di Geraldina Colotti
Fame, saccheggi, rivolte, scontri con la polizia. Addirittura un allarme di religiosi dominicani che sembrava provenire da uno dei punti più caldi di qualche regione africana. Le notizie sul Venezuela si battono da un solo lato della tastiera per indurre alla seguente conclusione: il paese è in preda a una crisi umanitaria, esiste “rottura dell’ordine democratico” ergo occorre un intervento esterno, preceduto dall’”aiuto umanitario della comunità internazionale”. Sullo sfondo, le prossime elezioni spagnole e – naturalmente – quelle di novembre negli Stati uniti. Dietro i fatti di cronaca, uno scontro di poteri e di interessi per due diversi progetti di paese. Di partenza, un elemento logico: perché un governo che si richiama al socialismo e che ricava il consenso dalla riuscita dei piani sociali di sviluppo dei settori popolari dovrebbe essere così folle da tagliarsi l’erba sotto i piedi affamando e esasperando il proprio elettorato?
Maduro non ha gli stessi “obblighi” di Tsipras perché il Venezuela ha scelto di svincolarsi dal cappio del Fondo monetario internazionale.
Maduro non ha gli stessi “obblighi” di Tsipras perché il Venezuela ha scelto di svincolarsi dal cappio del Fondo monetario internazionale.
E infatti, nonostante la caduta del prezzo del barile che ha drasticamente ridotto le entrate del paese petrolifero, il chavismo ha aumentato ancora salari e pensioni e mantenuto intatte le straordinarie coperture sociali che rendono gratuiti i servizi: a partire da quelli all’educazione universitaria, in completa controtendenza con quanto accade agli studenti d’Europa e non solo. In questi giorni, abbiamo assistito alla consueta distribuzione di portatili e di ipad gratuiti per alunni e studenti delle scuole superiori, che non devono pagare né l’iscrizione, né i libri.
L’altro campo – quello della coalizione Mud, risultata maggioritaria alle ultime parlamentari del 6 dicembre – raccoglie le indicazioni neoliberiste di stampo europeo e Usa: quelle che hanno devastato il continente nella “decade dannata”, sconfitta dal ciclo dei governi progressisti in America latina. La Mud ritiene che i sussidi siano sprechi, e che i rapporti solidali sud-sud siano politiche sconsiderate, e preme per applicare al Venezuela le ricette del Fondo monetario internazionale.
Tutte le leggi approvate dal Parlamento (e bocciate dal Tribunal Supremo de Justicia – Tsj -) vanno in quella direzione. Il messaggio che emana dai cantori della “fine del ciclo progressista” è chiaro: l’esperimento “bolivariano” è fallito, ha portato fame e violenza anziché benessere e pace, tant’è che persino Cuba sta abbracciando il capitalismo e il “ritorno al privato”. Ergo: lasciate manovrare i manovratori di sempre e seppellite una volta per tutte le odiose bandiere che qualcuno, anche nel nord (e persino in quel di Napoli), è di nuovo tentato di sventolare.
Non per niente, il Venezuela è al centro della campagna elettorale in Spagna. Nonostante i tribunali spagnoli abbiano archiviato la faccenda, le destre insistono sul finanziamento “illecito” erogato dal chavismo a Podemos. L’opposizione venezuelana ha aperto un’indagine parlamentare. Il chavismo ha annunciato a sua volta l’apertura di un’inchiesta sui finanziamenti delle destre spagnole all’opposizione venezuelana, i cui leader spendono e spandono nei loro giri internazionali per dire che il Venezuela è alla fame.
I grandi media internazionali spingono il referendum revocatorio contro Maduro, previsto dalla Costituzione a metà mandato, e avviato dall’opposizione. Non parlano, però, di quel che è emerso dalla verifica dell’1% di firme necessario per sollecitare l’avvio della procedura (che ora dovrebbe portare alla raccolta di firme vera e propria per cui occorre il 20% degli aventi diritto).
Lo spoglio delle schede, supervisionato dai comitati promotori e dal chavismo, ha evidenziato una gigantesca frode: non solo hanno firmato persone di 150 anni e passa, bambini o mafiosi condannati in modo definitivo. Risulta che molte persone abbiano “firmato” senza saperlo e ora si moltiplicano le denunce di cittadini imbufaliti.
Un sito delle autorità elettorali consente infatti a chiunque di verificare la presenza del proprio nome nelle liste e anche di ritirare la firma per chi ritenga di essere stato obbligato o truffato. Per esempio, gruppi di operai delle imprese private hanno denunciato che il pullman aziendale che avrebbe dovuto portarli in officina è stato deviato verso i punti di raccolta dell’opposizione e i lavoratori “invitati” a firmare.
Lo scontro di poteri è prima di tutto economico (con il settore privato, la grande distribuzione e i commercianti), ma anche politico e si inquadra a livello internazionale. La Costituzione bolivariana prevede l’equilibrio di cinque poteri, governato dall’autorità presidenziale, ed è basata sulla “democrazia partecipativa e protagonista”, che prevede la consultazione e la presenza costante del “potere popolare”.
Il presidente del Parlamento, Henry Ramos Allup (che è anche vicepresidente dell’Internazionale socialista) si esprime come fosse un capo di Stato, e per questo cerca di imporsi anche sulla sua litigiosa coalizione attraverso l’appoggio internazionale. In questo modo, però, rischia di incorrere in sanzioni legali e le denunce sono già partite. L’opposizione sta cercando di occupare spazio anche a livello popolare, ma le piazze sono in maggioranza chaviste. Ogni giorno sfilano tutti i settori popolari.
In compenso, gruppi paramilitari cercano di provocare rivolte e saccheggi nelle code per l’acquisto di prodotti regolati. Nessuno va all’assalto delle grandi catene, piene di ogni genere di prodotti venduti a prezzi stellari. A Cumana sono invece stati devastati i piccoli esercizi, prevalentemente gestiti da cinesi. I cittadini sono stati rapinati e minacciati. Ci sono stati due morti. I media comunitari hanno filmato e svelato la dinamica dell’accaduto e l’implicazione dei partiti Voluntad Popular e Primero Justicia. Un pericoloso capobanda è stato arrestato.
Il viceministro Aristobulo Isturiz si è subito recato sul posto, ha annunciato che il governo risarcirà i piccoli commercianti. Nei luoghi della devastazione si è svolto un grande presidio “per la pace”. Mentre nei porti stanno arrivando tonnellate di prodotti alimentari e di prima necessità, si mobilitano i comitati popolari di controllo: prima di tutto i Clap, che procedono alla distribuzione di alimenti casa per casa.
Oggi, nel Teatro Nacional, con un atto solenne, la Fiscal General Luisa Ortega Diaz e il Defensor del Pueblo Tarek Saab consegneranno idealmente alle famiglie i resti di quattro militanti di sinistra, torturati e uccisi durante le democrazie della IV Repubblica, nate dal Patto di Puntofijo. Dal 2013 a oggi, un’apposita commissione per la ricerca degli scomparsi (creata nel 2011), ha ritrovato i resti di 10 oppositori politici, gettati dagli aerei o uccisi nei commissariati. Alcune figure dell’opposizione, come l’ex sindaco della gran Caracas Antonio Ledezma – recentemente premiato a Ginevra come campione dei diritti umani e attualmente agli arresti domiciliari per tentativo di golpe – negli anni ’80 sono stati protagonisti di feroci repressioni a studenti e lavoratori.
Intanto, il chavismo discute i termini della “nuova rivoluzione produttiva” che alcuni – come l’ex presidente tupamaro, l’uruguayano Pepe Mujica – riportano alla Nep di leninista memoria. Per spiegare perché occorra appoggiare gli sforzi del governo Maduro e la mediazione con l’opposizione – diretta dalla Unasur e condotta da alcuni ex presidenti come José Zapatero – Mujica ha indirizzato una lettera “di addio” al Segretario generale dell’Osa Luis Almagro.
Quest’ultimo, pur membro del Frente Amplio come Mujica, ha assunto una posizione interventista contro il Venezuela e insiste nel voler applicare sanzioni mediante la Carta democratica interamericana. Il 23 ci sarà all’Osa una nuova discussione e 23 ex presidenti stanno appoggiando Almagro, nonostante il foto di sfiducia pronunciato nei suoi confronti dalla maggioranza dei paesi membri.
E la combattiva ministra degli Esteri Delcy Rodriguez, che ha sostenuto un colloquio di “apertura” con il Segretario di Stato Usa John Kerry, ha ricevuto anche l’appoggio al dialogo di Federica Mogherini, Alta rappresentante della Ue. Nel Parlamento europeo, il vicepresidente Antonio Tajani sta invece conducendo una sua crociata contro il dialogo e in appoggio all’opposizione venezuelana.
Oggi, nel Teatro Nacional, con un atto solenne, la Fiscal General Luisa Ortega Diaz e il Defensor del Pueblo Tarek Saab consegneranno idealmente alle famiglie i resti di quattro militanti di sinistra, torturati e uccisi durante le democrazie della IV Repubblica, nate dal Patto di Puntofijo. Dal 2013 a oggi, un’apposita commissione per la ricerca degli scomparsi (creata nel 2011), ha ritrovato i resti di 10 oppositori politici, gettati dagli aerei o uccisi nei commissariati. Alcune figure dell’opposizione, come l’ex sindaco della gran Caracas Antonio Ledezma – recentemente premiato a Ginevra come campione dei diritti umani – negli anni ’80 sono stati protagonisti di feroci repressioni a studenti e lavoratori.
Intanto, nel “proceso bolivariano” c’è chi tira la barca e chi annaspa, chi cerca la rotta e chi rema contro, chi sale sull’albero maestro e scruta senza strumenti l’orizzonte, chi organizza la ciurma e tappa la falla. Ma alla fine, come un canto potente di schiavi in rivolta, la barca trova l’onda e la cavalca. Riprende il largo, e continua ad avanzare in mare aperto. Contro venti e maree.
Fonte: il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.