di Giovanni Battista Zorzoli
Secondo Luca Sforza (“L’inquinamento per il popolo”) dallo scandalo Volkswagen non può venire nulla di buono. Scrive infatti: “Qualcuno oggi favoleggia di fine del modello-auto che inquina, perché (finalmente) lo scandalo Vw potrebbe portare al trionfo dell’auto ibrida o meglio ancora elettrica, liberare i nostri cieli dal CO2 , ridurre l’effetto serra e produrre altre meraviglie davvero per il popolo, per l’ambiente e per le generazioni future. Ma sarà invece - sempre e ancora - un’auto; sia pure elettrica o a idrogeno o altro ancora. A vantaggio del profitto e del capitalismo (e dei capitalisti)”. E conclude che “risolveremo (forse) il problema dell’inquinamento, ma certo non quello del traffico, perché sarà ancora e sempre un muoverci individualmente ed egoisticamente(come nella nuova sharing economy)”.
Mi sembra una versione aggiornata del luddismo, criticato da Marx come forma di protesta che esprime una disperazione senza sbocco, alla quale contrapponeva un’analisi delle prospettive che aprivano proprio le macchine introdotte dal capitale.
In più mi ha ricordato il passaggio della “Linea di condotta”, dove Brecht mette in scena un inviato del Comintern in Cina, che accusa un giovane comunista locale di eccessiva pietà, in quanto ha cercato di alleviare le fatiche dei coolies, riducendo così il loro potenziale di rivolta.
In più mi ha ricordato il passaggio della “Linea di condotta”, dove Brecht mette in scena un inviato del Comintern in Cina, che accusa un giovane comunista locale di eccessiva pietà, in quanto ha cercato di alleviare le fatiche dei coolies, riducendo così il loro potenziale di rivolta.
Qualcosa di analogo si verificherebbe con l’auto elettrica. Risolveremmo per lo meno il problema dell’inquinamento urbano da polveri sottili, essenzialmente prodotte delle automobili, che, secondo un’indagine relativa soltanto alle otto principali italiane, provocano ogni anno circa 3.500 decessi, 5.000 ricoveri ospedalieri, decine di migliaia di casi di disturbi bronchiali e asmatici. Per non parlare dell’inquinamento acustico, di cui il traffico stradale è la principale fonte. Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, per garantire condizioni accettabili di comfort negli ambienti interni, il livello massimo diurno di rumore ammissibile in ambiente esterno non dovrebbe superare 65 decibel, ma, per evitare conseguente dannose, sarebbe opportuno mantenerlo sotto 55 decibel. In Italia la soglia di 65 decibel è superata in quasi tutte le città e si stima che più il 72% della popolazione sia esposta a livelli di rumore superiori ai limiti massimi stabiliti dalla normativa vigente. Fra le principali conseguenze, disturbi del sonno, ipertensioni, malattie ischemiche cardiache, aggressività, effetti sulla salute mentale, disfunzioni uditive. Effetti che possono facilmente combinarsi nei gruppi più vulnerabili, come i bambini e le persone indebolite da altre patologie.
È meglio che le persone continuino a soffrire per le conseguenze del traffico urbano, così (forse) si incazzano di più?
Quanto alla sharing economy, è vero che oggi si sviluppa più facilmente quando offre opportunità di profitto. Il car sharing ne è la dimostrazione più lampante. Anni fa venne lanciato a Milano da un’associazione ambientalista, ma non ebbe successo. Adesso che, in Italia come altrove, è in mano a chi l’ha impostato come un business, funziona. A parte i vantaggi pratici – l’uso generalizzato del car sharingdimezzerebbe le vetture parcheggiate nelle strade – quando un numero crescente di persone, come sta avvenendo, trova più conveniente (non solo dal punto di vista economico) usare un’auto, invece di possederla, in loro incomincia a cambiare la scala dei valori che gli è stata inculcata fin dall’infanzia. Poiché forme di sharing economy, viste come opportunità di profitto, incominciano a diffondersi in altri ambiti, questa mutazione culturale è destinata ad allargarsi e a generalizzarsi.
Entro questi limiti, rimane una mutazione, non si trasforma automaticamente in nessun tipo di rivoluzione. Tuttavia, sarebbe bene ricordarsi che, sempre secondo Marx, il capitale nutre del proprio seno la propria serpe. E la sharing economy, che rende obsoleto il concetto di proprietà, non è un piccolo, innocuo serpente.
Fonte: Alfabeta2
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