di Adriano Paolella
La plastica svolge un ruolo fondamentale nell'attuale modello di sviluppo. Incrementa la cultura dello spreco e del consumo frenetico. La plastica è un materiale economico e duttile, risponde ai requisiti di resistenza, igiene, leggerezza, economicità richiesti da tutti i settori produttivi, può essere quasi tutto, assumere qualunque forma e caratteristica (trasparente e opaca, elastica e anelastica, dura e morbida) ha processi produttivi industrializzati, economici, rapidi e quantitativamente illimitati. Senza di essa molti oggetti e funzioni oggi indispensabili non sarebbero realizzabili e attuabili, molte attività risulterebbero più faticose e complesse. La plastica sembrerebbe un materiale meraviglioso, e in parte lo è, disposta a fare di tutto per piacerci, ma sotto la sua affascinante immagine si celano aspetti che meriterebbero una maggiore attenzione.
Il problema non è nella sua natura (un materiale di sintesi che si degrada con tempi lunghi lasciando indelebili tracce della sua presenza), né nelle negatività ambientali generate dai processi produttivi e di recupero, riciclo, smaltimento, non nell'essere derivata dal petrolio (per il controllo del quale non poche guerre si stanno combattendo) e nemmeno nei possibili effetti sulla salute degli organismi viventi. Tutti impatti, i menzionati, che con una attenta gestione della risorsa potrebbero essere evitati o comunque fortemente ridotti.
Enormi quantità
Il problema è che la plastica svolge un ruolo fondamentale nel contemporaneo modello di sviluppo proprio supportando quegli sprechi di energia e di risorse non sostenibili né ecologicamente né, tantomeno, eticamente ma che sono propri della società dei consumi.
Essa è prodotta e consumata in enormi quantità perché agevola i consumi inopinati divenendo il principale strumento per l'uso temporaneo, per la frenetica mobilità e la non completa utilizzazione delle merci. I prodotti in plastica appaiono meno impegnativi di altri, più accessibili, economici e quindi più facilmente dismettibili.
In sintesi la plastica sostiene e concretizza lo spreco.
I caratteri della plastica rendono possibile una produzione quantitativamente elevata con costi fortemente limitati, aumentando così la redditività del prodotto, e permettendo una penetrazione capillare negli ambiti propri di altri materiali, sostituendoli e sostanziando una simbiosi tra funzione, forma e uso, tra contenuto e contenitore. Se le bottiglie di acqua minerale fossero di vetro, forse, non ve ne sarebbe un così elevato ed evitabile consumo; le bottiglie di vetro, più pesanti, renderebbero meno conveniente il trasporto dell'acqua e si ridurrebbero le distanze tra sorgenti e consumatori o, come è avvenuto per decenni, le modalità di consumo sarebbero diverse: le bottiglie sarebbero usate più volte, lavate e riutilizzate, l'attenzione al contenitore sarebbe maggiore e tutto ciò renderebbe più complesso l'abbandono delle stesse. Se non ci fosse la plastica, forse, non ci sarebbe l'enorme e sconsiderato uso di acqua minerale. Se non ci fosse la plastica, forse, non ci sarebbe una disciplina comunitaria così pedissequa e poco lungimirante sulla gestione delle confezioni alimentari che, utilizzando strumentalmente le motivazioni igieniche e la garanzia di immutabilità del prodotto, ha fatto impennare il consumo del packaging, riempendo al contempo i paesi comunitari di rifiuti. Se non ci fosse la plastica, forse, avremmo anche un altro tipo di alimentazione non sorretta da produzioni energeticamente voraci e qualitativamente discutibili rese possibili dalle serre.
Ma dove la plastica ha fatto la differenza è nei prodotti monouso. Essa è l'unico materiale che avrebbe potuto permettere l'esponenziale incremento di ogni tipo di oggetti, dalle stoviglie ai rasoi, con un ciclo di uso che può essere anche solo di pochi minuti, consentendo così che divenissero rifiuti dei prodotti che per gran parte conservano dopo l'uso le medesime caratteristiche possedute prima.
Il valore del materiale
Così la plastica è una parte significativa di quella enorme quantità di materiali debolmente utilizzata la cui permanenza dopo l'uso è significativamente superiore al tempo di utilizzazione ed è il materiale più presente tra i rifiuti e il rifiuto abbandonato più visibile nel mare, sulle spiagge, lungo gli argini di fiumi, nei terreni agricoli e nelle aree urbane.
Certo la responsabilità di tale situazione non è addebitabile al materiale ma ai comportamenti; ma se questi sono determinati dal modello di uso così strettamente connesso al materiale stesso (monouso), si può ipotizzare che limitando l'uso della plastica a casi specifici di dimostrata insostituibilità si ridurrebbero gli inquinamenti, si limiterebbero i rifiuti, si stimolerebbe una attenzione verso un corretto consumo delle merci e un ripensamento del modello di produzione e della mobilità delle merci.
Per usare correttamente la plastica si deve partire dalla considerazione del valore del materiale, di quanto sia importante non sprecarlo, di quanto abbia una specifica identità che lo rende utile per la risoluzione di problemi particolari, di quanto non debba essere lo strumento per incrementare la quantità di merci ma possa contribuire, quando utilizzato nelle maniere e nelle quantità ambientalmente e socialmente motivate, a rispondere a effettive esigenze.
Per fare questo è necessario attivare una profonda riflessione e spezzare la sudditanza nei confronti di un materiale che penetrando tutti i settori produttivi e tutti gli aspetti della quotidianità, sta configurando unasocietà monomateriale con tutti i rischi connessi all'impoverimento tecnico e culturale della stessa.
Fonte: A Rivista
Originale: http://www.arivista.org/?nr=408&pag=55.htm
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