Intervista a Paolo Berdini di Paolo Boccacci
Sarà proprio lui, Paolo Berdini, il nemico giurato del nuovo piano regolatore di Roma e della città disegnata dai sindaci Rutelli e Veltroni, il nuovo assessore all'Urbanistica nella futura giunta di Virginia Raggi. Magro, un paio di baffi sottili, classe 1948, docente, saggista (La città in vendita è un suo saggio uscito per Donzelli), da sempre un "uomo contro", ha collaborato con Italo Insolera all'ultima edizione di un testo storico come Roma Moderna, una bibbia dell'urbanistica.
Per cominciare, la domanda che si fanno tutti: ma Berdini, da sempre vicino alla sinistra radicale e fautore di un'urbanistica altrettanto radicale, che ci fa a braccetto con i 5 Stelle?
"Macché, sono culturalmente una persona moderata. Sono però convinto, anche grazie all'insegnamento di studiosi come Insolera, che l'urbanistica sia una materia pubblica. E che quindi l'amministrazione comunale debba delineare il futuro della città. Questa convinzione c'è nel programma della Raggi e quindi la convergenza è sui fatti reali".
Mettiamo subito le mani nel piatto: le Olimpiadi del 2024. La nuova sindaca ha votato "no" in Consiglio, lei è contro il Villaggio di Tor Vergata. Il presidente del Coni Malagò è sicuro che un referendum a pochi mesi dalla decisione sulla candidatura dei Giochi equivarrebbe al ritiro. Che farete?
"Intanto bisogna capire se davvero questi Giochi rappresentino un futuro per Roma. La nostra è una città notoriamente in grave sofferenza economica e sociale. Sembra dunque giusto che ci sia da parte del nuovo sindaco una riflessione per comprendere se davvero non ci siano altre priorità".
Altro caso, lo stadio della Roma. Raggi &Co. hanno votato contro, il dg della squadra Baldissoni minaccia di chiedere risarcimenti milionari in caso si torni indietro. Ingoierete il rospo come il sindaco di Parma Pizzarotti ha fatto con l'inceneritore?
"Se dobbiamo costruire lo stadio della Roma ho sempre detto che vanno rispettate le leggi dello Stato, che permettono alle società di calcio, come ha fatto la Juventus a Torino, di avere stadi di proprietà. Il problema di Tor di Valle è molto differente, perché lì per tenere in equilibrio la bilancia economica sono stati concessi un milione di metri cubi di uffici. Mi chiedo se questa non sia un'alterazione del mercato immobiliare in una città che vive un grave malessere dell'edilizia".
Che cosa non va nel nuovo piano regolatore?
"Ha visto la luce nel 2008, l'anno della più grave crisi economica e finanziaria che sta vivendo l'Occidente. Prima di quella data era sembrato che con il comparto immobiliare si potesse rimettere in moto tutta l'economia di una città. Gli esempi straordinari che esistono in Europa ci hanno dimostrato che le città che hanno saputo guardare a un'articolazione dei segmenti produttivi, privilegiando la qualità alla quantità, hanno superato la crisi in modo molto più veloce che Roma. Il vulnus sta qui".
Come lo cambierà?
"Lo farò con il consenso di tutti i protagonisti della scena urbana. Un elemento aiuta a pensare a una città differente: i valori immobiliari delle periferie sono in picchiata da anni. Dunque costruendo si abbasserebbero maggiormente quelli delle case di tante famiglie romane. Non c'è più bisogno di costruire".
Uno dei problemi principali di Roma è la mancanza di trasporto su ferro. Che fine dovrà fare la Metro C? Si dovrà fermare a piazza Venezia o proseguire verso piazzale Clodio?
"Intanto credo che sia inaccettabile pensare di spendere denaro pubblico per una metropolitana che non avrebbe stazioni da piazza Venezia a oltretevere. È evidente che bisognerà studiare in accordo con gli operatori privati un differente percorso".
Ancora metropolitane. C'è un project financing di Caltagirone e soci già approvato per la costruzione del prolungamento della linea B da Rebibbia a Casal Monastero e i nuovi insediamenti oltre il Gra, in cambio di nuove cubature per i re del mattone. Anche qui c'è odore di carte bollate.
"Non conosco nel merito l'accordo. Se è formalizzato in modo impeccabile, la continuità amministrativa è stata un faro della mia vita. Certo, siamo di fronte ad un modello insostenibile, perché se per costruire qualsiasi infrastruttura dobbiamo pagarla con milioni di metri cubi, la città che fine farebbe?".
Tra i grandi progetti bisognerà dare una risposta definitiva per il nuovo quartiere della Città della Scienza al posto delle caserme di via Reni davanti al Maxxi di Zaha Hadid.
"A quale futuro pensiamo se vogliamo costruire una Città della Scienza su un'area di un ettaro che non è nulla rispetto alla Villette di Parigi?
"Dobbiamo ragionare sul modello previsto".
Quale sarà la sua parola d'ordine per l'urbanistica romana?
"Accorciare le distanze tra periferia e centro. Il segnale elettorale è questo. Le periferie hanno voluto un cambiamento perché sono state abbandonate".
Che farà nei primi cento giorni?
"Un piano per il rilancio della rete su ferro, tranviaria e metropolitana ".
Fonte: La Repubblica
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