di Marco Travaglio
Ingelositi dalla presenza di quasi tutti i costituzionalisti nel fronte del No, il governo è lieto di annunciare il salto sul carro del Sì di ben 250 professori. Non importa cosa sappiano della “riforma” costituzionale (pochino, a giudicare da quel che scrivono). L’importante è che abbiano una cattedra purchessia, foss’anche di applicazioni tecniche o di educazione fisica. Vivamente sconsigliate quelle di Diritto costituzionale, riservate – com’è noto – a “gufi”, “soloni”, “professoroni”, “rosiconi” e “archeologi travestiti da costituzionalisti”. La lista, pubblicata ieri dal sito dell’organo ufficiale, cioè Repubblica, è davvero avvincente e manca purtroppo lo spazio per celebrarla come meriterebbe.
Ma cogliamo fior da fiore. Intanto è bene sapere che quello dei 250 sarà “un Sì pacato”: potevano votare con i mitra spianati, col manganello in pugno, con la scimitarra a tracolla, e invece no: bontà loro, lo faranno pacatamente. Lo psicanalista Massimo Ammaniti crede che “in questa riforma ci siano dei passi avanti, anche se alcuni poco condivisibili come gli interventi sul Senato”: non male, per una riforma che riguarda al 70-80% il Senato, al 20 il Titolo V sulle Regioni e all’1 il Cnel. Ma lui è convinto che “dopo il ’46 ogni progetto di legge andava un po’ di qua e un po’ di là, rallentando tutto”. Pensate: la Costituzione faceva danni già nel ’46, due anni prima di entrare in vigore. Ma ora basta. Anzi “Basta un Sì” e oplà, avremo addirittura “una rappresentanza più effettiva alle autonomie locali”. Chissà che riforma han letto, i poveretti: se avessero dato un ’occhiata al ddl Boschi, saprebbero che le autonomie locali scompaiono, rase al suolo dallo Stato centrale. Ma può anche darsi che l’abbiano letto e non l’abbiano capito. E poi, essendo professori, anzi “scienziati” come li definisce il reclutatore Renzi, non sono mica tenuti a sapere queste cose. Del resto, non ce n’è uno che insegni la Costituzione.
L’elenco degli arruolati comprende però insigni docenti di psicopatologia, marketing, fisica medica, datazione e diagnostica, giudaistica, anatomia umana e disabilità, sistemi radiomobili, neurologia, chimica analitica, comunicazioni elettriche, petrologia e petrografia, elettrotecnica, ingegneria dei sistemi di trasporto (maggioritaria, con ben tre cattedratici, a pari merito con la chirurgia generale), algoritmi, psicotecnologie, filologia slava, geometria, endocrinologia, produzione edilizia, storia medievale, fisica nucleare e subnucleare, reumatologia e così via. (…)
(…) Particolarmente utili si riveleranno, nel Comitato del Sì, i professori di psicopatologia (per studiare le pulsioni ducesche del premier), fisica delle particelle elementari (per una ricerca approfondita del cervello della Boschi), storia dei Paesi arabi (per apprezzare il livello di democraticità del futuro premierato assoluto), oftalmologia (per riuscire a scovare qualcosa di buono nel ddl Boschi), gastroenterologia e chirurgia digestiva (per riuscire a deglutire gli articoli di mille parole nella nuova Costituzione, al posto di quelli di sei o sette nel l’attuale, un esperto di stomaco fa sempre comodo). Sfugge invece ai più l’apporto del presidente della “Fondazione Italiana per il Ceto Medio”. Più comprensibile invece la firma di Enzo Scotti detto Tarzan, vecchio ministro Dc della Prima Repubblica, nella sua ultima reincarnazione di presidente della fantomatica “Link Campus University”. O di Vincenzo Carbone, il magistrato preferito dalla banda P3. O di Guido Fabiani, cognato di Napolitano e dunque ex eterno rettore di Roma Tre. Così come la corsa all’arruolamento di alti dirigenti del Cnr e del Cern, organismi governativi, nonché di uno stuolo di collezionisti di incarichi statali e parastatali, di consulenti del governo (c’è mezzo ministero dei Beni culturali) e degli enti locali. Tipo Massimo Toschi, “consigliere per la cooperazione della Regione Toscana”; Carlo Fontana, presidente dell’Agis; Mario Calderini, ex presidente Finpiemonte nominato dalla precedente giunta regionale di centrosinistra; Gianpiero Gamaleri, già consigliere Rai; Luigi Berlinguer, indimenticato ex ministro della Pubblica Distruzione; e Lorenzo Ornaghi, miracolato da Monti come ministro-fantasma della Cultura; Ernesto Auci, già capufficio stampa Fiat e Confindustria, già fervente montiano, dunque editorialista della fu Unità; e Salvatore Veca, filosofo prestato ai fasti di Expo Milano2015 e mai più restituito. A proposito di cultura, non poteva mancare Paolo Crepet, direttamente dai plastici di Porta a Porta. Ma neppure Susanna Tamaro, pronta per il nuovo best-seller “Va’ dove ti porta il Sì”. Ma il pezzo da novanta è “Federico Moccia, scrittore ”, nonché libero docente di Lucchettologia alla Sapienza e neofondatore del Circolo “Ponte Milvio per il Sì”. Altro che Zagrebelsky, Rodotà, Pace, Carlassare & C.; altro che i 56 costituzionalisti, compresi 11 presidenti emeriti e 5 vicepresidenti emeriti della Corte costituzionale, pacatamente schierati con il No. I veri professori, anzi scienziati, sono ben altri. Manca purtroppo all’appello Gigi Buffon, portiere e capitano della Nazionale azzurra, che ai tempi di Berlusconi, a scanso d’equivoci, indossava magliette con “Boia chi molla” e la croce celtica, poi annunciò il suo voto per Monti e ora, intervistato da Chicco Testa sull’Unità (e sul Tg1), è molto appassionato per Renzi, per l’Italicum e per la Riforma Boschi. Un’assenza, la sua, che può spiegarsi in un solo modo: Buffon è ancora privo di cattedra. Ma si provvederà al più presto a colmare la lacuna: c’è un posto libero al dipartimento Voltagabbanologia.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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