di Sonali Kolhatkar
Tra i molti pensieri contrastanti e sconvolti che hanno attraversato la mia mente nella notte dell’elezione, mentre osservavo la vittoria di Trump che si stava materializzando a dispetto delle previsioni, c’è stato quello che una volta, soltanto sei mesi fa, eravamo arrivati così vicino ad avere un vero candidato progressista con una possibilità molte reale di vittoria. Quell’uomo è, naturalmente, Bernie Sanders, il senatore indipendente del Vermont che ha si è candidato come Democratico contro Hillary Clinton durante le primarie.
Sanders ha tratto il sostegno dagli elettori millenial, cioè (i giovani nati tra i primi anni ’80 e i primi anni 2000, n.d.t.), in ogni segmento della popolazione e ha attirato centinaia di migliaia di persone ai suoi imponenti comizi. Ha stimolato milioni di americani a partecipare al processo elettorale, con grande dispiacere dei Democratici dell’establishment. Gli organi di stampa corporativi che inizialmente si rifiutavano di prenderlo sul serio, alla fine si sono resi conto, forse troppo tardi, che il senatore aveva sfruttato un sentimento diffuso tra gli americani che la nostra economia come dice lui, è manipolata contro di noi.
Malgrado la sua sconfitta alle primarie a favore della Clinton, Sanders ha usato le luci dei riflettori che gli ha fornito la sua candidatura, per continuare la sua rivoluzione politica. In un nuovo libro intitolato “Our Revolution” [La nostra rivoluzione] – lo stesso nome di un’organizzazione che ha fondato – Sanders ci racconta la sua storia con il suo inconfondibile stile pragmatico, iniziando dalle sue umili origini a Brooklyn, New York, e fino alla sua carriera di senatore nel Vermont, alla sua decisione di candidarsi per la presidenza, alla complessa e spaventosa sfida di organizzare una campagna elettorale, e infine,a i problemi che abbiamo di fronte e che è disperatamente necessario che vengano sistemati. Ora, in viaggio per pubblicizzare il suo libro, Sanders che ha raggiunto lo status di superstar, mercoledì ha parlato con me del suo movimento “La nostra rivoluzione” e del terremoto politico che la vittoria di Trump innescato.
Una delle lezioni più preziose della campagna di Sanders è stata che ha dimostrato al Partito Democratico che un candidato presidenziale non ottiene il supporto soltanto spostandosi a sinistra, ma può realmente catturare l’immaginazione di elettori sempre più disillusi che entrambi i partiti maggiori si sono lasciati alle spalle. Secondo Sanders, “Se ho qualcosa da dire in proposito e ce l’ho – sarà appresa.” Anche se è tornato alla sua posizione di indipendente dopo la Convenzione Nazionale Democratica, dato che questa estate Sanders ha ottenuto quasi metà dei delegati delle primarie, ha prestigio all’interno del Partito Democratico.
Sanders è dispiaciuto del fatto che “milioni e milioni di persone in questo paese stanno soffrendo economicamente e noi non ne parliamo.” E’ proprio perché si è focalizzato su questo problema nella sua campagna per la presidenza, che ha ottenuto così tanta popolarità, anche se non era famoso come la Clinton. I media corporativi avevano in generale ignorato la disuguaglianza economica, concentrandosi invece sulla vivacità economica di Wall Street. Dalla parte dei Democratici del Senato, Sanders era la voce più forte e più chiara che esprimeva la necessità di “ colpire le banche,” come gli piace dire. “Mobiliteremo gli americani e colpiremo le banche, diceva. “Fatelo, fate la cosa giusta per l’America e vincete le elezioni.”
Sembra semplice, ma quella semplicità è spesso quella che i Democratici dell’establishment ( i Repubblicani) hanno evitato, scegliendo invece di adottare complicate posizioni politiche mentre navigano abilmente tra una retorica nobile di suono populista e la loro vera lealtà agli interessi economici dell’élite. Sanders ha scomposto i problemi fino alle basi: stiamo soffrendo tutti, e dobbiamo sistemare le cose. Così ha fatto Trump, che vi ha aggiunto una mistura tossica di retorica razzista, sessista, e faziosa e ha oscurato il fatto che proviene dalla classe miliardaria che ha tratto benefici spettacolari dalla disuguaglianza.
Mentre il messaggio di Sanders era chiaro e semplice, costruire e gestire una campagna politica di quella portata è stato tutto tranne che facile. Dato che racconta la storia del modo in cui ha Sanders ha preso a prestito l’architettura politica usata nella campagna elettorale dal presidente Obama, e ha mantenuto la forte promessa di non prendere affatto denaro dalle grosse imprese o grosse donazioni, il libro di Sanders “La nostra rivoluzione” è un manuale per i futuri candidati progressisti. Lo ha riassunto in questi termini: “Penso che sia una buona lezione per la gente comprendere come si può iniziare una campagna senza nessuna notorietà, nessuna organizzazione, senza denaro e finire con ottenere 13,4 milioni di voti in 22 stati e la maggioranza dei voti dei giovani.”
Mentre la prima metà del libro parla del modo in cui ha condotto la sua campagna, la seconda metà è anche più importante: offre un’analisi profonda e perspicace di quello che non va nell’economia degli Stati Uniti, come è spaccata lungo linee razziali e di genere, e come l’America delle grosse aziende e il governo federale hanno fregato i lavoratori. Questa metà è illustrata con potenti diagrammi che illustrano le cose importanti che dice Sanders, senza diventare troppo pignolo, ma senza banalizzare dei problemi che la maggior parte degli americani sanno che sono veri in base alla loro esperienza personale.
Trump è riuscito, a convincere, erroneamente molti americani che i regolamenti e le tasse stanno innanzitutto danneggiando l’economia. Al contrario, Sanders spiega proprio in che modo i politici, i CEO (gli amministratori delegati) delle grosse aziende e i loro lobbisti hanno stravolto la nostra economia a favore dei ricchi, e offre specifiche posizioni politiche che possono annullare il danno. “Ci stiamo muovendo nella direzione di una forma oligarchica di società,” mi ha detto. Questa analisi può essere il miglior uso che fa Sanders del nuovo pulpito che ha acquisito, ed è stato questo che ha indotto così tanti americani a portarlo alla candidatura, prima di tutto.
Sanders considera i media corporativi come parte cruciale del problema. Se le reti e i giornali più importanti lo avessero preso sul serio un anno fa e gli avessero elargito tanta attenzione quanta ne è stata data a Trump e alla Clinton, il paese oggi potrebbe essere in una posizione diversa. E’ appropriato che abbia concesso un’intervista a una giornalista indipendente come me, alla quale ha spiegato: “I media corporativi non parleranno dei veri problemi che deve affrontare questo paese.” Ha ammesso: “Ne traiamo vantaggio quando possiamo,” e ha aggiunto: “non facciamo gli ingenui, i media corporativi sono proprietà di grandi conglomerati multinazionali”.
Anche se la ragione della disuguaglianza economica e le politiche per sistemarla sono chiare, allo scopo di attuarle, i progressisti hanno necessità del potere politico. Per decenni, milioni di americani hanno semplicemente non hanno preso parte alle elezioni. Nell’elezioni del 2016, 100 milioni di votanti americani idonei, non hanno proprio votato, probabilmente scoraggiati dai candidati dei due maggiori partiti, nessuno dei quali ispirava fiducia. Con la vittoria del Collegio Elettorale di Trump, la sfida più grande che deve affrontare oggi la nazione, è stimolare gli americani che hanno dato un’occhiata al processo politico. Dato che Trump minaccia di mantenere le sue promesse più pericolose della sua campagna – basate sul governo che sta scegliendo – rischiamo una delusione di massa ancora maggiore.
Se il processo elettorale ha provocato tale distruzione, ho chiesto a Sanders, come possono gli americani essere stimolati a parteciparvi? Ha risposto: “E’ inutile dire che, secondo me, che naturalmente dobbiamo essere coinvolti nella politica elettorale.” Accetta che il cambiamento deve avvenire al di fuori dell’agitazione politica. “D’altra parte,” ha detto, “dobbiamo anche capire che ci sono dei modi in cui possiamo essere attivi, che possiamo combattere per proteggere il pianeta, che possiamo combattere per i diritti delle donne, o per i diritti dei gay, o per i diritti delle minoranze, senza essere coinvolti nella politica elettorale. Non è ‘o l’uno o l’altro’, è un ‘entrambi’. L’attivismo della gente comune è ugualmente importante.”
Uno dei molti motivi per cui l’agenda di Trump turba profondamente Sanders, il cambiamento del clima è quasi il maggiore. Trump ha spesso sostenuto che il riscaldamento globale è una balla. Sanders vuole “far mobilitare milioni di persone per assicurarsi che l’industria dei combustibili fossili, che smettiamo di costruire gasdotti e che trasformiamo questo sistema di energia al di fuori dei combustibili fossili, in efficienza energetica e in energia sostenibile. Per ironia, mentre si svolgeva l’elezione, un’ importante riunione internazionale sul cambiamento del clima si stava tenendo a Marrakech, in Marocco. I partecipanti dell’incontro delle Nazioni Unite COP22 (Conferenza delle parti) guardavano con sgomento la nazione più ricca del mondo sceglieva come suo capo di stato una persona che nega il cambiamento del clima.
La presidenza di Trump sta dando inizio a una nuova era di nazionalismo dei bianchi negli Stati Uniti. La sua scelta del presidente di Breibart News, Steve Bannon, come suo principale stratega, ha chiarito le sue intenzioni di placare il risentimento razzista di una vasta parte del suo elettorato bianco. Sanders ha dato una spiegazione onesta per questa scelta: “Storicamente, quelli che i demagoghi hanno sempre fatto è di mettere un gruppo contro un altro. E la riposta è che questi tizi, i miliardari, vanno ridendo fino alla banca, mentre ci sono persone che lottano tra di loro per le briciole,” ha detto.
Sanders crede che la giustizia razziale e la giustizia economica vadano di pari passo, un punto di incontro molto importante intorno al quale si possono organizzare i progressisti. Attingendo all’opera del Reverendo Martin Luther King Jr., degli ultimi anni della sua vita, Sanders ha parafrasato il grande leader dei diritti civili: “Dobbiamo cambiare le priorità nazionali di questo paese: meno alle forze armate, meno agevolazioni fiscali per i ricchi, e prendersi cura delle persone più vulnerabili.”
Insomma, ha detto. “Penso che il nostro compito sia di mobilitare milioni di persone in tutto questo paese ora, per opporsi e combattere.” Questo non è un compito facile, naturalmente. Ma se chiunque può mostrare , con l’esempio, che una cosa del genere è possibile, è l’uomo che potrebbe essere stato il nostro presidente.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Common Dreams
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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