di Sebastiano Canetta
Una risoluzione del Bundestag scompagina le relazioni con la Turchia e riapre i giochi di strategia dell’Ue sul fronte dei migranti. Ieri quasi all’unanimità il parlamento tedesco ha approvato il testo sul genocidio armeno predisposto da Cdu, Spd e Verdi. Ci è voluto un anno prima di mettere nero su bianco ciò che affermava il presidente della Repubblica Joachim Gauck «Il destino degli armeni esemplifica la storia dello sterminio di massa, la pulizia etnica le espulsioni e persino i genocidi di cui il Ventesimo secolo è segnato in modo così terribile». Immediata la «rappresaglia» turca: il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu ha richiamato ad Ankara l’ambasciatore Husein Avni Karslioglu. E dal Kenya il presidente Recep Tayyip Erdogan ha subito minacciato: «Questo voto avrà un impatto molto serio sulle relazioni tra Turchia e Germania», e non solo perché la «guerra sulla Storia» con Berlino rischia di far saltare l’intesa sull’abolizione del visto per i turchi nell’Ue in cambio degli hotspot nell’Odissea dei migranti.
Il testo della risoluzione è poco più che simbolico, tuttavia in aula c’erano religiosi e esponenti della comunità armena che hanno alzato un esplicito cartello: «Grazie». Così, per la prima volta, la Bundesrepublik si allinea ufficialmente agli altri 20 Paesi che stigmatizzano il genocidio armeno come sancito fin dal 1985 dalla Commissione diritti umani dell’Onu e ratificato due anni dopo dall’Europarlamento.
Il documento approvato ieri utilizza esplicitamente il termine tabù in Turchia per il massacro di oltre un milione di cristiani armeni nel 1915 da parte dell’impero ottomano, all’epoca alleato dei tedeschi. Pulizia etnica a cavallo del Caucaso, stragi senza pietà, deportazione dei pochi superstiti. Ciò che restava dell’Armenia venne inglobato nell’Urss alla fine della prima guerra mondiale.
E tutt’oggi la Turchia ammette solo gli «eccessi di patriottismo» ma non transige sulla responsabilità del primo genocidio dell’età contemporanea.
Tant’è che alla vigilia del voto a Berlino centinaia di turchi hanno manifestato con tanto di bandiere nazionali di fronte alla Porta di Brandeburgo, a due passi da parlamento e cancelleria. Fino all’ultimo momento utile il premier Binali Yildirim ha messo in guardia i deputati tedeschi, chiamati nominalmente ad alzare la mano: «Sarà, a tutti gli effetti, un vero e proprio test sull’amicizia dei nostri Paesi».
Ma alla fine si sono fatti convincere solo in due: un contrario e un astenuto. Ed è scattata la «ritorsione»: il vice premier Numan Kurtulmus non ha digerito «un errore storico» mentre Yasin Aktay, influente portavoce dell’Akp, minaccia perfino un contro-voto al Parlamento turco.
Merkel (che a fine aprile era in visita ufficiale nel campo profughi di Gaziantep) non si scompone, come sempre: «C’è molto che lega la Germania alla Turchia e anche se abbiamo una differenza di opinione su una singola questione la solidità della nostra amicizia e dei nostri legami strategici è troppo importante».
Così nella conferenza stampa congiunta con Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, di cui Ankara fa parte. La vera partita però si gioca a Bruxelles. Martin Schulz, presidente del parlamento europeo, gela senza tanti complimenti le speranze del primo passo della Turchia nell’Ue: «La proposta della Commissione Junker per liberalizzare i visti dei turchi è ferma sulla mia scrivania.
Il Parlamento non ne discuterà finché tutte le 72 condizioni richieste non saranno soddisfatte dal governo di Ankara. Sono loro che rischiano di far saltare il patto». Si tratta dello scambio deciso a marzo: finanziamenti dell’Europa per disinnescare l’emergenza migranti con l’offerta di libera circolazione dei cittadini turchi. Come ribadito dal ministro turco per gli affari europei Omer Celik «si tratta di un unico pacchetto: non abbiamo alcuna intenzione di modificare la nostra legislazione anti-terrorismo».
Ma a Bruxelles è decisivo risolvere il problema della rotta balcanica: di qui l’intesa con la Turchia (che sarebbe un «paese sicuro» anche se persegue i curdi, i giornalisti non allineati e i non islamisti) impegnata a riprendere i migranti irregolari in cambio dei profughi siriani in Europa.
Così la risoluzione sul genocidio armeno riaccende la crisi politica. Sul punto, tuttavia, la coalizione tedesca è però perfino più larga, mentre il capogruppo Cdu Volker Kauder fa quadrato intorno alla cancelliera: «Il nostro obiettivo non è mettere sotto accusa la Turchia, ma riconoscere che la riconciliazione è possibile solamente se i fatti vengono messi sul tavolo. E il fatto che la Turchia stia facendo notevoli sforzi per aiutare l’Ue a gestire la crisi dei migranti non cambia il fatto che agli armeni furono imposte sofferenze indicibili».
Fonte: il manifesto
Originale: http://ilmanifesto.info/armeni-fu-genocidio/
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