di Giampaolo Martinotti
La Francia si risveglia ancora in stato di emergenza. Sono passati più di tre mesi dagli attentati che il 13 novembre scorso sconvolsero i francesi, al di là dell’origine o della classe sociale, e che diedero il via alla svolta “marziale” del presidente François Hollande. La data del 26 febbraio 2016 avrebbe dovuto decretare la fine di quella che può essere propriamente definita una sospensione dei diritti civili a tempo determinato ma, al contrario, questo giorno verrà ricordato per averne sancito una nuova proroga a tempo indeterminato. Da una parte l’odierna precarietà dei lavoratori e dei diritti e dall’altra la stabilità della carica repressiva che si palesa ormai davanti agli occhi di tutti.
Nel frattempo, forse per un semplice scherzo del destino, cinque cittadini confinati agli arresti domiciliari hanno depositato ieri una denuncia all’indirizzo del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve e del suo stretto collaboratore Thomas Andrieu, ex-direttore dell’ufficio“Libertés publiques” al ministero, ai quali è stata contestata la violazione delle libertà individuali, con il rifiuto volontario di porre fine a tali violazioni e ulteriori atti di discriminazione. La Fédération Internationale des droits de l’Homme e la Ligue des droits de l’Homme, che già alla vigilia della COP21 di Parigi era intervenuta per criticare aspramente l’inverosimile arresto di Joel Domenjoud, il responsabile del team legale della Coalizione per il Clima, chiedono a gran voce che le autorità rispondano delle proprie azioni senza poter beneficiare dell’impunità istituzionale.
In base all’attuale “état d’urgence”, che limita il diritto di manifestare e la libertà di movimento, le forze di sicurezza francesi sono autorizzate a eseguire perquisizioni abitative senza mandato, pratica questa profondamente dispotica che con la sua vera e propria ondata di controlli ha imposto in maniera arbitraria arresti, obblighi di residenza e la chiusura di alcune associazioni, portando oltretutto alla devastazione documentata di altrettanti luoghi di culto “accidentalmente” islamici. Un brevissimo video del New York Times riassume in maniera lampante la realtà sconcertante di una condizione attuale fatta di inconcepibili eccessi e abusi che vengono perpetrati quotidianamente.
In un suo comunicato Amnesty International, raggiunta dalle lettere di numerose vittime, aveva già denunciato a dicembre la pericolosità della futura riforma costituzionale e l’evidente rischio per i cittadini di subire violazioni dei propri diritti umani sotto lo stato di emergenza, mentre dal mese di gennaio migliaia di persone in tutto il paese hanno manifestato a più riprese, sostenute essenzialmente dalle associazioni per i diritti umani, dai sindacati combattivi, dal Nouveau Parti Anticapitaliste (NPA), dagli anarchici e dagli antifascisti, per rompere lo stato di emergenza e denunciare la deriva autoritaria del governo Hollande, la criminalizzazione dei movimenti politici e sociali e la feroce repressione che stigmatizza gli abitanti delle “banlieues” più emarginate andando a colpire donne, migranti e musulmani, prime vittime della violenza fondamentalista nel mondo.
Il governo combatte il terrorismo con abusi polizieschi e operazioni militari, alimentando così direttamente anche i più biechi sentimenti razzisti e xenofobi tanto preziosi ai fascisti del Front National. La miopia di François Hollande e del premier Manuel Valls, che a soli quattordici mesi dalle elezioni presidenziali pianificano di uscire dall’impasse modificando in profondità il quadro legislativo del mondo del lavoro nell’esaltazione del libero mercato, è una catastrofe a dispetto delle uniche soluzioni durature da opporre alla crescente radicalizzazione dei giovani francesi. Il presidente, avendo da tempo accantonato l’idea di giustizia sociale, la salvaguardia dell’istruzione pubblica, le politiche sociali e l’incremento dei servizi pubblici, sfrutta la lotta al terrorismo come strumento di repressione e controllo a fine politico, rinforzando una dinamica del tutto funzionale al suo governo che non tollera opposizioni all’inasprimento delle politiche di austerità.
In questo contesto, e mentre sta per approdare in Senato la riforma della Costituzione che consentirebbe al Consiglio dei ministri di concentrare tutti i poteri nella mani del governo, la sterilità del defunto Parti Socialiste (PS) legalizza la svolta autoritaria del neoliberismo. Oggi la Francia è una nave in burrasca senza neppure più il timone, e chissà cosa penserebbe Jean Jaurès davanti alla gravità di tale situazione.
Fonte: Popoff Quotidiano
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