di Global Project
La crisi climatica in atto è un fenomeno che condiziona in maniera sempre più pesante la vita sul e del pianeta Terra. L’accordo siglato a Cop 21, l’ultima Conferenza Onu sul clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, pur vincolando i 195 Paesi firmatari a contenere il riscaldamento globale a 2 gradi centigradi entro il 2050 (un limite che di per sé rischia di innescare una catena di fattori che agiscono in modo non lineare), non dà alcuna indicazione su metodi e strumenti per ottenere l’obiettivo. La decarbonisation, elemento trainante della discussione che ha preceduto la Conferenza, è definitivamente scomparsa nell’accordo finale. Il “bilancio energetico” annunciato non costituisce dunque alcun vincolo per le multinazionali, che continueranno a utilizzare combustibili fossili destreggiandosi tra le larghe maglie di questo accordo.
Mentre la governance del clima è stata in grado di produrre solamente simulacri di soluzioni, il climate change già da tempo si sta palesando come meta-fenomeno irreversibile. I suoi effetti inoltre, oltre a generare fenomeni meteorologici di crescente violenza, stanno impedendo la riproduzione biologica della vita in diverse aree del pianeta.
Mentre la governance del clima è stata in grado di produrre solamente simulacri di soluzioni, il climate change già da tempo si sta palesando come meta-fenomeno irreversibile. I suoi effetti inoltre, oltre a generare fenomeni meteorologici di crescente violenza, stanno impedendo la riproduzione biologica della vita in diverse aree del pianeta.
Il fallimento di Cop21 dimostra l’impossibilità, da parte delle élite, di individuare una prospettiva di cambiamento che metta in discussione, anche in minima parte, i paradigmi dell’attuale modello di sviluppo. La ricerca di un capitalismo più sostenibile si sta rivelando una delle più grandi bufale della contemporaneità, perché è proprio nel continuo aumento della propria capacità di estrarre valore dall’ambiente e dalla vita che il capitale si riproduce e si rafforza. Lo stretto legame tra modello di sviluppo capitalistico e crisi climatica, oltre ad essere evidenziato dalle serie storiche sull’andamento del riscaldamento globale dalla nascita del capitalismo industriale, si rende organico nel rapporto di continuità che si determina, oggi più che mai, tra la produzione biopolitica e gli elementi fisiologici di tutti gli organismi viventi. La produzione di valore contemporanea si afferma dunque nella piena sussunzione, da parte del capitale, della vita e della natura, con la conseguente espansione di dispositivi come la finanziarizzazione dei beni comuni, i carbon credits, le speculazioni su derivati metereologici, i climate futures.
Effetti e gestione della crisi climatica si intrecciano con quelli della crisi finanziaria, che sta assumendo sempre più la dimensione di una stagnazione secolare. Il triplice rapporto tra capitale, vita e natura ha rafforzato il suo carattere finanziario nel contesto di una crisi che, generata dall’eccessivo indebitamento privato e da una disoccupazione rimasta per diversi decenni al di sopra del suo livello naturale, ha visto una serie di politiche monetarie espansive, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, che non hanno inciso in termini di ripresa economica, ma hanno aumentato ciclicamente il rischio di bolle speculative. Emerge con chiarezza la dimensione sistemica della crisi che se da un lato si colloca nel tempo lungo della stagnazione, dall’altro produce continue fratture in grado di generare sconvolgimenti degli assetti economici, politici e sociali.
Per queste ragioni il dibattito sulla crisi climatica non può essere affrontato esclusivamente dal punto di vista scientifico. Se una corretta divulgazione scientifica chiarisce i contorni del problema, diventa altrettanto chiaro che una risposta adeguata può avvenire solo attraverso una rivoluzione politica e sociale: un mutamento radicale degli stili di vita, ma anche dell'attuale modello di produzione. Allo stesso tempo la lettura marxista tradizionale, in cui l’egemonia dell’economico nella contraddizione capitale-lavoro derubrica le questioni ambientali a semplici surrogati, non è sufficiente per interpretare con la dovuta complessità l’epoca attuale.
Questo incontro intende fare il punto della situazione. Consapevoli dell'enormità della sfida, ma anche della sua inevitabilità, grazie ai nostri ospiti proveremo a rispondere alle seguenti domande. Qual è oggi il rapporto tra governance neoliberale e crisi sistemica e come individuare i punti di rottura? Come si riproduce, sul piano finanziario e biopolitico, un modello basato sull’estrattivismo e sulla costruzione di grandi opere? Come è possibile invertire la rotta, ovvero cosa dovrebbe cambiare dell'attuale modello di produzione e di sviluppo? Come costruire una nuova coscienza ecologica del lavoro? Come le campagne nazionali, come Stop Devastazioni e Saccheggio dei territori, o internazionali, come Stop TTIP, possono assumere una dimensione massificata e generalizzata?
Fonte: Global Project
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