di Giovanni Principe
Notoriamente il ministro Del Rio non fa parte della cerchia più ristretta del premier. È anche tra i nomi più gettonati tra gli indovini del dopo 4 dicembre, in caso di vittoria del NO, per una successione a Renzi "alternativa ma in continuità politica". E questo non aumenta certo il suo appeal a corte. Deve essere per questo che, come si usa in certe famiglie, se c'è da difendere una causa indifendibile è su di lui che cade la scelta perché ci metta la faccia e si esponga. Per una prova di fedeltà, per un atto di sottomissione.
Di nuovo la stessa bufala
E' quindi lui che rilancia, sul Corriere la "grande apertura alla minoranza" di Renzi sull'elezione diretta dei senatori. Che, come sa chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la legge, è una bufala degna del servizio antibufale di Blogo. Per il semplice motivo che qualunque legge con questo contenuto - a partire da quella presentata da Chiti-Fornaro (ed altri) - il giorno dopo il 4 dicembre, in caso di vittoria del SI, sarebbe palesemente incostituzionale. Contraria cioè alla Costituzione così come risulterebbe modificata all'articolo 57 che, molto semplicemente, recita "I consigli regionalieleggono i senatori tra i propri componenti".
La proposta di cui si parla prevede che i Consigli prendano atto del voto espresso dagli elettori in occasione delle Regionali, in una seconda scheda riguardante i senatori, e che il Consiglio Regionale ratifichi la scelta senza poterla modificare.
Ammesso che questa legge venisse calendarizzata, non servirebbe neppure il parere preventivo della Corte Costituzionale, richiesto dalla Costituzione modello Boschi per le leggi elettorali. Sarebbe palesemente improponibile. Ma oggi si può raccontare, tanto in campagna elettorale si può dire quello che si vuole. Anche a costo di rovinarsi la reputazione. Tanto più se a rovinarsela è un possibile competitor...
Una campagna basata sul voto di scambio
Non è del resto questa, delle lusinghe rivolte alla minoranza PD, la via maestra, il piano A della compagna di Renzi per il SI. La battuta “i voti si prendono a destra” non è peregrina e, a ben vedere, del tutto ragionevole. Nell'ambito della sinistra gli argomenti contro questa riforma hanno una solidità granitica perché ben piantati nei valori più profondamente (oltre che più ampiamente) condivisi. Per rendere un omaggio, tutto formale, a quel po' di sinistra che resta tenacemente attaccata al simbolo del PD può bastare anche un po' di cortina fumogena. Anche a rischio che di apparire un po' irriguardoso (non si prendono in giro i compagni di partito!).
Nossignori, la partita si gioca su un altro terreno, con altri mezzi. La strategia, che ha pagato in passato, è quella del voto di scambio. A Del Rio le interviste per coprire le retrovie, a Renzi l'occupazione militare delle TV per intestarsi lo spottone, una legge di stabilità (un disegno di legge, per essere precisi, “da consumare preferibilmente entro” il 4 dicembre) che centellina mance e promesse su una platea molto numerosa. I soldi sono pochi, e per di più sono tutti in forse, ma i bersagli sono tutti ben mirati: ceto medio, anziani e, sola classe di età all'interno del mondo giovanile, i diciottenni che si affacciano al voto per la prima volta.
Così facendo, Renzi fornisce un'ulteriore controprova a favore di uno degli argomenti più forti per votare NO.
Altro che democrazia governante! Qui c'è un governo che sta sgovernando, senza incontrare ostacoli nel suo cammino, continuando a buttare miliardi di euro dalla finestra, a spese delle generazioni future, mettendo a repentaglio la capacità del nostro Paese di tenere il campo nella globalizzazione. Tutto questo, avendo in testa un solo obiettivo. Quello di sottrarsi al controllo democratico, riducendo la partecipazione a un plebiscito permanente. Giocato ad armi impari.
Perché il coltello sta da una parte sola: “Mostra i denti il pescecane /e si vede che li ha / Mackie Messer ha un coltello / ma vedere non lo fa”.
Fonte: blog dell'Autore
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