di Marco Vittone
Crolla uno storico feudo del Pd, crolla Torino dove il Movimento 5 Stelle espugna la roccaforte del centrosinistra nel Nord Italia. Chiara Appendino è la nuova sindaca della città della Mole, un risultato che solo un mese fa sembrava quasi improbabile. Ha ottenuto il 54,6% contro il 45,4% di Piero Fassino, compiendo una grande rimonta. «Dobbiamo ricucire una città profondamente ferita e ricostruire fiducia tra amministratori e cittadini. Tutti noi siamo Torino – ha detto a caldo Appendino –, la porta di Palazzo di Città sarà aperta a ogni torinese. Da sindaco non potrò risolvere tutti i problemi ma ascolterò tutti. Oggi finisce un capitolo della storia di Torino e se ne apre un altro. Siamo pronti a governare la nostra amata città». Quello di Torino è un voto che ha sicuramente un taglio nazionale, che va oltre alle responsabilità di Piero Fassino, un voto contro Matteo Renzi.
Appendino, dopo 5 anni di opposizione sale sullo scranno più alto della Sala Rossa, quello dove Piero Fassino un anno fa pensava fosse impossibile vederla. Tanto che le indirizzò la stessa profezia rivolta a Beppe Grillo nel 2009. «Se vuole fondare un partito lo faccia, vediamo quanti voti prende», disse l’ultimo segretario dei Ds al comico ligure; alla futura rivale del ballottaggio replicò: «Mi auguro che un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se sarà capace di fare tutto quello che oggi ha auspicato di saper fare: e comunque lo decideranno gli elettori». Un oracolo al contrario.
Chiara Appendino, 32 anni, laurea alla Bocconi, e responsabile del controllo di gestione nell’azienda del marito Marco con cui ha avuto una bimba lo scorso gennaio, è entrata nel Movimento 5 Stelle nel 2010 dove ha cominciato a partecipare attivamente occupandosi del bilancio della città. Ha condotto una campagna senza urla e «vaffa» grillini, probabilmente per non spaventare i moderati sabaudi, ma ha incassato un voto variegato da destra a sinistra, un voto più «contro» che «per». Contro il Sistema Torino che ha governato la città per 23 anni, ma anche contro Renzi. Il premier dovrà prima o poi interessarsene di questo risultato, perché parla anche al suo governo. La candidata pentastellata è riuscita a recuperare il gap che la divideva da Fassino, non un divario da poco: partiva dal 30,92% contro il 41,84% dell’avversario, con 41.750 voti in meno rispetto al sindaco uscente.
È tornato al voto il 54,42% degli elettori non molti di meno rispetto al primo turno dove si recarono alle urne il 57,18% degli elettori. Il risultato dimostra che chi non aveva votato Fassino al primo turno ha scelto in maggior parte la candidata M5s. I tre candidati del centrodestra (Alberto Morano, Lega Nord, Osvaldo Napoli, Forza Italia, e Roberto Rosso, Ncd) e il candidato di sinistra Giorgio Airaudo si erano spartiti il 22,5% dell’elettorato torinese ed è probabile che buona parte dei loro votanti si sia spostata verso la «novità» a Cinque stelle, con diverse motivazioni e diversi auspici, spesso in contrasto.
In questi giorni si respirava un clima di fine epoca, testimoniato anche da un’inedita aggressività mediatica del sindaco uscente. In campagna elettorale si sono scontrate due visioni di città, una che rivendicava la completa riuscita della trasformazione da città industriale fordista a città dei servizi e della cultura e un’altra che la contestava: «Il centro – ha ripetuto Appendino – è stato oggetto di interventi di riqualificazione notevoli, una vetrina. Ma le periferie, dove gli indicatori economici risultano drammatici, sono state trascurate. Noi vorremmo creare una Torino policentrica, dove tutti i quartieri, anche i più esterni, possano essere oggetto di sviluppo economico e sociale». Ci riusciranno i Cinque Stelle? La sfida non è certo facile, come le promesse da mantenere.
Quella di ieri è stata comunque una giornata storica per Torino. L’amministrazione che ha governato per 23 anni la città, da Valentino Castellani a Sergio Chiamparino fino Piero Fassino, è stata sconfitta. Una scossa che dalla città spesso definita «laboratorio d’Italia» si riflette con forza a livello nazionale. La sinistra-sinistra è all’opposizione, chissà che da lì possa rinascere.
Fonte: Il manifesto
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