La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 27 settembre 2015

Storia di Pietro. I suoi operai costituenti

di Maurizio Landini
Quando, nel feb­braio scorso, il pre­si­dente del con­si­glio si è recato a Mira­fiori per ren­dere omag­gio all’amministratore dele­gato della Fiat (par­don, Fca…), e indi­carlo al paese quale rife­ri­mento per le stra­te­gie da adot­tare anche nel rap­porto con i lavo­ra­tori, ho pen­sato imme­dia­ta­mente a Pie­tro Ingrao.
In par­ti­co­lare, al suo discorso di tren­ta­sette anni prima alle accia­ie­rie di Terni.
Ricor­reva il tren­ten­nale dell’entrata in vigore della nostra Costi­tu­zione e Ingrao, all’epoca Pre­si­dente della Camera, che si recò in quello sta­bi­li­mento su invito del Con­si­glio di Fab­brica per par­lare della nostra Carta fon­da­men­tale, si rivolse agli ope­rai pre­senti defi­nen­doli «costi­tuenti». Li col­locò solen­ne­mente e for­mal­mente tra i padri costituenti.
Si dirà: ma in que­sti tren­ta­sette anni è cam­biato il mondo! Ed è senz’altro vero. Ma da qui ad assu­mere, per quanta acqua sia pas­sata sotto i ponti, come una natu­rale evo­lu­zione del senso civico il rove­scia­mento della fun­zione sociale del lavoro, così come defi­nita e posta a fon­da­mento della nostra Repub­blica, ce ne passa.
E’ stata uti­liz­zata la lunga crisi di que­sti anni per por­tare a com­pi­mento una gigan­te­sca ope­ra­zione di regres­sione del lavoro, nel ten­ta­tivo di ripor­tarlo a mero rap­porto di scam­bio, alla ori­gi­na­ria dimen­sione di merce.
Un’intera gene­ra­zione di gio­vani lavo­ra­tori è schiac­ciata da una pre­ca­rietà diven­tata con­di­zione strut­tu­rale. La corsa alla moder­niz­za­zione del lavoro nell’epoca dell’economia glo­bale si sta con­clu­dendo al tra­guardo del ritorno all’antico. Una lunga sta­gione segnata dall’affermazione dei diritti del lavoro e nel lavoro si sta rove­sciando nel suo con­tra­rio. Quando si passa, come con il Jobs Act ren­ziano, dalla tutela dei lavo­ra­tori alla tutela dai lavo­ra­tori non si è sem­pli­ce­mente di fronte ad una discu­ti­bile riforma del mer­cato del lavoro, ma al com­pi­mento di una stra­te­gia che vuole riscri­vere un intero modello sociale e chiu­dere a dop­pia man­data un intero ciclo di con­qui­ste che hanno avuto i lavo­ra­tori come protagonisti.
Soli­tu­dine poli­tica delle per­sone che lavo­rano e fran­tu­ma­zione dei legami sociali non pos­sono essere l’epilogo di que­sta fase. La Fiom ad esso non si ras­se­gna. Ecco per­ché pen­siamo sia giunta l’ora di non limi­tarsi solo ad un’azione di resi­stenza per ritar­dare il com­pi­mento di un destino scritto nei pro­cessi reali, che per quanto ci riguarda si tra­dur­rebbe nel rin­chiu­dere una sto­ria nel recinto dell’aziendalismo e del cor­po­ra­ti­vi­smo. Ecco per­ché pen­siamo come neces­sa­rio rites­sere la trama di legami sociali soli­dali che, per effetto dei pro­cessi eco­no­mici e delle scelte poli­ti­che, è stata sfilacciata.
Ecco per­ché lavo­riamo al pro­getto di coa­li­zione sociale.
Diven­tano cen­trali, in que­sta situa­zione, i temi e le domande sul senso del lavoro, e sul rap­porto tra lavoro e vita, che Pie­tro Ingrao da anni va ponendo all’attenzione del dibat­tito poli­tico, spesso ina­scol­tato o non com­preso. La sua capa­cità di leg­gere con largo anti­cipo i pro­cessi di fondo, il dub­bio assunto come metodo, hanno costi­tuito gli ele­menti fon­danti di una rela­zione feconda e stret­tis­sima intrec­ciata nelle lotte dei metal­mec­ca­nici con il loro sin­da­cato, la Fiom, e con chi l’ha diretta in anni dif­fi­ci­lis­simi ma ric­chi di suc­cessi, come Bruno Trentin.
Per me scri­vere di Ingrao nel momento in cui la sua vita rag­giunge un’età straor­di­na­ria è motivo di par­ti­co­lare gioia e orgo­glio. Per ciò che Ingrao rap­pre­senta per la Fiom (di cui è il primo iscritto ono­ra­rio!); per ciò che rap­pre­senta per intere gene­ra­zioni che hanno in lui un rife­ri­mento poli­tico, etico e morale.
E per dir­gli pub­bli­ca­mente ciò che non ho avuto modo di fare pri­va­ta­mente: che la sua ine­sau­ri­bile curio­sità per le cose grandi e pic­cole del mondo e della vita rap­pre­senta uno sti­molo for­mi­da­bile per tutti noi ad andare avanti.
Buon com­pleanno, Pietro.

Fonte: il manifesto 

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