di Amira Hass
L’olocausto che il capitalismo (la versione europea e quella statunitense mentre si andava formando) ha imposto all’Africa e ai milioni portati come bestiame nel nuovo continente – e sui loro discendenti – aleggia sull’effervescenza di New York. Volteggia sulla febbrilità festosa di una città cosmopolita con la sua presenza ben calibrata di professionisti o giovani neri che giocano a pallacanestro all’angolo della Terza Strada con la Sesta Avenue. (Il termine ‘olocausto’ è fuorviante a causa del suo tratto sovrumano, ma poiché è un termine comune è chiaro e comodo). Così come accade a ogni olocausto, gli effetti del capitalismo sugli africani e gli afroamericani non possono essere cancellati. (L’assenza di nativi nel paesaggio urbano di New York rende più facile celare il loro olocausto).
Diversamente da un’altra shoah (commessa dalla Germania nazista e dai suoi alleati) quella statunitense continua a diffondere oppressione, sfruttamento, discriminazione, umiliazione e disprezzo istituzionalizzati contro i discendenti sopravvissuti.
Ci sono moniti sufficienti di un passato terribile che non può essere sepolto: un po’ di sfondo storico nei quartieri e agli angoli delle strade, un conteggio rapido di chi tra i mendicanti e i senzatetto è nero (la maggioranza), conversazioni casuali che rivelano il vuoto cavernoso nella storia famigliare (l’esempio più antico è la capanna degli schiavi nel sud). Poi, naturalmente, ci sono i progetti di edilizia pubblica.
Ogni età genera le sue lotte di massa. Ora è la fase di Black Lives Matter [Le vite dei neri contano], un movimento la cui creazione è derivata direttamente dal dito facile della polizia sul grilletto nei confronti dei neri, il cui colore è sufficiente per definire le loro vite come sacrificabili. Dopo le grandi proteste è arrivato il turno degli organizzatori, degli attivisti di comunità, degli eloquenti portavoce e giornalisti.
Nessuna meraviglia, allora, che in questo stesso momento in cui i soldati, la polizia e gli addetti alla sicurezza privata israeliani giustizino palestinesi sospetti agitatori di coltelli senza tentare di prenderli vivi, stiano crescendo legami tra gli attivisti neri statunitensi e gli attivisti palestinesi. I collegamenti sono realizzati da entrambe le parti; parlano del disprezzo di chi governa per il valore delle vite, per le vite stesse, di palestinesi e neri.
La somiglianza, in entrambi i paesi, degli uomini in uniforme cui prude il dito sul grilletto e delle autorità giudiziarie che mostrano comprensione, legittimano ed evitano di infliggere punizioni è la membrana più esterna. Sotto ci sono altri strati di somiglianza.
Non c’è afroamericano il cui stesso paese e i suoi cittadini bianchi non abbiano causato a lui e alla sua famiglia un disastro terribile nel passato recente o più lontano, e per molti altri anche nel presente. Non c’è palestinese cui Israele e i suoi cittadini non abbiano causato un disastro terribile nel passato e nel presente: espulsione dalla patria, uccisione di amici e parenti, rapina della terra, della casa e dei mezzi di sussistenza, lacerazione delle radici e riscrittura della storia, tentativo di cancellarne le identità, divisione delle famiglie.
L’enorme storia di successo che entrambi i paesi si attribuiscono e che vendono è l’altro aspetto della rete di sfruttamento e di disastri che è stata imposta alle due società, gli afroamericani e i palestinesi.
Qui la somiglianza grida vendetta. Gli Stati Uniti sono la terra delle opportunità e delle libertà illimitate: progresso individuale per tutti quelli che vogliono e possono. Soltanto non per le masse dei neri, ai quali il paese deve così tanta della sua accumulazione di capitale e di prosperità. Israele è rinascita e miracolo, democrazia, nuova nazione, miele … per ogni ebreo del mondo e semplicemente non per i palestinesi, il popolo originale di quella terra.
I legami e i collegamenti che stanno costruendo gli afroamericani e i palestinesi dimostrano che a dispetto dei vincitori, anche gli sconfitti scrivono la storia. Scriverla insieme è uno dei modi per cambiarne il percorso.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Haaretz
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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