La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 novembre 2015

Dalla Tolleranza Zero al Decoro

di Alessandro De Giorgi
La letteratura sociologica dominante sulla paura della criminalità ha evidenziato come il senso di insicurezza urbana sia relativamente indipendente dal rischio di esposizione a eventi criminali, ma sia spesso legato a percezioni di disordine, caos, e degrado. Sulla scia di queste ipotesi, emergeva dunque negli anni Novanta l’idea che fosse necessario da parte degli organi di governo delle città farsi carico di questo sentimento di insicurezza mediante l’adozione di politiche locali che incidessero sulle cosiddette “inciviltà” urbane, ovvero su comportamenti che anche senza integrare fattispecie criminali potevano tuttavia generare sentimenti di paura e insicurezza, soprattutto in determinate categorie di cittadini ritenuti particolarmente vulnerabili, come donne e anziani. L’insistenza sul decoro e sulla qualità della vita rappresentava dunque un tentativo di rassicurare una parte della popolazione senza influire sulle dinamiche di produzione della criminalità stessa.
Pur avendo alcuni meriti — per esempio l’idea che la “sinistra” accademica e politica dovesse farsi carico di questioni come la sicurezza urbana, la paura della criminalità, e più in generale la questione criminale, tradizionalmente monopolizzate dalla “destra” populista— dal mio punto di vista quell’ipotesi è drammaticamente fallita. Le politiche di riduzione dell’insicurezza basate su nozioni restrittive di decoro e di civiltà urbana producono effetti paradossali, diametralmente opposti a quelli auspicati da coloro che le avevano sostenute da una prospettiva progressista. Tanto in Italia quanto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e Francia — giusto per portare alcuni esempi — le politiche di rassicurazione dell’opinione pubblica fondate sul cosiddetto disordine urbano e focalizzate sull’obbiettivo di ristabilire il decoro e la qualità della vita, hanno in realtà l’effetto di omogeneizzare lo spazio pubblico: queste politiche ambiscono in effetti a ripulire lo spazio urbano. Il decoro coincide dunque con un intervento di “igienizzazione” dello spazio—uno spazio che è sicuro e decoroso quando non è più attraversato da figure o gruppi sociali ritenuti indesiderabili: senza fissa dimora, tossicodipendenti, sex workers, immigrati, e così via.
Queste politiche producono effetti paradossali perché le persone sviluppano quello che Bourdieu avrebbe definito l’habitus ad interagire con uno spazio urbano interamente ripulito di figure ingombranti, scomode, indesiderabili. Il problema è che in questo modo la tassonomia dell’indesiderabilità sociale tende ad estendersi indefinitamente, fino al momento in cui ad essere allo status di frequentatori legittimi dello spazio urbano cui rimangono soltanto cittadini benestanti alla guida di enormi SUV o impegnati a consumare risorse negli spazi privatizzati della città neoliberale. Ma anche quando lo spazio urbano si ripulisce, la paura aumenta. È un dato ovvio di psicologia individuale, prima ancora che sociale: quanto meno le persone sono esposte alla differenza e all’altro da sé, tanto più tali differenze alimentano paure e angosce.
Ma come si dispiegano queste dinamiche nel contesto statunitense? La traduzione inglese del termine decoro è decency—in italiano “decenza”; non esiste insomma un termine equivalente a “decoro”, che sia letteralmente applicabile alle politiche di sicurezza urbana e di governance metropolitana negli Stati uniti. È evidente però che esistono altri concetti che hanno acquisito una posizione altrettanto centrale nel discorso pubblico sulle politiche di sicurezza urbana negli USA, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta. Questo insieme di discorsi e politiche ha funzionato da serbatoio concettuale per una serie di analoghe strategie e pratiche di governo della sicurezza urbana che si sono sviluppate in Europa a partire dagli anni Novanta. Queste politiche sono legate al concetto di quality of life (qualità della vita) a livello urbano, e si dispiegano attraverso strategie di polizia orientate a ristabilire una qualità della vita che — nelle diagnosi di intellettuali mainstream, di think tank conservatori, e di politici in cerca di consensi — sarebbe venuta meno proprio in seguito alla presenza crescente di gruppi sociali indesiderati o pericolosi.
Questo articolo è un estratto del prezioso contributo che Alessandro De Giorgi, docente alla San Jose University [...] e autore di numerosi testi su politiche securitarie e controllo urbano, ci ha inviato in occasione della giornata “Contro il Decoro” del 7 novembre.

Fonte: dinamopress.it 

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