La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 13 dicembre 2016

100 giorni di governo illegittimo in Brasile

di José Luiz Del Roio
La prima cosa da prendere in considerazione è che il 30 agosto 2016 c’è stato il colpo di Stato illegittimo che ha deposto la presidente costituzionale Dilma Rousseff. Ma non si può dimenticare che già da tre mesi Temer governava, sebbene ancora come sostituto, ma con un governo da lui (illegalmente) costituito. Quindi la disgrazia, la distruzione sociale ed economica dello Stato brasiliano dura già da più di sei mesi. Questo spiega l’accelerato franare della situazione. In poco più di un anno e mezzo, da quando è cominciata la grande confusione con il sabotaggio del governo Dilma in particolare da parte della Camera dei deputati, siamo passati dal 5% di disoccupazione a quasi 12%.
Cosa rara in un paese che non sia in guerra totale. E’ un dato feroce. Altro dato feroce riguarda la politica estera. Oggi è abbastanza chiaro, in base ai dati che sono emersi, che si è trattato di un’operazione realizzata da settori giudiziari brasiliani (sia il Procuratore generale della Repubblica che un gruppo di magistrati) in collaborazione con settori degli Stati Uniti. Tanto è vero che i magistrati, cosa assurda, stanno fornendo, e già hanno fornito, tutti i possibili dati perché imprese americane processino negli Usa la Petrobras. Forniscono anche dati concreti per processi contro la Nucleobras. È un comportamento che non si conosce nel pianeta. Non si conosce. Dunque questa parte della giustizia brasiliana è responsabile di alto tradimento nazionale. E tali considerazioni impongono di ritornare alla questione di base, cioè che sul piano strategico il golpe è contro il Brics. Una cosa che non era chiara, adesso lo è.
Altro punto è la disarticolazione della politica estera brasiliana in poche settimana. Cominciando con l’isolamento del Brasile all’interno del Brics, che è l’area più dinamica del pianeta, anche tecnologicamente, cioè è dove si deve stare, continuando con la distruzione del Mercosul nel tentativo di espellere il Venezuela, e proseguendo col blocco della Unasur. E tutto questo senza nessuna prospettiva, senza nessuna proposta di progetti. Si raggiunge addirittura il ridicolo in una questione di immagine, ma di un’ immagine pesante: al funerale di Fidel Castro chi ha rappresentato il Brasile con onori di capo di Stato sono stati la presidente Dilma e Lula. Con gli altri capi si Stato che non sono rimasti imbarazzati per questo, al contrario. Tutto ciò rivela la distruzione di un grande paese e della politica di un grande paese. Il gruppo golpista tifava per l’elezione della Clinton, pensando di potere fare grandi accordi di sottomissione agli Usa. L’ elezione di Trump lascia una incognita enorme. Tanto è che Trump per adesso non parla, ha parlato con vari presidenti latinoamericani per telefono, ma non parla con il Brasile. Sarebbe stato normale che il Brasile fosse contattato fra i quattro/cinque primi paesi del mondo, non dell’America Latina. Sono questioni assolutamente gravi per la politica nazionale.
Nella politica interna siamo in una vera follia. Soprattutto il progetto chiamato PEC 55 (Projeto de emenda costitucional), che è stato duramente condannato dalla presidente del Consiglio economico e sociale dell’ONU e dall’OEA/OSA (Organizzazione degli Stati Americani), è qualche cosa fuori dal mondo. Sospende gli investimenti per salute e educazione per 20 anni e anche gli interventi complessivi in campo sociale. Il Brasile non solo è un paese che ha immense carenze a livello educativo e sanitario, ma in cui la popolazione ancora cresce, c’è una crescita demografica. Come si fa con un blocco totale per 20 anni? Anche nelle politiche recessive e neoliberali estreme non si prendono misure di questo tipo. E’ evidente che sta crescendo una perplessità enorme. Si dice che bisogna ridurre il debito. Si noti che il debito brasiliano è il 60% del PIB, l’Italia supera il 120% e nessuno pensa (o se lo pensa non lo può fare) di finire con il sistema sanitario, con la scuola pubblica. Non esiste. Questo crea un malessere poderoso che porterà all’ esplosione sociale.
Altra cosa è l’allungamento del periodo lavorativo fino ad almeno 65 anni. Questo vale per uomini e donne in modo indiscriminato. Ma ci sono tipi di lavoro e tipi di lavoro. In Brasile esistono lavori molto primitivi, logoranti, esaustivi. Abbiamo ampie zone del Nord e del Nordeste in cui la durata media della vita è di 67 anni, non 80 come in Europa. Praticamente tutta la vita diventa lavoro. E senza un adeguamento legato al salario, quindi con una riduzione molto forte e costante del valore della pensione. Tutto ciò può senza dubbio essere fatto per le pensioni alte, ma per le pensioni minime, quelle del 90% dei pensionati, è fame sicura. Questi sono solo alcuni esempi, ce ne sarebbero altri, della violenza. Altra proposta infatti è la terziarizzazione del lavoro, porre fine al lavoro fisso. In un sistema violento come il Brasile la terziarizzazione significa semi schiavitù perché le leggi sul lavoro sono quelle che garantiscono ancora un minimo di civiltà nelle relazioni fra il capitale e il lavoro in Brasile. Senza questo …
Tutto ciò è possibile con il crescente venire meno del controllo sulla violenza poliziesca. Non direi che si tratta di una politica precisa. E’ una situazione di fatto. Le manifestazioni si susseguono in continuazione, grandi e piccole, e vengono sempre represse. L’ultima è stata quella dei funzionari pubblici di Rio de Janeiro, ai quali sono stati ridotti i salari, i salari bassi, ovviamente. La violenza poliziesca è stata qualche cosa di sproporzionato e senza controllo perché la stessa polizia si è scontrata con la polizia: infatti anche i poliziotti hanno avuto i salari ridotti. Drappelli abbandonavano il posto, altri invadevano il palazzo del governo dei deputati regionali. Stiamo cioè entrando in una fase di squilibrio con le forze che dispongono di armi (non le forze armate), cioè le polizie militari.
E il governo? La situazione è strana, perché il governo non è in grado di gestire il potere che ha usurpato. Si manifesta il cosiddetto lawfare, quell’abuso degli strumenti giudiziari, da parte del potere giudiziario stesso, che attacca gli ipotetici imputati come nemici da annientare. E in Brasile esso attacca in modo disperato la sinistra partendo da accuse di corruzione, deviazione di fondi ecc. Una azione sistematica e continuativa. E tutto ciò è fatto ( e non potrebbe essere fatto senza) con la connivenza assoluta al 100% della grande stampa televisiva e cartacea che è nelle mani di quattro famiglie. Quattro famiglie controllano tutti i mass media. Ma ad un certo momento, anche in un paese che sta vivendo uno stato di eccezione, i processi devono essere presentati. E quando le delazioni premiate vengono rese pubbliche risulta che ciò che è uscito sulla stampa per tre anni di seguito non esiste. Eppure gli stessi procuratori che conducevano le indagini dicevano che esistevano. Sistematicamente accusarono, solo per citare i casi più famosi, Lula e Dilma di essere corrotti. Quando si presentano i primi processi curiosamente ci sono i nomi di una miriade di golpisti, quasi tutto il governo Temer è coinvolto nella corruzione. Non ci sono citazioni di Lula o Dilma. Quindi è un mondo di follia, si sono passati tre anni con copertine di riviste, giornali, Tv annunciando che Lula e Dilma sarebbero stati arrestati domani, ancora domani e dopodomani perché le delazioni erano terribili. Quando diventano pubbliche le delazioni, quelle accuse non esistono. Quindi siamo in un momento in cui lo Stato si sta disfacendo.
Il momento è molto difficile per le forze democratiche, ancora non si sono riprese dal tipo di golpe per il quale non erano preparate, non erano assolutamente preparate per questo tipo di colpo di Stato. E’ molto probabile che la crisi si approfondisca, è probabile la caduta di questo governo e la promozione di una qualche elezione tampone. La sinistra deve puntare con decisione a elezioni dirette del presidente della Repubblica per concludere il periodo del mandato fino al 2018 e per avere elezioni regolari del presidente e del Parlamento alla scadenza del 2018. Bisogna scegliere in fretta un candidato per l’elezione tampone, sostenendo un fronte il più ampio possibile delle forze democratiche. Urge anche spiegare a 150 milioni di elettori brasiliani che cosa è successo. Non è facile, senza stampa, sotto l’incalzare di chiese neopentecostali fanatiche, sotto la pressione di immensi interessi internazionali. Dobbiamo peraltro aspettarci una lentissima, ma costante, mobilitazione della chiesa cattolica, che in Brasile ha peso anche se è molto intorpidita con l’immobilismo di 35 anni degli ultimi pontefici. Ma che ha recuperato forza con la scelta di Francesco. Tutto indica che la sua maggiore preoccupazione politica in America Latina è il Brasile insieme all’Argentina che formano un insieme comune, come hanno anche detto Cristina e Dilma pochi giorni fa.
Non è facile, ma possibile. E in Brasile non poche sono le forze politiche e sindacali, le reti di base, il complesso mondo sociale disposto a lottare.

Fonte: Rifondazione.it 

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