La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 21 febbraio 2016

La cena dei 28: l’Europa è alla frutta?

E mentre in mare si consuma l’ennesima strage, con due corpi di migranti recuperati a largo di Agrigento, i capi di Stato e di Governo che compongono il Consiglio Europeo sono riuniti da ieri a Bruxelles. Al centro dei lavori la gestione di due crisi che mettono a rischio la composizione e il cuore dell’Unione Europea: la Brexit, cioè la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue, e i flussi migratori (o “crisi migratoria”, come etichettata da molti media), che, in alcuni Paesi, portano addirittura a mettere in discussione lalibera circolazione delle persone.
In realtà, il Consiglio europeo ha esaminato l’attuazione delle decisioni già adottate (aiuti umanitari, la gestione delle frontiere esterne, l’attuazione del piano d’azione UE-Turchia e il funzionamento dei punti di crisi) e ha preparato il terreno per le future decisioni da adottare nella prossima riunione di marzo (un vertice straordinario).
E’ stata una lunga notte, questa, per i 28 leader: una notte passata alla ricerca di una soluzione ai problemi di una Europa stanca e malata. La lunghissima cena di lavoro, durata circa 6 ore, ha portato ad approvare un testo di conclusioni sull’immigrazione (qui il comunicato stampa), ma i 28 si sono riservati però di discutere ancora della questione assieme al premier turco Ahmet Davutoglu (che ha dovuto rinunciare al viaggio a Bruxelles in seguito all’attentato di Ankara).
La cena è andata di traverso a molti, poiché, ad appesantire la situazione già tesa e complessa, e ad allungare la discussione, si è inserita la decisione dell’Austria di voler procedere “unilateralmente” a limitare il numero degli ingressi dei profughi con delle quote (un tetto di 80 migranti al giorno) e imporre stringenti controlli alle frontiere – incluse quelle con l’Italia (ne avevamo parlato anche qui). Già al suo arrivo al Consiglio, il premier socialdemocratico Werner Faymann aveva ribadito che Vienna, fra i paesi più “ospitali”, non accetta di dover accogliere tutti. L’annuncio austriaco di voler fissare dei limiti all’ingresso di richiedenti asilo ha subito sollevato le perplessità del commissario Ue, Dimitris Avramopoulos: si tratta di una politica “completamente incompatibile con gli obblighi dell’Austria secondo le norme europee e internazionali”. E, di fatto lo stesso presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, senza citare esplicitamente Vienna, ha dichiarato lapidario: “Gli assoli nazionali non sono auspicabili”.
Una scelta, quindi, che non è piaciuta alla maggior parte degli Stati convenuti, mentre la Commissione europea ha ricordato l’obbligo legale di accettare ogni richiesta di asilo che venga fatta sul suo territorio e ha parlato di violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, della convenzione di Ginevra e dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
Ma il fatto più sconcertante è che il testo delle conclusioni non contiene alcun accenno all’affaireAustria, benché ci sia stata una pubblica condanna. Anzi, il Consiglio ha ribadito “all’unanimità” che la risposta alla crisi dei rifugiati “deve essere europea”, e che le risposte “solo nazionali non sono raccomandabili”. Tutti, ha garantito Juncker, hanno convenuto sulla necessità “che bisogna procedere con il meccanismo di ricollocamento dei rifugiati”. Come mai non mettere a verbale delle prese di posizione cosi imponenti? E’ forse un non voler vedere? Saranno ancora parole al vento e buoni propositi disattesi?
Forse si. Visto che il cancelliere austriaco, Werner Faymann, malgrado le critiche e in barba a tutti, stamane ha ribadito che il suo Paese va avanti nell’applicazione delle misure annunciate: “Non stiamo stabilendo a zero il tetto dei rifugiati da accogliere, ma adesso è il turno degli altri di farsi carico della situazione”. Per Faymann “se tutti accettassero i nostri stessi numeri in relazione alla popolazione potremmo distribuire oltre due milioni di rifugiati, ma spetta agli altri”. Nel frattempo,l’Ungheria ha annunciato la chiusura di tre valichi ferroviari con la Croazia a partire da domenica per “l’interesse della sicurezza pubblica”, lo riporta l’agenzia austriaca Apa.

Fonte: cronachediordinariorazzismo.org

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