di Ken Jones
Sapevo benissimo che le nostre due camminate di febbraio nel deserto dell’Arizona meridionale non erano nulla di paragonabile ai viaggi a piedi intrapresi da migliaia di migranti che ogni anno arrivano da sud del nostro confine. Noi 12 che facciamo parte della delegazione delle Squadre di operatori cristiani per la pace (Christian Peacemakers Teams – CPT) per le zone di confine, eravamo sicuri con la nostra pelle bianca e la cittadinanza e con le nostre guide affidabili e con acqua abbondante. Stavamo visitando soltanto piccoli tratti di due sentieri di migranti per lasciare un po’ di acqua per i migranti e per vedere e provare come era per loro il terreno spietato.
Anche così, avevo scarsa sensazione del pericolo che invece devono provare i nostri fratelli e sorelle messicani e dell’America Centrale mentre inciampavo sul terreno irregolare ghiaioso nella macchia piena di cespugli, di piante di yucca, di cactus e di altra vegetazione spinosa. Completamente dipendente dalle nostre guide per sapere dove andare, ho avuto subito molto caldo ed ero stanco e preoccupato per due persone del nostro gruppo che a malapena erano in grado di tenere il nostro passo: un uomo che era sovrappeso e che vedeva poco e una donna rossa in faccia e che faceva fatica a respirare. Entrambi erano instabili sulle gambe e cadevano, mentre salivamo e scendevamo dalle colline attraversando letti di fiumi in secca e su affioramenti di rocce. Quanto deve essere più difficile per coloro che lottano per la vita in queste condizioni e per molti giorni!
Mentre camminavamo vedevamo camicie e calzini buttati via, bottiglie di acqua vuote, alcune impronte nei fondi sabbiosi dei torrenti. Questo era sufficiente a percepire la presenza dei migranti. Un elicottero volava in alto e ci hanno detto c’erano innumerevoli videocamere e sensori in tutta la zona. Forse venivamo osservati dato che ci spostavamo in pieno giorno. Ma, ripeto, sapevamo di essere al sicuro. Non eravamo le persone a cui la polizia di frontiera (Border Patrol) dava la caccia.
Dato che una forza militare fornita di sempre più alta tecnologia come la polizia di frontiera dà loro la caccia, i migranti si trovano davanti a spaventose eventualità. Oltre 4.200 agenti vengono impiegati nel settore di Tucson della zona di confine dove mantengono una presenza costante sulle strade, ai posti di controllo, nelle grandi città e nelle cittadine, in aria e con le loro onnipresenti videocamere per la sorveglianza. E, naturalmente, c’è l’enorme e terribile Muro che non è tanto una barriera all’emigrazione, quanto un messaggio emblematico e di cattivo augurio da parte della Fortezza America.
Nessuno sa con sicurezza quante persone muoiano nel deserto ogni anno, perché molti corpi non vengono mai ritrovati. I resti di oltre 2.500 persone sono stati trovati in Arizona dal 1999 al 2012. Nel solo settore di Tucson, soltanto nel 2014, sono stati ritrovati 130 corpi. Perlopiù, la causa della morte è l’insolazione. Non ci sono segni che questo bilancio di vittime stia diminuendo.
Molti altri vengono catturati dalla polizia di frontiera, spesso in quello che spesso è un soccorso che equivale a salvare loro la vita. Ciononostante, i migranti vengono avviati verso un altro genere di inferno. Mentre gli agenti della polizia di frontiera che si sono incontrati con noi ci hanno assicurato che gli arresti e le detenzioni venivano fatti in maniera umana, abbiamo saputo di violenza notevole e di forte razzismo da parte della polizia.
In un rapporto del 2011 intitolato Una cultura della crudeltà, l’organizzazione “Non più morti” ha documentato molti abusi da parte della polizia di frontiera: negare il cibo, l’acqua e l’assistenza medica, violenze fisiche, condizioni di detenzioni in luoghi sovraffollati, antigienici, eccessivamente freddi o caldi, e altro.
Il rapporto dichiara:
“Nei nostri anni di documentazione di abusi commessi dalla polizia di frontiera contro detenuti e migranti, abbiamo scoperto che esempi di maltrattamenti e violenza quando si è in custodia della polizia di frontiera non sono eccezionali, Riflettono, piuttosto, una pratica comune in un’organizzazione che fa parte della più grosso organismo federale del paese in materia di applicazione della legge, cioè l’Agenzia la delle dogane e della Protezione delle frontiere. Molti di questi esempi soddisfano semplicemente la definizione di tortura in base alla legge internazionale…Crediamo che i dati che abbiamo trovato dimostrino che violenze, abbandono e disumanizzazione dei migranti, faccia parte della cultura istituzionale della polizia di frontiera, rafforzata dall’assenza di meccanismi significativi di obbligo di rispondere delle proprie azioni.”
Al momento dell’arresto, i migranti vengono avviati a un sistema giustizia penale che seriamente contro di loro. Un elemento chiave del sistema l’udienza alla Corte di giustizia nota come Operazione Streamline. E’ un programma di rapida azione penale di massa con “corsia preferenziale” per gli immigrati, iniziato nel 2005. A Tucson, fino a 70 persone compaiono insieme davanti alla corte ogni giorno feriale, con catene legate attorno alle mani, ai piedi e alla vita. Per evitare un’accusa di reato, vengono tutti avvertiti da legali privati nominati dal tribunale di dichiararsi colpevoli di accuse minori ed è esattamente quello che fanno, mettendosi in fila a 8-10 per volta davanti al giudice. Tutti gli imputati ricevono condanne che vanno dai 30 ai 180 giorni di carcere. Gli imputati in base all’Operazione Streamline scontano le loro condanne in prigioni federali a gestione pubblica e privata situate in tutto il paese. Di frequente vengono inviati in una prigione che si trova lontana dalla loro famiglia e dalla loro comunità. Normalmente alla detenzione segue l’espulsione. Dall’inizio alla fine, è una farsa della giustizia.
Approssimativamente 700.000 persone sono state perseguite per ingresso e reingresso illegale tramite Streamline o altri tipi di sistemi di procedimenti penali, da quando è iniziata l’Operazione Streamline.
Quasi 70.000 migranti sono stati perseguiti penalmente al confine durante il solo anno fiscale federale 2015.
E a che scopo? La ragione ufficiale fornita per questo enorme sistema di occupazione militare, di processo giudiziario farsa e della carcerazione di massa, è la dissuasione, cioè impedire alle persone di emigrare negli Stati Uniti dal Messico e dall’America centrale. Nessuna, però delle persone che abbiamo incontrato durante la nostra missione pensa che tutto questo serva a quello scopo. Dato c’è attualmente un calo del numero di persone che rischiano la vita e la libertà attraversando il confine, per lo più si pensa che sia un fattore di realtà economiche – meno posti di lavoro dal lato statunitense e di più nelle fabbriche tessili dalla parte messicana.
Fino a quando le cause alla radice della migrazione continueranno a esistere, la migrazione indubbiamente proseguirà. Queste cause sono ben conosciute. La gente viene qui perché è povera e affamata, principalmente come conseguenza della devastazione causata alla loro vita dal NAFTA e dal CAFTA. Arrivano qui a causa della violenza che hanno sopportato da parte di governi repressivi armati e appoggiati dagli Stati Uniti, da parte dei cartelli coinvolti nel traffico di droga, di armi e di esseri umani, e da parte delle bande locali che sono venute fuori dagli ambienti criminali e impoveriti nei loro paesi nativi.
Vengono anche perché sono stati separati dalle loro famiglie e dai loro cari dopo essere incappati nella valanga di espulsioni che avvengono ora negli Stati Uniti. I dati del Dipartimento per la Sicurezza Interna dimostrano che l’Amministrazione Obama nell’anno fiscale 2013 ha espulso la cifra record di 438.421 immigrati non autorizzati, continuando una serie di incrementata attuazione della legge che ha avuto come conseguenza più di 2 milioni di espulsioni da quando Obama è diventato presidente.
Mentre visitavo una mensa per poveri a Nogale, Messico, che è di aiuto a molte delle persone espulse di recente, sono stato colpito da molte storie personali. Un uomo che parlava un inglese perfetto, era stato negli Stati Uniti per la maggior parte della sua vita, vivendo a Los Angeles e nello Utah. Era stato arrestato in conseguenza di una multa per violazione del codice della strada compiuta da sua madre, era stato trovato senza documenti e mandato in carcere per tre anni, e poi espulso. Era appena arrivato in Messico, due ore prima che lo incontrassi alla mensa. Ha una madre, una moglie, e quattro figli (due nello Utah e due a Los Angeles). Tenterà di nuovo di entrare negli Stati Uniti.
Ho parlato anche con un giovane di 29 anni che aveva vissuto a nella città di New York fin da quando aveva 9 anni. Era andato in Messico per il funerale di sua madre ed era stato arrestato mentre cercava di tornare negli Stati Uniti. Per 5 volte ha cercato di rientrare, è scappato in Messico due volte ed è stato tre volte in prigione negli Stati Uniti, dopo aver affrontato Streamline. Gli hanno detto che la prossima volta avrà una condanna due anni di carcere, ma ha intenzione di riprovarci presto. Ha la moglie e tre figli a New York.
Ho parlato con tre giovani dei El Salvador che scappavano dalla violenza delle bande e dalla fame del loro paese. Un giovane mi ha detto che è dovuto andare negli Stati Uniti per guadagnare dei soldi in modo da poterli spedire a sua madre che non ne ha affatto e che pochissimo da mangiare. Era stato arrestato nel Montana dove raccoglieva patate ed espulso. Ora stava andando a tentare di nuovo di attraversare il deserto dell’Arizona.
Quello che mi colpiva mentre parlavo con i migranti è che io farei esattamente la stessa cosa se fossi nei loro panni. Sì, rischierei di morire e di essere arrestato per tornare dai miei figli e dalla mia famiglia. Sì, attraverserei il deserto in cerca di cibo e per mia madre e per me se avessimo fame e fossimo disperati. Sì, cercherei di ritornare nel paese dove sono cresciuto e l’unica patria che conosco, anche se non avessi i documenti.
Quello che mi ha anche colpito, è che anche molti americani lo farebbero. E che molti americani avrebbero empatia per questi migranti e tenderebbero loro una mano, se soltanto non fossero tenuti separati dai coloro che si suppongono “altri” per mezzo di muri più efficaci di quello che si trova materialmente al confine – i muri della paura e dell’ignoranza eretti da coloro che traggono profitto dal dividere l’umanità.
Tuti sanno chi trae vantaggio da questa guerra agli immigrati. E’ l’industria carceraria pubblica/privata della sorveglianza militare e della polizia. Sono i politici che restano al potere creandosi dei nemici e facendosi eleggere con l’aiuto di contributi alla loro campagna che ricevono da coloro che ottengono guadagni dalle nostre politiche crudeli.
Ogni giorno, durante la nostra missione CPT abbiamo avuto tempo per preghiere e riflessioni di gruppo. Il contrasto tra i valori cristiani e le sofferenze imposte a coloro che attraversano i nostri confini per cercare una vita migliore è sconvolgente.
Come fanno i Cristiani, o persone di qualsiasi fede, o di nessuna fede, a rassegnarsi alla militarizzazione e vittimizzazione che avvengono nelle nostre zone di confine, in loro nome?
Abbiamo incontrato molte persone buone nella regione meridionale dell’Arizona, che operano per fornire aiuto ai migranti, per accompagnare per chi ha bisogno di aiuto, e per propugnare politiche di immigrazione. Anche loro stanno infrangendo dei muri quando viaggiano in un territorio severo e minaccioso, preoccupandosi per la famiglia – la famiglia umana. Benedetti siano i custodi della pace.
Le nostre camminate nel deserto e gli incontri con gli espulsi e con coloro che operano per accompagnarli, non hanno comportato alcun rischi reale per noi, tranne che quello che le nostre coscienze ci invitassero all’azione. Camminare lungo il sentiero dei migranti, dopotutto vuol dire camminare con noi stessi.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: non indicato
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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