lungimirante, che l’Unione europea non può avere perché semplicemente non ha una politica. Il suo Alto Rappresentante non rappresenta nulla. In tutto il Medio-Oriente e in molti Paesi africani e asiatici è necessaria un’interlocuzione responsabile anzitutto dell’ONU, ma anche della stessa Europa, secondo una strategia coraggiosa che promuova politiche di equità, di pace e di cooperazione. Una strategia che a poco a poco promuova la nascita di un ordine mondiale differente, dove tutti i popoli possano esprimere le forme di governo che più rispondono alle loro aspirazioni. Perciò serve un’Europa che sia una comunità democratica, dotata di una sua Costituzione, pronta a pagare i suoi debiti storici e determinata a governare l’economia senza più accettare di diventare ostaggio dei Mercati. È evidente che l’Unione europea, nei suoi meccanismi di potere e nei suoi dispositivi normativi, dev’essere completamente smontata in modo da liberare l’Europa autentica. Un’Europa che giunga a una forma istituzionale giusta e solidale, tale da essere stimata nel mondo e anzitutto dalla maggioranza dei cittadini europei.
La via per realizzare questo progetto inizia sia dalla costruzione di alleanze, dentro l’Unione, da parte dei pochi governi guariti dall’ubriacatura neoliberista, sia da un grande movimento civile di sollevazione nonviolenta in tutta Europa. Bisogna avere il coraggio di dedicarsi a un’azione del genere, senza perdersi nei piccoli egoismi. Un’altra economia, per noi, non può nascere se non dentro questo progetto.
Fonte: Altreconomia.it
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