di Fabio Veronica Forcella
Sono ore frenetiche per i tecnici del ministero dell’Economia (Mef), da giorni alle prese con le coperture disponibili per la riduzione delle tasse promessa, a più riprese, dal presidente del Consiglio. Il problema più complicato adesso, secondo indiscrezioni, sarebbe anche quello legato all’equità delle misure.
Perché, una cosa è certa. Nella prossima Legge di Stabilità il taglio delle tasse, sia quello sulla prima casa, sia quello sulle imprese, rischia di essere profondamente iniquo.
Quello che a via XX Settembre vorrebbero evitare è che i benefici maggiori interessino quasi esclusivamente le classi sociali più abbienti — nel caso del possibile taglio o abolizione della Tasi, la tassa sulla prima casa -, e le grandi imprese, con il taglio di un punto percentuale dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società, istituita nel 2004 dal governo Berlusconi.
Il premier vorrebbe a tutti i costi anticipare il taglio dell’Ires al 2016, ma il problema al Mef sono le coperture e la sostenibilità dei conti da portare a Bruxelles.
Dai calcoli elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani sempre pronta con la calcolatrice in mano tutte le volte che il governo annuncia una nuova misura, si scoprono profonde iniquità.
Se nella prossima manovra verrà abolita la tassa sulla prima casa per tutti (le famiglie che potrebbero beneficiare di questa abolizione sono circa 19 milioni), i vantaggi maggiori saranno — ovviamente — per chi possiede una villa, un castello o anche solo un appartamento signorile nel centro storico di una grande città.
Infatti, se per i possessori delle abitazioni residenziali di categoria A2, il “taglio” sarà di circa 227 euro l’anno, e per gli alloggi popolari di categoria A3, di 120 euro, quelli che avranno un beneficio ben più grande, saranno proprio i possessori di una abitazione di tipo signorile o di una villa, con un “regalo” che si aggira intorno ai 1.830 euro l’anno.
Per non parlare dei proprietari di castelli, che potranno godere di un risparmio che la Cgia di Mestre ha calcolato vicino ai 2.300 euro. Anche per questo, forse, perfino il governo Berlusconi, quando intervenne sull’Ici, tenne fuori dall’abolizione questi ultimi tipi di “abitazione”.
È importante sottolineare, inoltre, che — come già avvenne l’anno scorso con il bonus degli 80 euro in busta paga, che escludeva chi un lavoro non lo aveva — rimarrebbero fuori tutti quei contribuenti che non posseggono alcun immobile. Un dettaglio non da poco.
La stessa disparità di trattamento la si riscontra analizzando i dati relativi all’ipotetico taglio di un punto percentuale dell’Ires, la tassa sul reddito delle società, che Matteo Renzi, nel corso della trasmissione In mezz’ora, ha annunciato di voler abbassare gradualmente già dall’anno prossimo.
L’intervento interesserà solamente il 12% delle imprese italiane e, anche in questo caso, i vantaggi maggiori riguarderanno le grandi società e le multinazionali. E in un paese storicamente caratterizzato da un tessuto imprenditoriale fatto all’85% da piccole e medie imprese, non si può certo sostenere che la misura sia equa.
Tenendo conto che le società interessate dalla misura sono circa 620 mila e che gli utili sono tassati con un’aliquota al 27,5%, gli artigiani di Mestre hanno calcolato che ogni punto di riduzione dell’aliquota Ires consentirebbe alle società di capitali e ai grandi gruppi di società di pagare complessivamente 1,2 miliardi di euro in meno di tasse l’anno.
Ma anche tra le grandi imprese, si registrano differenze significative. Se il taglio di un punto percentuale di Ires per le società di capitali significa risparmiare 1.232 euro, per ciascun gruppo di società (società finanziarie e di investimento, società controllate e collegate, etc.), il beneficio fiscale sarebbe molto più conveniente: ben 137.889 euro.
Una disparità messa in evidenza da Paolo Zabeo, responsabile dell’Ufficio studi della Cgia che sottolinea come con il taglio dell’Ires promesso da Renzi «i vantaggi fiscali andrebbero prevalentemente alle grandi imprese». Al contrario, una riduzione dell’Irap costerebbe di più, ma interesserebbe tutte le imprese, anche quelle più piccole come le ditte individuali o le società di persone. Un intervento che vale circa 4 miliardi di euro, ma che lo stesso Zabeo non esita a definire «più giusto e più equo».
Forse, anche per questo, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha mostrato molta prudenza nel commentare la notizia. E non solo perché vuole vedere se effettivamente il taglio dell’Ires sarà già nella prossima Legge di Stabilità, come ennesimo regalo del governo Renzi alle grandi imprese, ma anche per non scatenare immediate reazioni dal mondo della micro, piccola e media imprenditoria.
Fonte: il manifesto
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