La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 21 giugno 2016

Facciamo decollare l'economia circolare

di Rossella Muroni
Più coraggio e voglia di cambiamento. È questo il messaggio che il Parlamento italiano ha lanciato all'Unione europea e allo stesso governo Renzi, per accelerare il passaggio dall'attuale economia a "lineare" a quella "circolare". Lo ha fatto con una risoluzione approvata all'unanimità dalla Commissione Ambiente del Senato, lo scorso 14 giugno, in cui si chiede al governo di negoziare con Bruxelles il ritorno agli obiettivi fissati dal pacchetto di direttive dell'ex commissione Barroso, poi ridimensionati da quella guidata da Juncker: il 70% di rifiuti urbani da avviare al recupero e il riciclo entro il 2030, un target dell'80% per quelli da imballaggio e appena il 5% di rifiuti da smaltire in discarica.
L'economia circolare è un'opportunità straordinaria da cogliere prima possibile, per compiere l'auspicata rivoluzione nell'uso di risorse naturali e nella gestione dei rifiuti, all'insegna della lotta agli sprechi, di materie prime e di energia ma anche di cibo visto l'obbligo alla raccolta separata della frazione organica, che potrà comportare per il settore produttivo risparmi pari a 600 miliardi di euro e circa il 2-4 % di taglio annuale di emissioni di gas serra. E nel nostro Paese questa "rivoluzione" è già in atto, soprattutto sul fronte del ciclo dei rifiuti, (come racconteremo in questi tre giorni di "Forum Rifiuti" a Roma, evento che organizziamo insieme a Editoriale La Nuova Ecologia e Kyoto Club e in partenariato con il Coou), che ha per protagonisti territori e aziende che hanno deciso di scommettere sull'innovazione, sulla green economy, sulla sostenibilità ambientale. Ma come in tutte le rivoluzioni ci vuole, oltre ad un pizzico di sana follia anche tanta determinazione e coraggio, per lasciarsi alle spalle il passato e proiettarsi verso un futuro sempre più sostenibile. Il nostro Paese oggi ha tutte le carte in regola per fare da capofila nell'economia circolare europea. Abbiamo oltre 1500 comuni ricicloni che nel 2015 hanno superato il 65% di raccolta differenziata, tanti comuni Rifiuti free, consorzi e aziende virtuose che costituiscono esperienze di green economy eccezionali, tante imprese che riciclano rifiuti una volta considerati non riciclabili come ad esempio quelle che recuperano materia dai pannolini usa e getta. Attori di un'economia circolare che hanno dimostrato di credere in questa sfida mettendoci determinazione e coraggio, al contrario della nostra politica nazionale. Sorge allora spontanea una domanda: cosa manca davvero all'economia circolare italiana per fare il grande salto di qualità?
Quello che manca è una politica nazionale che punti con decisione su questo settore, che oggi appare un mondo orfano, privo di rappresentanza istituzionale e politica. Lo stesso Governo Renzi, dopo aver più volte annunciato il Green Act di cui oggi non sappiamo nulla, ha dimostrato di percorrere ben altre strade che non vanno a favore dell'economia circolare. Lo dimostra ad esempio l'articolo 35 dello Sblocca Italia che prevede nuovi inceneritori. Eppure quando la politica ha coraggio e ci crede, riesce a mettere in campo provvedimenti positivi che fanno bene al Paese e all'economia circolare, ma da soli non bastano, come la legge sulle agenzie ambientali, fresca di approvazione, quella sugli ecoreati e il collegato ambientale, leggi regionali come quella della Regione Marche sul tributo speciale sullo smaltimento in discarica e quella della Regione Emilia Romagna verso rifiuti zero. Sono tutti importanti esempi normativi, ma come ho detto prima non bastano. Serve una politica nazionale e locale coraggiosa e lungimirante che sappia definire una rete capillare di interventi e politiche adeguate di prevenzione, dando finalmente una rappresentanza politica al mondo dell'economia circolare.
In particolare occorre che Parlamento e il Governo definiscano un chiaro quadro normativo nazionale a partire dall'approvazione del decreto sulla tariffa puntuale che il Ministero dell'Ambiente deve licenziare da oltre due anni. Una norma che darebbe una svolta definitiva al principio "chi inquina paga". È inoltre importante che si costruiscano nuovi impianti di riciclaggio e riuso, che si rilancino le buone pratiche già in atto su tutto il territorio nazionale, si completi la rete impiantistica italiana con gli impianti anaerobici e aerobici per trattare l'organico, quelli di riciclo di tutte le filiere e frazioni nelle regioni ancora sprovviste, i siti produttivi per la preparazione per il riutilizzo. Ma soprattutto è fondamentale che si definisca un sistema di incentivi e disincentivi che renda prevenzione, riuso e riciclo più convenienti economicamente rispetto al recupero energetico e all'uso della discarica. E si avvii un progetto condiviso che unisca gli attori dell'economia circolare, dalle associazioni dei cittadini alle imprese, le amministrazioni e i rappresentanti politici. Sono questi a nostro avviso gli step fondamentali per avviare quel salto di qualità indispensabile per far "decollare" davvero su tutto il territorio nazionale l'economia circolare.

Fonte: Huffingtonpost.it - blog dell’autrice 

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