di Franco Bordo
Usare le privatizzazioni per fare cassa è una scelta miope che non porta nessun valore aggiunto al Paese. La decisione presa dal Consiglio dei Ministri di cedere una ulteriore quota di Poste Italiane, pari al 29,7 per cento del capitale in mano al Tesoro, è inaccettabile e presenta pesanti criticità. Il Dpcm di privatizzazione avviene a soli pochi giorni dal passaggio del 35 per cento di Poste dal Ministero dell’Economia alla Cassa Depositi e Prestiti. Passaggio che serve a finanziare un aumento di capitale della stessa Cdp pari a 2,9 miliardi. Insomma una privatizzazione che conviene più al governo che all’utenza. Queste due operazioni segnalano un definitivo sganciamento del Tesoro, e quindi del controllo pubblico, da una delle più grandi aziende pubbliche italiane e apre una fase di incertezza sul futuro dei servizi erogati ai cittadini, a partire dal servizio universale. Con il definitivo passaggio in mani privati si rischia poi di mettere a repentaglio i profili occupazionali dell’azienda.
Il rischio concreto è la penalizzazione dell’utenza: meno sportelli, più finanziarizzazione delle attività, minore attenzione alle piccole realtà e ai piccoli comuni. Poste garantirà ancora il servizio universale oppure gli italiani dovranno pagare per avere una lettera a casa, magari in un piccolo centro montano? Il Governo sospenda qualsiasi atto finalizzato al lancio di un’offerta pubblica di vendita al mercato di ulteriori quote di Poste Italiane e venga con urgenza a riferire in Parlamento.
Fonte: sinistraecologialiberta.it
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