di Francesco Tupone
L’innovazione tecnologica ha pervaso e permeato tutta la società in cui viviamo: non è solo la telecomunicazione, la connettività, il flusso di informazioni, la memorizzazione dei dati e la loro aggregazione, è cambiata la modalità produttiva e la natura dei beni prodotti, l’organizzazione del lavoro, la socialità, il rapporto tra le persone ormai sempre più mediato dal digitale, lo scambio culturale, l’accesso alla conoscenza, il consumo e la fruizione dei beni e dei servizi.
La tecnologia digitale ha modificato, e modificherà in maniera sempre più accelerata la nostra esistenza, trasformando la nostra stessa percezione e visione del mondo.
Internet, la rete, il digitale hanno aperto spazi di libertà, impensabili fino a decenni fa, sono state rese possibili grandi opere, frutto della cooperazione e della condivisione di migliaia e migliaia di uomini e donne, come il software libero, Linux e il progetto GNU; come Wikipedia, la più grande raccolta del sapere dell’Umanità, ma anche WikiLeaks il portale dove vengono raccolti e resi pubblici documenti coperti da segreto, per garantire la trasparenza come garanzia di giustizia, libertà e democrazia.
Ma dal digitale pervengono anche delle minacce alla nostra esistenza: non solo scandali come quello della NSA, l’ente di sicurezza nazionale statunitense scoperto nel sorvegliare e memorizzare tutte le mail e i messaggi transitanti sulla rete e sull’etere, spiando addirittura capi di governo alleati, ma il pericolo proviene anche dal processo di concentrazione dei servizi basati su internet, social network, intermediazioni, distribuzioni (Google, Microsoft, Facebook, Amazon, Ebay….) che riescono a memorizzare e profilare tutti gli utenti aggregando la miriade di dati e tracciando comportamenti, movimenti, gusti e abitudini di vita.
Ma questo è solo un aspetto del pericolo proveniente dall’epoca del digitale: le innovazioni dei processi e l’automazione accelerata, estrometteranno sempre più lavoratori dai cicli produttivi, si prospetta una società dove il lavoro diminuirà e la precarizzazione e la disoccupazione di massa saranno la norma per larghe fette della popolazione.
Il mondo verso un bivio: dominio o liberazione
Il mondo si sta avvicinando verso un bivio, tutto dipende da quali saranno gli attori protagonisti dell’innovazione, da chi avrà la disponibilità della tecnologia:
se la tecnologia sarà solo in mano alle grandi corporation, è facile prevedere forme di dominio (dominio e non più solo sfruttamento, perché il lavoro sarà sempre più subordinato e ridotto rispetto a chi controllerà i mezzi di produzione digitale e materiale). Forme di dominio accompagnate dalla cessione verso i produttori, della costruzione del senso, dei gusti, delle tendenze, degli stili di vita, della domanda di beni e servizi sempre più condizionati, indotti e determinati da chi avrà in mano l’organizzazione della produzione.
Se invece la tecnologia sarà distribuita e disponibile verso il basso, verso le comunità organizzate, allora saranno percorribili sperimentazioni di liberazione del lavoro, di produzione digitale senza capitale, ma anche di autoproduzione materiale (è quello che promettono le stampanti 3D, il software e l’hardware libero, i sistemi di produzione di energie rinnovabili economici ed in scala ridotta), sarà possibile organizzare forme di consumo collettivo, forme di economia e finanza basate su condivisione, cooperazione, reputazione, sarà possibile cioè costruire un nuovo modello di sviluppo teso alla sostenibilità ecologica, al progresso e all’emancipazione.
Non bisogna dimenticare che la produzione digitale è oggi prevalente rispetto a quella materiale, la riproducibilità e condivisibilità dei beni digitali mette in crisi il concetto di scarsità ovvero mette in crisi le basi stesse dell’economia classica.
La produzione materiale stessa, con l’uso di materiali riciclabili e processi manifatturieri in scala ridottissima, sta seguendo in molti settori lo schema della produzione digitale, dove conta sempre più lo studio e la condivisione della conoscenza, la condivisione dei metodi produttivi (knowhow condiviso), non più il processo di realizzazione vero e proprio, sempre più marginale e posto come appendice ultima del processo cognitivo.
Possiamo azzardare che, almeno in alcuni settori, è realizzabile l’abbondanza senza scarsità.
Cinque valori per la Politica
In questa fase storica cambia la funzione della politica che vuole rappresentare il mondo del lavoro e dei produttori di valore diretti e indiretti, espliciti ed impliciti, spesso coincidenti con i consumatori (i famosi prosumers). La politica deve acquisire consapevolezza e deve riorganizzarsi e progettarsi per affrontare le sfide del “digitale”.
In questa fase storica cambia la funzione della politica che vuole rappresentare il mondo del lavoro e dei produttori di valore diretti e indiretti, espliciti ed impliciti, spesso coincidenti con i consumatori (i famosi prosumers). La politica deve acquisire consapevolezza e deve riorganizzarsi e progettarsi per affrontare le sfide del “digitale”.
La politica deve necessariamente fare propri i valori più avanzati e nobili della rete, elencati in cinque grandi categorie:
Trasparenza, Condivisione, Cooperazione, Autoorganizazione e Solidarietà.
Sono valori comunitari, sovrapponibili e coincidenti non solo con i valori del socialismo primordiale, ma di tutte le comunità di uomini e donne che si univano per affrontare le difficoltà della vita.
Declinati oggi possono offrire un percorso utile ed efficace per superare difficoltà, divisioni, esitazioni, non sono valori astratti ma sono valori che riescono a far avanzare i conflitti verso un percorso costruttivo se non risolutivo, possono offrire risposte ai problemi dei lavoratori, della cittadinanza, del precariato.
A ben vedere sono i valori contrari rispetto a quelli in cui la politica oggi viene percepita, anche quella di sinistra: ambiguità, egoismo, rivalità, attendismo, indifferenza.
I cinque valori positivi riescono a dare una precisa linea sugli indirizzi di una formazione politica che riesca anche a dare un senso al termine “sinistra” oggi sempre più degradato, immerso come è in una politica degenerata.
Costruzione di una formazione politica adeguata ai tempi
Per la formazione di un nuovo soggetto politico, che abbia un largo respiro e non si riduca in una alleanza destinata a fallire in poco tempo, sono quattro le fasi necessarie e indispensabili da percorrere, caratterizzate da una precisa sequenza:
1) Elaborazione condivisa di una precisa Analisi della società, o meglio, della fase attuale del capitalismo (quella che in gergo aziendale/informatico/analisi di processi viene denominata &as-is&)
2) Elaborazione di un Progetto per superare contraddizioni, storture e limiti del mondo attuale (la situazione futura desiderata, detta anche to-be associata ad una strategia)
3) Elaborazione di un Programma, una serie di idee e proposte per mettere in atto il progetto (sempre utilizzando il gergo di analisi dei processi una sorta di lista “to do”)
4 ) la formazione di una Classe Dirigente, non preordinata, ma selezionata tra quanti sanno e sapranno meglio interpretare le tre istanze precedenti.
I valori della rete alla base della nuova formazione politica
Un nuovo partito politico deve far propri i cinque valori della rete prima elencati, per potersi formare su basi solide e durature, per essere in grado di dare risposte e soluzioni, reali e percorribili, e sfidare sul terreno dell’innovazione gli avversari, per costruire un nuovo modello di sviluppo.
La costruzione di una “Analisi della fase” è oggi impraticabile senza trasparenza, cooperazione e condivisione, non si possono definire le categorie e le classi rappresentate, gli interessi da difendere, i nemici e gli avversari senza chiarezza.
Analogamente per costruire il “Progetto”, non si può presumere di non cogliere le potenzialità abilitanti che la rete e il digitale mettono a disposizione delle comunità, l’autoorganizzazione e la solidarietà attiva sono imprescindibili per pensare a forme di mutualismo praticabile anche prima di andare al governo o prendere la guida politica di uno Stato: un progetto occorre costruirlo basandosi sull’attivismo della cittadinanza, realizzando, praticando, sperimentando e alludendo ad un mondo migliore.
Anche il “Programma politico” non è realizzabile senza rispettare la trasparenza delle azioni, la condivisione delle elaborazioni, la cooperazione tra i soggetti, la promozione di forme di autoorganizzazione e mutualismo, ovvero la solidarietà tra la cittadinanza.
Le idee si condividono e le proposte si costruiscono insieme!
La forma di organizzazione della politica deve far rimandare alle nuove forme di relazioni culturali in cui siamo immersi, che impongono democrazia partecipata, basata su trasparenza, collaborazione e condivisione; in questo senso la selezione della “Classe Dirigente” dovrà essere basata sull’autorevolezza e la competenza, qualità che non si riescono a costruire senza trasparenza, condivisione, cooperazione, solidarietà e propensione alla proattività, a fare e costruire (autoorganizzare).
Il digitale sta cambiando il mondo, noi dobbiamo cambiare la politica costruendo una organizzazione nuova, che guardi ad un nuovo modello di sviluppo, che elabori e progetti idee e proposte adeguate e adotti forme organizzative e di partecipazione in grado di contrastare con efficacia i pericoli del digitale e allo stesso tempo riesca a valorizzare le potenzialità positive che la nuova era digitale ci offre.
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