La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 6 novembre 2015

Renzi cambia verso: droni con «licenza di uccidere»

di Matteo Bartocci
Il Dipar­ti­mento di stato e il Pen­ta­gono hanno detto sì. L’Italia sarà l’unico paese del mondo, dopo la Gran Bre­ta­gna, a rice­vere dagli Stati uniti mis­sili e bombe per armare i pro­pri droni, ren­den­doli in grado di ucci­dere. La noti­zia, rac­colta dalla Reu­ters e ripresa dai prin­ci­pali gior­nali ita­liani, cade nel più totale silen­zio della politica.
Spon­sor forte dell’operazione è il segre­ta­rio di stato John Kerry, che fin dal 2012, quando era sena­tore, si espresse uffi­cial­mente a favore della ven­dita all’Italia. Il Con­gresso, secondo il prin­ci­pio del silen­zio assenso ha ora 15 giorni per opporsi alla deci­sione del governo Obama ma è deci­sa­mente impro­ba­bile che lo faccia.
Da quel momento, la palla sarà tutta in mano a Palazzo Chigi, che pre­su­mi­bil­mente dovrà fir­mare i nume­rosi pro­to­colli «riser­vati» pre­vi­sti nella ven­dita. Secondo Reu­ters il governo degli Stati uniti acqui­sterà da Gene­ral Ato­mic e poi riven­derà all’Italia 156 mis­sili AGM-114R2 Hell­fire (pro­dotti dalla Loc­kheed Mar­tin), 20 bombe GBU-12 a guida laser, 30 bombe GBU-38 JDAM e altri arma­menti per un con­tratto sti­mato ini­zial­mente in 129,6 milioni di dol­lari (119 milioni di euro). L’Italia potrà così armare 2 droni Mq-9 Rea­per con 14 mis­sili aria-terra e 2 bombe per ogni mis­sione. I Rea­per sono 9 volte più potenti e il dop­pio più veloci dei più cono­sciuti Pre­da­tor.
Alle muni­zioni, vanno aggiunti almeno altri 30 milioni di euro per l’addestramento del per­so­nale e l’aggiornamento del soft­ware impie­gato. Ed è pra­ti­ca­mente certo che, vista la palese con­si­de­ra­zione del nostro paese a Washing­ton, saremo casual­mente anche tra i primi ad acqui­stare dal 2018–2020 l’evoluzione del Rea­per, il Pre­da­tor B-RPA, spen­dendo altre cen­ti­naia di milioni di euro in arma­menti d’attacco. Inol­tre, va ricor­dato che la richie­sta ita­liana riguar­dava 6 Rea­per e dun­que non è escluso che le fat­ture verso Washing­ton pos­sano lie­vi­tare nel pros­simo futuro dopo il primo via libera.
Sono quat­tro anni che l’aeronautica aspetta. La richie­sta fu avan­zata dal governo Ber­lu­sconi nel 2011 ed è stata ripe­tuta da tutti gli ese­cu­tivi suc­ces­sivi (Monti, Letta e Renzi) nel silen­zio totale del parlamento.
Oggi l’unica voce cri­tica viene da Dona­tella Duranti di Sel: «Siamo con­trari – dice la capo­gruppo in com­mis­sione Difesa alla camera — all’acquisto di stru­menti di guerra che hanno poco a che fare con la difesa e che hanno un mar­gine di errore tra obiet­tivi mili­tari e civili molto alto. Chie­diamo al mini­stro Pinotti di venire a rife­rire urgen­te­mente in aula per­ché il Par­la­mento e il Paese hanno il diritto di valu­tare l’opportunità di acqui­stare droni armati, sapere a cosa ser­vi­ranno e come e per quali fina­lità ver­ranno impiegati».
L’ex capo di stato mag­giore dell’Aeronautica Leo­nardo Tri­ca­ricoesulta: «Non si ha ancora la per­ce­zione del ruolo fon­da­men­tale che i droni rico­prono nei moderni con­flitti asim­me­trici. La dot­trina mili­tare andrà sicu­ra­mente riscritta da capo. I droni pos­sono age­vol­mente svol­gere mis­sioni di con­tra­sto alle orga­niz­za­zioni cri­mi­nali che lucrano sull’immigrazione». Tri­ca­rico è sicuro: «Sarebbe un gioco da ragazzi per l’Aeronautica, che uti­lizza i droni da undici anni, distin­guere le unità impie­gate per la pesca da quelle usate per orga­niz­zare i viaggi dei migranti, gra­zie alle capa­cità di intel­li­gence assi­cu­rate da mezzi che pos­sono garan­tire una per­ma­nenza pra­ti­ca­mente illi­mi­tata sopra l’obiettivo».
Pec­cato per il gene­rale, però, che i Drone papers pub­bli­cati qual­che giorno fa da the Inter­cept dimo­strino esat­ta­mente il con­tra­rio. Il bilan­cio della guerra «senza pilota» è deso­lante secondo i docu­menti riser­vati dello stesso Pen­ta­gono dif­fusi da Gree­n­wald e Poi­tras: il 90% delle vit­time è non iden­ti­fi­cato o errato, cer­ta­mente non l’obiettivo ori­gi­na­rio.
Recen­te­mente, anche Mario Pla­tero sul Sole 24 Ore ha rilan­ciato tutte le cri­ti­che nell’uso mili­tare dei droni, che l’Italia potrà usare per ucci­dere solo in stretto rac­cordo con gli Usa.
L’impiego dei droni kil­ler nel Medi­ter­ra­neo, almeno nel breve ter­mine, è avva­lo­rato da un’altra deci­sione di ieri degli Stati uniti ripor­tata da El Pais: il dislo­ca­mento di 5 enormi droni Glo­bal Hawk da rico­gni­zione nella base (guarda caso) di Sigonella.
In Europa i Rea­per ce l’hanno solo Ita­lia, Fran­cia, Ger­ma­nia e Gb. La Fran­cia li ha dislo­cati, disar­mati, in Sahel e Lon­dra li usa in Iraq.
L’autorizzazione di Washing­ton a Roma sem­bra spez­zare que­sto fronte politico-economico, facendo dell’Italia un rom­pi­ghiac­cio, come già acca­duto per F35 e Eurofighter.
Non è un caso, forse, che a mag­gio i mini­stri della Difesa di Ita­lia, Fran­cia e Ger­ma­nia hanno fir­mato un pro­to­collo che pre­vede entro il 2025 la pro­du­zione di un drone mili­tare tutto made in Europe, la prima embrio­nale dichia­ra­zione di affran­ca­mento dalla tec­no­lo­gia mili­tare Usa.
I Rea­per ita­liani sono gui­dati dal 28° gruppo «Stre­ghe» del 32° Stormo dell’Aeronautica Mili­tare di Amen­dola, nel Gar­gano (Foggia).
Hanno alle spalle un’attività molto intensa per la quale il 4 novem­bre scorso sono stati pre­miati dal pre­si­dente Mat­ta­rella: Afgha­ni­stan, Iraq, Mare Nostrum, Kosovo, moni­to­rag­gio anti Isis dal Kuwait, per­lu­stra­zioni anti-pirateria nell’Oceano Indiano e Corno d’Africa da Gibuti. Ma con­tra­ria­mente al senso comune hanno già volato anche nei cieli ita­liani. Anzi, secondo un accordo siglato un anno fa tra Aero­nau­tica Mili­tare, Poli­zia di Stato e Arma dei Cara­bi­nieri i Pre­da­tor (non armati) pos­sono essere impie­gati «per con­trol­lare mani­fe­sta­zioni, stadi, strade, auto­strade e sor­ve­gliare aree spe­ci­fi­che». Nel 2007 i Pre­da­tor hanno sor­ve­gliato il ver­tice Russia-Italia a Bari e nel 2009 il G8 all’Aquila (qui la scheda su come fun­ziona un drone mili­tare).
Secondo fonti ame­ri­cane non con­fer­mate, sareb­bero stati impie­gati anche in Sici­lia in ope­ra­zioni anti-mafia.

Amen­dola e Sigo­nella sono insomma le due basi ita­liane dei droni.
Ma è sulla Puglia, soprat­tutto, che punta l’Aeronautica. Lavori di poten­zia­mento e adat­ta­mento al volo not­turno avviati a mag­gio scorso ren­de­ranno Amen­dola uno dei più impor­tanti aero­porti mili­tari ita­liani.
Se la poli­tica fa finta di non sapere, la Difesa invece si muove per tempo.

Fonte: il manifesto 

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