La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 10 ottobre 2015

La follia sociale

di Sarantis Thanopoulos
Dell’autore dell’ennesima strage avve­nuta in un col­lege ame­ri­cano, si sa poco. Si pre­sen­tava come un con­ser­va­tore repub­bli­cano, spi­ri­tuale ma non reli­gioso, cri­ti­cava il con­su­mi­smo, aveva un rap­porto mor­boso con la madre sepa­rata dal marito e non aveva mai avuto una ragazza. Nes­suno di que­sti fatti, preso in con­si­de­ra­zione in pre­ce­denza, avrebbe per­messo di pre­ve­dere e pre­ve­nire il suo gesto, anche se l’aver indi­cato tra i suoi hobby l’uccidere gli “zombi”, getta un po’ di luce, a poste­riori, sul mec­ca­ni­smo della sua azione.
I repub­bli­cani si sono aggrap­pati alla malat­tia men­tale, pro­te­stando per i pazzi lasciati girare libe­ra­mente tra la gente nor­male. Pen­sano che gli autori di que­ste stragi siano malati men­tali gene­ti­ca­mente pre­de­ter­mi­nati, per nulla col­le­gati al disa­gio sociale. Il loro agire sarebbe faci­li­tato dall’eccesso di tol­le­ranza nei con­fronti della devianza e solo inse­gnanti adde­strati all’uso delle armi potreb­bero fermarli.
In con­tra­sto, Obama ha ripro­po­sto il bando alla dif­fu­sione incon­trol­lata delle armi. La ragione è dalla sua parte (l’opinione pub­blica in gran parte no). La libera ven­dita delle armi non deter­mina diret­ta­mente le stragi, ma faci­lita pale­se­mente il loro com­pi­mento. Fatto ben più grave: è l’ideologia sot­to­stante alla ven­dita il “man­dante morale” degli assassini.
È grave cir­co­scri­vere le cause dei rap­tus di fol­lia omi­cida nell’ambito della malat­tia men­tale indi­vi­duale. Non per capirne la natura, ma per decre­tarne l’inaccessibilità, per chiu­derle nel recinto di un’insondabile mostruo­sità da iso­lare e repri­mere. Per quanto sia molto dif­fi­cile accet­tarlo, le stragi com­piute da una sin­gola per­sona, senza un movente defi­nito, non sono azioni indi­vi­duali. Indi­vi­duale può essere l’atto folle com­piuto sotto l’effetto di un’alterazione della per­ce­zione della realtà di tipo deli­rante e/o allu­ci­na­to­rio, in cui l’alterazione stessa è il ten­ta­tivo dispe­rato di indi­vi­dua­zione, attra­verso la per­so­na­liz­za­zione della pro­pria espe­rienza, in un mondo altri­menti privo di senso. Tut­ta­via, que­sto atto non sfo­cia mai in una strage indi­scri­mi­nata e rara­mente arriva all’omicidio.
Il plu­rio­mi­cida di Ore­gon non appar­tiene alla cate­go­ria delle per­sone che impaz­zi­scono per sog­get­ti­varsi, che si “rom­pono” per non disu­ma­niz­zarsi. Ha da tempo pagato il prezzo di una sper­so­na­liz­za­zione estrema della sua esi­stenza per non andare in pezzi. Si è man­te­nuto com­patto ade­rendo a ste­reo­tipi (la cui incoe­renza non fa che rin­for­zare l’indifferenza del vivere che pro­muo­vono). La sua azione di morte è stato un gesto estremo di dis-individuazione.
Quando il vivere sog­get­tivo tende a ridursi a un fatto ogget­tivo e si diventa zombi, ciò che resta vivo prende le sem­bianze di fan­ta­smi che osses­sio­nano. Si uccide per far spa­rire que­sti fan­ta­smi. Per nascon­dere al pro­prio sguardo lo zombi in cui si è tra­sfor­mati. Si pro­ietta que­sto zombi (in cui soprav­vive ancora qual­cosa di sé) negli altri e lo si elimina.
La fol­lia (non lo stato alte­rato di coscienza che può avere cause orga­ni­che) non allog­gia pri­ma­ria­mente nelle per­sone e nelle rela­zioni fami­liari, anche se è lì che si estrin­seca e può assu­mere una forma pri­vata, per­so­nale, o ano­nima. Abita le rela­zioni sociali, i luo­ghi della loro ogget­ti­va­zione in rap­porti di potere puri, total­mente astratti dal desi­de­rio.
Cosa signi­fica la com­pul­sione ad essere armati, se ciò non pro­tegge dalla vio­lenza ma espone mag­gior­mente ad essa? La volontà di scher­marsi, di annul­lare l’apertura alla vita: far a meno dell’altro, la forma asso­luta del potere. Que­sta volontà fab­brica da sola, nel silen­zio, i suoi “mostri”. Non li importa da Marte.

Fonte: il manifesto 

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