Le ore di cassa integrazione guadagni (Cig) nel mese di gennaio sono state 56.933.097, con un aumento del 33,86% rispetto al mese precedente (dicembre 2015) e del 12,84% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (gennaio 2015). L’aumento è legato, nella quasi totalità, alle ore di Cigs (Cassa integrazione straordinaria, +70,40% sul mese precedente e +69,61% su gennaio 2015). Il volume delle ore di Cig del mese scorso conferma l’assenza di attività produttiva (zero ore) per potenziali 330 mila posizioni lavorative. E’ quanto emerge dal rapporto ‘gennaio 2016’ dell’Osservatorio Cig della Cgil, frutto di elaborazioni delle rilevazioni sulla cassa condotte dall’Inps.
Nel solo mese di gennaio 2016, evidenzia il rapporto, i lavoratori in Cig hanno perso complessivamente circa 218 milioni di euro del reddito al netto delle tasse, mentre ogni singolo lavoratore in cassa integrazione a zero ore ha subito una riduzione del salario al netto delle tasse di oltre 640 euro.
Secondo il rapporto le regioni dove la richiesta di ore di Cig è tornata a salire nel mese di gennaio sono: Piemonte, Toscana, Umbria, Lazio e Molise. I settori più in difficoltà e con più ore richieste restano quello meccanico (con un aumento del 98,87%) e i settori del commercio e dell’edilizia, che però registrano una riduzione delle ore rispetto al mese precedente.
“Per recuperare la sotto utilizzazione degli impianti e la messa a regime del sistema produttivo – si legge nel rapporto – c’e ancora molto da migliorare. Nella maggioranza delle crisi aziendali restano sempre troppo pochi gli interventi attivi, le crisi aziendali vengono costatate ma nella quasi totalità dei casi non vengono avviati interventi strutturali di miglioramento”, si legge in un comunicato della Cgil.
“La permanenza e la salvaguardia del proprio posto di lavoro, – sottolinea il rapporto – continua a trovare una sola risposta dall’attivazione dei contratti di solidarietà, con l’effetto che la crisi continua ad essere suddivisa tra i lavoratori, ma non superata. Contratti di solidarietà che rappresentano una risorsa positiva e un freno ai licenziamenti ma anche il limite della situazione occupazionale e produttiva”.
“Il problema di fondo – si legge ancora nel report – resta quello che un’occupazione e una ripresa stabile non si consoliderà fino a quando la gran parte del sistema delle imprese non recupererà competitività nella propria offerta di merci, per innovazione, costi e qualità, mentre la domanda interna dovrà essere sostenuta da una ripresa del valore economico delle retribuzioni e delle pensioni”.
Fonte: il manifesto
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