di Domenico Romano
L’ascesa di Jeremy Corbyn alla guida del Labour Party britannico è stato certamente uno degli eventi più significativi nel variopinto mondo della sinistra europea degli ultimi anni. Deputato di lunghissimo corso, entrato a Westminster nel 1983, esponente della corrente interna del partito più spostata a sinistra (nello slang politico del Labour “i socialisti”), relegato da sempre al ruolo di backbencher, Corbyn ha rappresentato per la sinistra europea un fatto nuovo perché è stato capace di rovesciare una lunga egemonia nel partito che più di ogni altro, nel Vecchio Continente, ha simboleggiato la svolta centrista dei partiti socialisti1. La portata del fenomeno Corbyn giustifica quindi del tutto il lavoro del curatore della pubblicazione, Domenico Cerabona Ferrari. Il libro è uno strumento davvero utile per avvicinarsi al “personaggio Corbyn”: significativo a questo proposito è già il titolo del libro, edito da Castelvecchi: la rivoluzione gentile.
“Rivoluzionario” Corbyn lo è certamente se con il termine si intende una persona ed una linea politica estremamente diversa dal passato prossimo del Labour party (ma forse non solo dal passato prossimo), mentre con il termine gentile si mette giustamente in evidenza un tratto personale del tutto peculiare per il quale sono determinanti l’età del nuovo leader laburista ed un passato coerente e cristallino come pochi altri possono vantare. Il mix tra queste due caratteristiche ha determinato un appeal altissimo ed imprevisto, che si è sostanziato in un ampio numero di nuovi aderenti e una vittoria netta senza discussione. Corbyn vince con percentuali bulgare tra gli iscritti registrati ed i supporter ma raccoglie il 49% dei consensi anche tra gli iscritti storici del partito.
“Rivoluzionario” Corbyn lo è certamente se con il termine si intende una persona ed una linea politica estremamente diversa dal passato prossimo del Labour party (ma forse non solo dal passato prossimo), mentre con il termine gentile si mette giustamente in evidenza un tratto personale del tutto peculiare per il quale sono determinanti l’età del nuovo leader laburista ed un passato coerente e cristallino come pochi altri possono vantare. Il mix tra queste due caratteristiche ha determinato un appeal altissimo ed imprevisto, che si è sostanziato in un ampio numero di nuovi aderenti e una vittoria netta senza discussione. Corbyn vince con percentuali bulgare tra gli iscritti registrati ed i supporter ma raccoglie il 49% dei consensi anche tra gli iscritti storici del partito.
L’opera curata da Cerabona è integrata da un’ampia introduzione dove sono elencate tutte le principali novità portate dalla leadership corbynista, nonché una approfondita analisi dei fattori ambientali e della strategia post elezione del nuovo leader.
Tra le varie questioni cui l’autore richiama l’attenzione c’è la nascita del contenitore del corbynismo, l’associazione Momentum, che rappresenta il reciproco di ciò che Progressha rappresentato e rappresenta per il blairismo. Un segnale, tra gli altri, dell’intenzione della nuova leadership laburista di organizzare un sostegno non solo su una persona ma su una nuova linea, provando ad organizzare le energie espresse durante la campagna per renderle durature. Anche perché i fronti aperti per Corbyn sono tutt’altro che limitati al Partito Conservatore. Il Labour è un partito che ha fortemente introiettato i cambiamenti (anch’essi rivoluzionari all’epoca) della stagione Blair-Brown e che, soprattutto nel potentissimo gruppo parlamentare, è del tutto determinato a far valere le proprie ragioni anche rispetto alla leadership. Insomma quella di Corbyn si preannuncia una battaglia molto lunga, non solo con i Tory2. Ma del resto se un progetto politico ha una sua forza deve anche trovare il modo di realizzare sintesi che, salvaguardando il succo del proprio impianto, consentano alle diverse sensibilità di poter stare dentro.
Dopo l’ottima e stimolante introduzione l’opera propone le traduzioni di diversi interventi del leader laburista. Questa selezione è molto interessante perché coglie bene diversi aspetti centrali nella proposta politica di Corbyn. Dall’intervento al Trade Union Congress (i sindacati sono certamente il più importante sostenitore in fatto di capacità economica ed organizzativa del corbynismo) al primo discorso da leader del Partito alla conferenza annuale di Brighton, dall’intervento nella delicatissima Scozia, una volta roccaforte laburista ed oggi dominata politicamente da un partito regionalista pro-Europa, pro-scissione dal Regno Unito, pro-welfare, la cui leader dichiara di essersi impegnata in politica per fare l’opposto delle misure implementate dalla Thatcher. In tutti questi brani il lettore potrà trovare certamente traccia della rivoluzione corbyniana sia nei concetti (su questo il passaggio di Brighton è piuttosto esemplificativo) sia nel linguaggio. Ad una lettura approfondita degli interventi del nuovo leader laburista appaiono evidenti i due tratti che rappresentano la condizione di maggiore forza e di maggiore debolezza della leadership corbyniana. Sul fronte della forza, Corbyn ha dimostrato di voler poggiare la sua leadership su alcune basi che appaiono solide. Soprattutto nel campo della politica economica il leader laburista ha abbracciato in pieno il nuovo filone di pensiero sul ritorno del ruolo dello Stato attivamente impegnato nell’economia. L’evento centrale che ha dimostrato questa intenzione è stata la nomina dei consiglieri economici del Partito Laburista (evento accaduto a settembre 2015): i primi tre nomi sono quelli di Mariana Mazzucato, la professoressa autrice di una fortunata pubblicazione sul ruolo centrale ed attivo dello Stato nei processi di innovazione, di Thomas Piketty e di Joseph Stiglitz. Questa impostazione corbynista tesa a far riemergere fortemente il tema della diseguaglianze nella società britannica ed la conseguente necessità di un intervento statale, sia pure in forme nuove, è una scelta molto netta, ma che potenzialmente parla ad una bacino di persone non piccolo. Si tratta di una necessità che il Labour non poteva più rimandare, visto il tallonamento da parte dei nazionalisti dell’UKIP in tantissimi collegi a basso reddito e tradizionalmente laburisti. Su questo Corbyn si “avvale” anche della stessa esistenza della crisi come evento che ha dimostrato la necessità di cambiamenti sulle politiche economiche tradizionali.
Il punto debole, invece, lo si trova sul fronte della politica estera. Corbyn è un pacifista, nel senso più pieno del termine: lo è in coerenza con una vita di prese di posizioni di questo tipo. Ma lo è in un partito che al di la del trauma dell’Iraq, mai del tutto superato, non ha affatto una tradizione di quel tipo ed anzi che ha più volte nei decenni dimostrato di possedere una linea di politica estera molto peculiare
In definitiva questo fianco scoperto è il vero punto di debolezza del corbynismo approdato alla guida del Labour. L’intervento parlamentare sulla Siria ha portato allo scoperto tutto ciò, ma se consideriamo che il leader dell’opposizione è un “Primo Ministro in attesa”, certamente questo fronte rischia di essere molto scivoloso per Corbyn, data la storia (e la geografia) della Gran Bretagna.
In ultimo, nella prefazione ci si interroga sulla riproducibilità della coalizione che ha sostenuto Corbyn e sulll’esportabilità del modello corbynista fuori dai confini del Labour. La domanda è del tutto appropriata ma la risposta nient’affatto semplice. Proprio dalla lettura degli interventi di Corbyn si nota quanto di questo suo tratto sia molto legato al contesto specifico del Regno Unito e quindi difficilmente esportabile, a cominciare dalla struttura e dalle regole del Partito Laburista. E’ altresì vero, comunque, che la società britannica non è una società marziana. Le tensioni e le crisi che hanno portato all’emersione del corbynismo sono simili ad altre che attraversano l’Europa almeno nelle radici. La risposta alla domanda del curatore a mio avviso sta proprio nell’evoluzione del corbynismo come “linea”. Oggi questo successo dipende in gran parte dalla personalità e dal fascino di questo personaggio davvero interessante. Se la sua proposta politica riuscirà a strutturarsi anche al di là della sua persona prima di tutto nel Partito Laburista e poi possibilmente anche alla Gran Bretagna allora l’esperimento corbynista, cioè quello di una piattaforma molto più spostata a sinistra come risposta alla crisi sarà anche esportabile. Il problema è come evitare che queste energie oggettivamente sprigionate (basta guardare i dati di iscrizione al Partito) non si perdano oppure vengano paradossalmente risucchiate nella stessa dinamica personalistica che viene rimproverata dal corbynismo ai propri predecessori. Pensiamo soprattutto ai tanti giovani. In questo c’è un altro aspetto che rende questo esperimento piuttosto interessante: Corbyn a differenza di altre esperienze è riuscito a tenere la protesta e la proposta dentro il tradizionale canale politico della sinistra britannica, il Labour Party. Altre esperienze sono nate sulla morte o contro i soggettivi politici tradizionali (si pensi a Grecia e Spagna per esempio). L’evoluzione della linea Corbyn in qualcosa di solido (prima ancora che di vincente) è il presupposto per qualsiasi possibilità di ripetizione anche oltre il Labour. Qualora la questione rimanesse legata all’apparizione di una personalità più o meno unica questo fenomeno rimarrebbe legato ad una dimensione più propriamente nazionale e laburista.
1 E’ bene sottolineare in via preliminare che sia Gordon Brown che Ed Miliband, i due leader che hanno esercitato il ruolo dopo la lunga stagione blairiana, sono nati e cresciuti dentro l’impianto newlaburista (e non a caso Brown – dirigente che gode di un credito interno al partito molto alto – è stato autore di uno dei più vigori discorsi pubblici contro Corbyn in fase congressuale).
2 Per una recentissima versione anche della polemica interna basti vedere l’intervento contro Corbyn sia pure senza nominarlo del neo eletto sindaco di Londra Sadiq Khan – certamente non un blairiano – http://labourlist.org/2016/05/sadiq-khan-says-labour-is-doomed-to-fail-unless-it-reaches-out/; mentre sul fronte opposto si riporta la notizia della preparazione di una vera e propria lista dei parlamentari in ordine di ostilità verso Corbyn http://www.theguardian.com/politics/2016/mar/23/labour-mps-hostile-corbyn-leaked-party-document
Fonte: Pandora Rivista di Teoria e politica
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.