La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 21 giugno 2016

Etnicità: infuocata, impermanente, importante

di Immanuel Wallerstein 
L’etnicità si riferisce a una delle realtà fondamentali del moderno sistema mondiale. Siamo tutti inseriti in uno o più gruppi che hanno un presunto (anche se remoto) grado di parentela. Di questi tempi tendiamo a riferirci a tali gruppi come a “identità”. Molto spesso i nostri sentimenti di lealtà nei confronti di tali gruppi divengono molto appassionati. Raramente riconosciamo quanto impermanenti siano i nomi e i confini di tali gruppi. Quel che è certo e che i nostri sentimenti riguardo alle nostre identità, che variano d’intensità, sono sempre una parte molto importante delle nostre realtà politiche attuali.
Partiamo dall’impermanenza dei raggruppamenti. I nomi dei gruppi sono in costante cambiamento. I nomi che assegniamo a gruppi dei quali affermiamo di far parte spesso differiscono dai nomi che i non membri assegnano a tali gruppi. Cosa più importante, i nomi scompaiono con il fondersi dei gruppi e il loro assumere l’identità di altri gruppi, spesso più potenti. Questa è a volte chiamata “assimilazione”. Ma al tempo stesso sono creati costantemente nomi nuovi, in parte per la secessione di membri di un dato gruppo o in seguito alla loro espulsione dal gruppo. Questo può essere dovuto a interessi di classe diversi di membri del gruppo.
L’esistenza stessa di un gruppo può essere materia di un grande (e infuocato) dibattito. I tatari di Crimea sono ucraini o cittadini russi? I capi politici in Myanmar insistono che non ci sono Rohingya nel paese largamente buddista. Affermano che i mussulmani Rohingya sono in realtà bengalesi che perciò non sono indigeni di Myanmar/Birmania. Golda Meir, l’allora primo ministro di Israele, negò notoriamente negli anni ’70 che esistesse un gruppo quale i palestinesi. I nazionalisti giapponesi si oppongono al riconoscimento dei diritti delle persone di etnia coreana i cui antenati arrivarono o furono portati in Giappone quattro generazioni addietro.
E negli Stati Uniti stiamo attualmente discutendo di chi sia uno statunitense. Solo un WASP (bianco anglosassone protestante) è un vero statunitense? Un mussulmano nato negli Stati Uniti da immigrati legali afgani è un vero statunitense? I nativi americani sono veri statunitensi le cui rivendicazioni di proprietà loro confiscate secoli fa hanno prelazione sui diritti dei proprietari attualmente riconosciuti legalmente?
Il motivo per cui tali controversie sui nomi sono importanti è che portano con sé conseguenze politiche immediate. La fondamentale realtà del mondo è che nessun gruppo in nessun luogo è rimasto per sempre nella stessa località. Tutti sono migrati da qualche altro posto a un certo punto. In questo senso non ci sono gruppi con pretese incontestabili di diritti. Tali pretese sono tutte basate sulle versioni attuali della storia del passato. Inoltre i confini di ogni particolare gruppo in discussione sono quasi certamente cambiati nel tempo.
Dunque su quali basi si può giudicare la ragionevolezza delle rivendicazioni di etnicità? Un modo per farlo consiste nel favorire le richieste dei gruppi meno favoriti, i gruppi che attualmente sono più oppressi. Ma questo, ovviamente, è difficile da fare. Gli accusati di essere oppressori lo negano vigorosamente in conformità a versioni storiche molto diverse.
E’ qui che nel quadro entrano le passioni. La passione non è una costante. Gruppi che sono coesistiti pacificamente e hanno avuto matrimoni misti per lungo tempo possono improvvisamente accendersi al punto di massacrarsi a vicenda, e in particolare la progenie di matrimoni etnicamente misti. La cosiddetta purezza della genealogia individuale diviene la principale considerazione politica. Passione genera passione su entrambi gli schieramenti e abbiamo quelli che chiamiamo genocidi. E la memoria di tali genocidi diviene essa stessa oggetto di un dibattito appassionato e giustificazione di ulteriori violenze.
L’intero campo delle identità e dei diritti è parecchio insidioso da navigare. Non si può e non si dovrebbe ignorarlo. Ma si devono analizzare le realtà sobriamente, al netto delle favole che si intrufolano nelle narrazioni e sempre cercando di appoggiare i meno forti, i più immediatamente oppressi.
Le passioni etniche hanno pervaso il sistema mondiale odierno sin dall’inizio. Sembrano tuttavia essere divenute più feroci e aver consumato una maggior quantità delle nostre energie politiche negli ulti trent’anni o giù di lì. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che siamo entrati in un periodo di grande incertezza, quello della crisi strutturale del nostro sistema capitalista e perciò il periodo della lotta politica riguardo al sistema successivo. Incertezze e imprevedibilità sembrano spingere molti a cercare di rafforzare la propria dedizione alle proprie identità come modo per far fronte alle incertezze. Ma questo ci svia anche dal capire quali sono le decisioni politiche fondamentali che abbiamo di fronte e quali scelte morali esse implicano. Ergo, io dico, etnicità: caveat emptor! 

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: iwasllerstein.com
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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