La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 30 aprile 2017

Dietrofront incostituzionale, la mossa sbagliata dei 5 Stelle

di Andrea Fabozzi 
Ci sono due aspetti da considerare riguardo all’apertura sulla legge elettorale del Movimento 5 Stelle che, attesa, è arrivata nella forma di un’intervista di Di Maio al Corriere della Sera in cui si offre a Renzi la disponibilità ad «abbassare la soglia per il premio di governabilità». L’Italicum la prevede al 40% dei voti validi, ma la percentuale è assai difficile da raggiungere sia per il Pd che per il M5S. Per questo era previsto il ballottaggio – era perché la Corte costituzionale l’ha giudicato illegittimo e cancellato. Così restando le cose è allora prevedibile che il premio non vada a nessuno. Dunque la mossa di Di Maio. Da valutare sotto due aspetti: la disponibilità del Pd ad accoglierla. Ma soprattutto la sua praticabilità dal punto di vista costituzionale.
Quanto al primo, ieri sono arrivati più no che sì dai democratici di area renziana, ma si tratta ancora di posizionamenti tattici. Quanto al secondo aspetto la questione è più semplice: la soglia del 40 per cento non può essere abbassata al 35 per cento, così come adombrato dai 5 Stelle, mantenendo il premio di maggioranza (più che «di governabilità») al 55 per cento (vale a dire 20% di seggi, 126 deputati, regalati). Lo ha spiegato la Corte costituzionale nella sentenza sull’Italicum. Dando ragione, tra gli altri, proprio ai 5 Stelle.
I GRILLINI che adesso, coltivando il sogno di una vittoria solitaria, vorrebbero rendere più facile conquistare il premio di maggioranza, sono gli stessi che hanno tacciato di incostituzionalità quel premio, sottoscrivendo in tutta Italia i ricorsi preparati dal pool di avvocati anti Italicum coordinati da Felice Besostri. Non è solo un problem, al solito, di coerenza del M5S. Perché in un caso – quello dell’ordinanza del tribunale di Genova – la questione della costituzionalità della soglia al 40 per cento al primo turno, a prescindere dal ballottaggio, è stata sollevata davanti ai giudici della Corte. I quali nella sentenza 35/2017 redatta dal giudice Zanon hanno risposto che la Corte non può esprimersi sull’entità della soglia, vista «l’ampia discrezionalità del parlamento», ma sul corretto bilanciamento dei due principi in gioco: quello della rappresentatività e quello della governabilità. Il 40 per cento, hanno deciso, rispetta l’equilibrio come soglia «del resto progressivamente innalzata nel corso dei lavori parlamentari». Nella prima versione dell’Italicum approvata dalla camera la soglia per il premio era infatti al 37,5 per cento e prima ancora al 35 per cento. Fu alzata in senato dopo un nuovo accordo tra Renzi e Berlusconi, abbassando contestualmente lo sbarramento al 3 per cento. Di Maio vuole riportarla indietro.
NELLA LISTA delle «disponibilità» dei 5 Stelle c’è anche quella ad alzare la soglia di sbarramento – che del resto va armonizzata con quella, altissima del senato – dal 3 al 5 per cento. Contenti tutti, tanto né Pd né M5S cercano alleanze con partiti più piccoli. Solo che ancora la Corte costituzionale (e sempre su sollecitazione degli stessi grillini) ha fatto passare la contemporanea presenza nell’Italicum del premio e della soglia di sbarramento – due fattori di «disproporzionalità» della legge – solo perché il 3 per cento è «una soglia di sbarramento non irragionevolmente elevata». L’offerta di Di Maio contiene in sé, dunque, ben due elementi di rischio per una nuova incostituzionalità della legge. Sarebbe la terza, su tre «riforme».
NEL CASO la proposta prendesse corpo, eventualità per fortuna lontana, i grillini si troverebbero certamente contro proprio gli avvocati con i quali hanno condiviso la battaglia contro l’Italicum. Perché Besostri è sicuro di poter riportare velocemente la legge alla Consulta, per chiederle di bocciare le nuove soglie. E infatti il più attento deputato Toninelli, che per i 5 Stelle segue il dossier, ha voluto «far notare che nessuno nel M5S ha parlato di soglie specifiche». Di Maio ha detto «abbassare», ma Toninelli sa che praticamente tutti i giuristi ascoltati dalla prima commissione all’inizio di marzo hanno escluso che dopo la sentenza della corte si possa ritoccare al ribasso il 40 per cento. A meno che, secondo il costituzionalista Ceccanti, vicino a Renzi, non si tenga ferma la forbice tra percentuale effettivamente conquistata e premio: al 37 per cento dei voti può corrispondere un premio del 51 per cento, il minimo per governare.
Abbassando la soglia del premio, però, spunta un nuovo problema. Aumenta la probabilità che, tra camera e senato, il premio venga conquistato da due partiti diversi. A quel punto l’ingovernabilità sarebbe completa, e l’irragionevolezza della legge provata.

Fonte: Il manifesto 

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