di Il Simplicissimus
Un pensiero angoscia i capitalisti e i tecnocrati meno inclini a farsi sedurre dalle loro stesse chiacchiere: chi comprerà i prodotti fabbricati in quantità gigantesca dai robot e chi pagherà i servizi resi da software autonomi? Non certo i poveri umani che verranno espulsi a milioni dal lavoro come vittime sacrificali del profitto illimitato e non avranno i mezzi che vadano oltre la mera sopravvivenza. Si certo, è possibile decimare preventivamente i licenziandi attraverso una guerra sanguinosa e ridurre così i pericoli di rivolgimenti sociali insiti in una enorme massa di persone dichiarate inutili, ma questo sistema disgraziatamente comporta un crollo verticale dei consumi e dunque renderebbe in gran parte superflua e anch’essa inutile la robotizzazione.
A nessuno viene in mente che l’automazione intelligente potrebbe essere usata per liberare gli umani dal lavoro faticoso, ripetitivo, alienante e non esclusivamente in funzione dell’aumento dei profitti, cosa questa che trasformerebbe radicalmente le prospettive drammatiche che si annunciano: troppo umano, troppo complicato, troppo lontano dai cattivi istinti predatori così a lungo coltivati e per giunta pericoloso perché rimetterebbe in gioco la politica, gli stati, il senso della comunità, sommergendo il dio privato dei ricchi. Perciò si stanno cercando soluzioni diverse e la Sonofbitch Corporation, all’origine, come sappiamo, di tanta innovazione, ha proposto la realizzazione di un robot consumatore, che sostituisca gli umani in questa delicata funzione. Esso sarebbe programmato per desiderare e acquistare le merci più disparate secondo la caratteristica curva di consumo interpolata fra il creativo metropolitano, lo yuppie, il palestrato, la radical chic, l’obeso, la casalinga disperata, l’hipster, ma anche il poveraccio per non far torto alle imprese di ristorazione di massa o ai prodotti di seconda fascia.
Naturalmente il robot non sa che farsene delle cose che acquista che sia un telefonino o un hamburger, una macchina, un aereo privato o una vacanza alle Maldive: infatti queste vendite saranno per lo più figurative, ma con il vantaggio che l’automa non ha gli stessi limiti umani nel consumo. Può ordinare dieci pasti al ristorante, venti auto, avere cento cellulari, compresi quelli con l’impedibile fascia metallica laterale che se non ce l’hai fai la figura del morto di fame. Non ha importanza che questa merce sia realmente utilizzata o disponibile, basta che al produttore finale giunga il prezzo e dunque il profitto che sarebbe in questo caso stratosferico. Già, ma il robot dove si procura il denaro per pagare? Non c’è problema, anche il denaro è ormai puramente figurativo, non collegato al lavoro, è è dunque solo un trasferimento numerico su memorie di massa del tutto sottratto alle dinamiche economiche che sono peculiari del mondo umano: la banca riassegna al robot, l’esatta cifra che ha speso, non deve fare altro che creare denaro elettronico.
Ci sarà è vero ancora un ambito economico residuale dovuto agli umani rimasti e alle necessità di realizzare i robot consumatori, ma sarà ben poca cosa. Senza dire che gli stati residuali potranno organizzare un welfare robotico per venire in soccorso di automi guasti o mal programmati e magari provvedere alla loro sostituzione. Cosa che naturalmente non potrà essere garantita agli uomini veri che notoriamente sono un costo e scassano i conti. Magari qualcuno pensa che sia fantascienza, ma già oggi, dovendo purtroppo fare solo affidamento agli ominidi del consumo che sono confusi e imprevedibili, si sostituisce la gente con i robot persino in Cina (vedi Foxconn) e a chi rimane senza lavoro o deve lavorare per cifre al limite della sopravvivenza si garantisce la possibilità di fare debiti che non potranno mai ripagare se non con la loro acquiescenza al potere, purché comprino cose inutili, siano assillati dai desideri. Purtroppo la rivoluzione è ancora imperfetta.
Fonte: Il Simplicissimus
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