La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 8 agosto 2016

Che ambiente al Maracanã

di Ivan Grozny Compasso 
Dopo la solennità del Maracanã, la fiamma, dove va? In un cantiere. Alla Candelaria, precisamente, nel nuovo parco tematico che serve a riqualificare tutta la zona del porto. Peccato però che l’area sia ancora da terminare. C’è qualche curioso, tanti tecnici che lavorano attorno e sono quasi le due. La cerimonia è finita poco prima di mezzanotte. L’area è transennata ma senza farsi troppo notare si riesce ad arrivare molto vicino. Quando li si ha di fronte, anche i miti più grandi, si mostrano per quello che sono. E il braciere è sì molto elegante, con un design ricercato e, a detta degli organizzatori, pensato per ridurre al minimo la ricaduta sull’ambiente.
Cosa che appare assai curiosa in un Paese dove, la questione ambientale appunto, non è mai stata una priorità. Consuma pochissimo gas. Ma da lontano, arrivando da Uruguaya verso la Candelaria, se non sai che c’è neppure la vedi.
Che la fiamma olimpica sia di fronte alla Candelaria non è certo stato fatto con l’intenzione di ricordare ciò che quel luogo, tra le tante cose, rappresenta, ma fa davvero effetto vederla proprio di fronte alla Chiesa divenuta luogo simbolo della strage dei neri in Brasile. Vicenda che nella cerimonia non è stata ovviamente neppure sfiorata, come molte altre, per non turbare la sensibilità di questo o quello, si dice. Tuttavia si è ugualmente sfiorata la gaffe mondiale, ma a questo ci arriviamo dopo.
Prima bisogna dire che la torcia ha faticato non poco per giungere a destinazione. È stata contestata, fischiata, accolta da un sacco di gesso svuotato da un balcone che l’ha irrimediabilmente spenta. Tutto registrato in un video super condiviso sui social dai locali che continuano a guardare i Giochi con distacco, quasi volessero essere loro i corteggiati. Infatti, quando la torcia è arrivata a Rio Sud, dove irrimediabilmente segnava non solo un punto di non ritorno ma finalmente l’ingresso in territorio amico, ha trovato la spontaneità e la voglia di festa che questo popolo irrimediabilmente ha. A questo punto il suo è stato un lento cammino.
Tra i tedofori si sono alternati i commercianti del posto o quei personaggi che caratterizzano Leblond, Ipanema, Copacabana e Leme. Quando è giunta in Nossa Senhora di Copacabana, all’altezza del mitico Palace Hotel, è stato addirittura un crescendo. Una coda di gente a inseguirla. In tanti sono scesi da Vidigal, Cantagalo, Pavão-Pavãozinho, le favela che si trovano qui a ridosso dei quartieri “bene”, ma anche tanti turisti, curiosi. Diversi autocarri, agghindati come i carri allegorici del carnevale ma con i colori degli sponsor. Musica inevitabilmente sparata ad altissimo volume.
La gente vuole circondare chi porta la torcia ma un super cordone di agenti in tenuta antisommossa, la scorta. E si fa spazio dando colpi qua e là. Con i tonfarivolti verso il basso tengono lontano le persone. Quando queste cominciano a premere li alzano. Gli viene istintivo fare così. Per tutta la notte le strade di Copacabana sono invase di persone, fino all’alba.
Al mattino c’erano state manifestazioni dei sostenitori di Dilma Rousseff, contro Temer. L’affluenza non è così numerosa come ci si potrebbe aspettare, ma anche qui il movimento è spaccato e una parte è critica anche col Pt. E poi ci sono altri gruppi, soprattutto piccole sigle sindacali autonome, come l’organizzazione che difende i Gari (i netturbini) di cui abbiamo già parlato, che fanno un percorso ancora diverso. Quindi anche in piazza, che poi qui è intesa come strada, non c’è una così comune unione d’idee e pratiche come si potrebbe supporre guardando la situazione dall’esterno. C’è stata anche qualche scaramuccia ma visti i tempi e pensando a episodi simili accaduti un paio di anni fa, il clamore deriva dal fatto che stavolta sono in contemporanea con i Giochi. Poi bisogna anche dire che certe manifestazioni non autorizzate sono tollerate, altre decisamente meno. E più l’età media di chi manifesta si abbassa, più la repressione è dura.
I militari da giorni sono presenti in ogni angolo di città. A volte li si ritrova anche in situazioni decisamente paradossali, come quando sono posizionati di fronte ai bagni pubblici. Nelle stazioni della metro che portano allo stadio Maracanã ce ne sono su ogni binario. Dal finestrino si scorgono lungo tutto il percorso che conduce allo stadio. Ci sono mezzi blindati e almeno due carri armati. Si giunge alla stazione della metro e oltre alla scontata militarizzazione c’è un servizio di accoglienza che indica a chi arriva il percorso da seguire.
Vicino ai militari le persone che non possono più vendere bibite o altri prodotti fuori dallo stadio si sono reinventate bagarini. Hanno fatto lo stesso molti venditori delle grandi spiagge che adesso quando si avvicinano chiedono se si è interessati ai tagliandi. Canottaggio e volley da praia i più proposti. Chi lo sa perché. Se in questi casi il prezzo è abbordabile, per l’evento inaugurale si parte da una base di novecento, mille reais (250-300 euro), acquistandolo legalmente. Mi viene spiegato che coloro che propongono i biglietti hanno al massimo un paio di tagliandi da vendere perché li hanno sì comprati illegalmente anche loro, ma può essere un investimento remunerativo e meno rischioso che vendere droga, ad esempio.
Allo stadio è tutto un brulicare di persone che si mescolano ai sempre più numerosi agenti di polizia. La gente che abita qui intorno è per strada con le televisioni accese e segue così ciò che succede a pochi metri da dove vive, osservando chi avrà il privilegio di assistervi davvero. L’accoglienza, soprattutto per gli stranieri, è calorosa. I pochi bar aperti fanno affari d’oro, ma le bevande le devono vendere di nascosto. E ci riescono pure. Così come si riesce, e lo abbiamo testato, ad arrivare fino alla fila che porta ai tornelli dello stadio, senza avere il ben che minimo pass o biglietto. Superare addirittura più di tre filtri di controllo è stato davvero semplice. Ogni controllo prevede l’esposizione del biglietto e perquisizione. Eppure…
Fuori lo stadio tantissima gente ma tutto molto ordinato, nonostante le file e le difficoltà per i disabili che fino a che non arrivano dove noi ci siamo fermati, devono superare diversi ostacoli che gli si potrebbe proprio risparmiare. La cerimonia, come hanno visto tutti, è stata seguita per lo più nei maxischermi allestiti in giro per la città di Rio. Con attenzione, ma non con passione. La prima parte è stata spesso sottolineata da qualche ironia perché l’immagine super edulcorata e soprattutto il continuo fare riferimento all’ambiente ha fatto storcere il naso a più di qualcuno visto che qui la questione non è mai stata presa sul serio e i problemi sono assai rilevanti. Nella prima parte dello spettacolo tutto è filato liscio ma senza acuti.
Quello che avrebbe potuto provocare qualche imbarazzo è stato tagliato in tempo, durante le prove. Lo raccontano in due diverse circostanze una manager che cura la parte logistica e una volontaria per la famiglia olimpica. Dopo la sfilata, perché di quello si è trattato, di Gisele Bundchen, con il passaggio al favela-funk, nella versione originale la modella veniva scippata proprio da uno dei ballerini che, sceso dalla favela, le toglie qualcosa dalle mani. Quelli della commissione del Cio, assistendo alle prove e vedendo per la prima volta la coreografia, probabilmente anche a causa del malcontento manifestato dai brasiliani che stavano lavorando al Maracanã, ha deciso di tagliare quella parte. Far passare in mondovisione l’idea che se vieni da una favela sei per forza un potenziale criminale non è stata apprezzata.
La sfilata come sempre, noiosa, poi finalmente il samba, ma solo dopo i fischi al presidente Temer.
Davanti agli schermi era tutta una contestazione. Poi sono arrivati gli eroi brasiliani: Gilberto Gil, Caetano Veloso, l’ex cestista Oscar Schmidt. Finalmente la torcia che diventa fiamma. E finisce in un cantiere.

Fonte: Il manifesto 

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