di Antonio Sciotto
Basterà un giro sullo spider Lamborghini per rilanciare la ripresa? Ieri il premier Matteo Renzi ha provato a diffondere ottimismo visitando in Emilia alcune fabbriche italiane di successo – non sono mancate Ducati e Philip Morris – ma i dati ancora una volta gli danno torto. Senza contare che ormai a Berlino si organizzano vertici senza di lui: Angela Merkel e François Hollande sembrano aver dimenticato velocemente la gita a Ventotene e adesso vedranno il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker da soli. Le cifre che non tornano sono venute dall’Onu, mentre quelle diffuse dall’Istat permettono di piangere con un occhio solo.
Secondo il rapporto dell’Unctad – la Conferenza dell’Onu su commercio e sviluppo – la produzione industriale italiana si è contratta di ben il 22% nel decennio 2007-2016: considerando indice 100 nel 2010, nel primo trimestre del 2007 il nostro Paese registrava quota 118 e nel primo trimestre di quest’anno è precipitata a quota 92. Cifra, quest’ultima, immutata dal 2013: negli anni di Renzi (2014-2016), insomma, si registra una stagnazione. Meglio sono andati altri Paesi Ue: la Germania è addirittura passata da 104 a 109, la Francia da 113 a 101 (recuperando quindi almeno i livelli del 2010); la Spagna è passata da un 127 a un 95, ma rispetto al 2013 risulta in crescita.
Più in chiaroscuro i dati diffusi dall’Istat, e poi commentati dallo stesso premier. Il Pil italiano nel 2015 è cresciuto dello 0,7% e non dello 0,8%, come era stato calcolato nella stima preliminare di marzo. Ancora più interessante il dato del 2014, rivisto addirittura al rialzo di 0,4 punti: non è stato -0,3%, come stimato in precedenza, ma +0,1%. «Questa revisione al rialzo del Pil nel 2014 è importante», ha commentato il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, perché «anticipa il punto di svolta» che ha visto uscire l’Italia dalla recessione.
Confermato il deficit 2015 al 2,6% (in miglioramento rispetto al 3% del 2014) e viene ritoccato al ribasso invece il dato sul debito: nel 2015 si è attestato al 132,2% del Pil (e non al 132,7% registrato lo scorso aprile). È comunque in rialzo rispetto al 131,8% segnato nel 2014.
«Venti mesi fa le cose andavano peggio, ora c’è il segno più. La ripresa è un fatto», ha commentato Matteo Renzi, dicendosi comunque «non ancora soddisfatto». «L’Italia è una grande potenza mondiale, l’ad di Philip Morris Sidoli diceva che siamo al settimo posto come potenza industriale – ha poi aggiunto visitando la fabbrica del marchio statunitense – Puntiamo al sesto».
Il presidente del consiglio non ha comunque rinunciato a mandare un messaggio alla Ue, ancora una volta di sfida dopo le parole del presidente Juncker, che due giorni fa aveva ricordato che l’Italia ha già usato flessibilità per 19 miliardi di euro: «L’Europa che vogliamo e che abbiamo contribuito a costruire non può essere l’ostacolo alla sicurezza dei nostri figli. Prima viene la stabilità delle scuole, poi viene la stabilità delle burocrazie», ha scritto Renzi su Facebook, in un post dedicato alla ricostruzione post terremoto. «Oggi ho anche lanciato un appello al resto del Paese. I sindaci devono intervenire sulle scuole, tutte. Si facciano progetti di miglioramento e adeguamento sismico, subito» e «tutti i soldi per le scuole saranno fuori dal patto di stabilità».
Un punto su cui il premier insiste, ma che non è affatto pacifico: l’Europa sconta infatti automaticamente solo le spese di ricostruzione post-sisma, e non più in generale gli interventi per l’adeguamento degli edifici. Il tema rientrerà ovviamente nella trattativa sulla flessibilità che il ministero dell’Economia sta già conducendo, anche perché nel frattempo si avvicina la data in cui la legge di Bilancio deve essere presentata. Tra il 15 e il 20 ottobre, e ovviamente deve essere vidimata dalla Commissione Ue.
Quanto all’ecobonus, verrà confermato: al 65% se si tratta di efficientamento energetico, mentre l’antisismico dovrebbe rimanere al 50%; ma si starebbe pensando di renderlo più “appetibile” elevandolo in caso venga accoppiato al primo, o riducendo gli anni in cui viene rimborsato (a 7 o 8 anziché 10).
La segretaria della Cgil Susanna Camusso resta per il momento critica sulla manovra: «Il governo – ha spiegato – sta confermando gran parte delle scelte che erano nella legge di Stabilità dell’anno scorso. C’è una totale continuità nelle scelte, mentre ci vorrebbe una politica estremamente diversa e di shock».
Fonte: Il manifesto
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