La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 7 novembre 2015

Intervista a Evo Morales: «Cittadinanza universale per tutti gli oppressi»

di Geraldina Colotti
C’è neb­bia, al mat­tino pre­sto all’aeroporto mili­tare di Ciam­pino. Per que­sto il pre­si­dente boli­viano Evo Mora­les atterra in ritardo. E dovrà strin­gere i tempi dell’agenda, fitta di incon­tri. Sulla pista, lo atten­dono anche i ver­tici di Fin­mec­ca­nica, per illu­strar­gli i pregi di eli­cot­teri e droni. Mora­les si guarda intorno. Prima di entrare in una car­linga abbrac­cia un volto amico. Il tempo di qual­che foto, e poi via verso Roma. Al Senato, ha un incon­tro con il pre­si­dente Pie­tro Grasso. Alla camera, è rice­vuto dalla pre­si­dente Laura Boldrini.
Nel pome­rig­gio lo aspet­tano alla Sapienza, per con­fe­rir­gli un dot­to­rato hono­ris causa in Scienze della comu­ni­ca­zione: «Mora­les è un grande comu­ni­ca­tore, che più di tutti ha posto al cen­tro la con­trad­di­zione capitale-natura — dice al mani­fe­sto il pro­fes­sor Luciano Vasa­pollo — . Una visione nuova che pone il vivir bien, la filo­so­fia andina, come una pos­si­bi­lità di vita diversa anche nelle società come le nostre, ormai com­ple­ta­mente sof­fo­cate dalla logica del profitto».
A fine gior­nata, Mora­les incon­tra il sin­da­cato Usb e il depu­tato Ales­san­dro Di Bat­ti­sta, del Movi­mento 5 Stelle. E poi di corsa all’aeroporto, per le ultime due tappe del viag­gio in Europa: a Parigi e poi a Dublino.
A mez­zo­giorno, posti­cipa il pranzo per par­lare con il mani­fe­sto: «Gior­na­li­sti affa­ma­tori — , scherza — mi avrete sulla coscienza». Ma poi trova ancora il tempo di ricam­biare gli omaggi di poli­tici e movi­menti, e di fir­mare diverse copie di El libro del mar. Un cor­poso volume che docu­menta e spiega lo sto­rico con­ten­zioso con il Cile per uno sbocco al mare, che La Paz ha perso in un con­flitto bel­lico con San­tiago alla fine del secolo XIX.
«Qui si docu­menta — dice il pre­si­dente — la chiu­sura ingiu­sta che è stata impo­sta alla Boli­via e i nume­rosi ten­ta­tivi di tro­vare una solu­zione negoziata».
Per ora, nono­stante una prima aper­tura della pre­si­dente cilena, Michelle Bache­let durante il suo man­dato pre­ce­dente, le parti non sono andate molto avanti. La Corte dell’Aja, ha recen­te­mente ria­ni­mato le spe­ranze della Boli­via, rite­nen­dosi com­pe­tente ad acco­gliere il reclamo di Mora­les. E adesso — gli chie­diamo — a che punto è la questione?
«Noi cer­chiamo una solu­zione nego­ziata — risponde — In molti, nel corso di que­sti anni ci hanno capito, anche negli Stati uniti. Ulti­ma­mente, il papa Fran­ce­sco ha espresso la sua opi­nione al riguardo, e la can­cel­liera tede­sca Angela Mer­kel ritiene che le con­ver­sa­zioni con il Cile vadano riprese. Noi cre­diamo nella forza della ragione, non in quella che sta­bi­li­sce vinti e vin­ci­tori. Non è più tempo di domi­nio e asim­me­tria e di inter­venti armati, ma di inte­ra­zione e complementarietà».
Prima di venire a Roma, Mora­les è stato a Ber­lino, dove ha incon­trato la can­cel­liera Angela Mer­kel: che si è detta «impres­sio­nata» dagli ottimi risul­tati eco­no­mici della Boli­via e dai pro­gressi sociali. Mer­kel ha dato per certa l’apertura di una nuova tappa nella coo­pe­ra­zione bila­te­rale. Ma su quali basi? Anche per Mora­les è arri­vato il tempo della Troika?
Il pre­si­dente sor­ride: «Il tempo delle rela­zioni bila­te­rali asim­me­tri­che, per noi è finito. Angela Mer­kel mi ha chie­sto di svi­lup­pare una rela­zione com­mer­ciale basata sul rispetto del nostro modello eco­no­mico alter­na­tivo, della nostra dif­fe­renza che mette al cen­tro la ridu­zione della povertà e lo svi­luppo sociale. Non chie­diamo di essere risar­citi per 500 anni di rapina, ma rela­zioni basate sul rispetto. Abbiamo biso­gno di tec­no­lo­gia per svi­lup­pare il set­tore ener­ge­tico, quello delle rin­no­va­bili e delle miniere. Sap­piamo di dover col­mare delle carenze in diversi campi, da quello della sicu­rezza a quello della giustizia».
Per que­sto, ad Amburgo, nel giorno dell’America latina, Mora­les ha par­te­ci­pato come invi­tato d’onore a un impor­tante forum degli inve­sti­tori a cui si sono recati prima di lui anche Bache­let e l’uruguayano Pepe Mujica. Ma come mai, men­tre le altre eco­no­mie dell’America latina bat­tono la fiacca, quella della Boli­via con­ti­nua ad avere il vento in poppa?
«In dieci anni di governo — risponde Mora­les — abbiamo più espe­rienza. Abbiamo impa­rato dalle crisi, soprat­tutto da quella economico-finanziaria degli Usa, del 2008–2009. Abbiamo impa­rato a non essere dipen­denti dal prezzo dei mine­rali. Abbiamo impa­rato a blin­darci. E oggi siamo il primo paese in cre­scita in Ame­rica latina».
Dieci anni fa — ricor­diamo — l’arco dei paesi dell’Alba, ha scon­fitto i pro­getti neo­li­be­ri­sti dell’Alca, l’Accordo di libero com­mer­cio voluto da Bush per le Ame­ri­che. Ma oggi c’è l’Alleanza del Paci­fico e il ritorno in forze delle destre in Ame­rica latina. E nel Mer­co­sur, Vene­zuela e Boli­via sono stati gli unici paesi a rifiu­tare l’accordo di libero com­mer­cio con l’Europa nell’ambito del Ttip. Mora­les, però, con­fida «nella coscienza dei popoli. Il capi­ta­li­smo e l’imperialismo — dice — non pos­sono ingan­narli a lungo. Fin­ché esi­ste­ranno ingiu­sti­zie e aggres­sioni, con­ti­nuerà la lotta dei popoli».
Sulle pro­po­ste pro­ve­nienti dai movi­menti sociali, che accom­pa­gnano i governi socia­li­sti in ogni ver­tice impor­tante, Mora­les conta anche per il pros­simo sum­mit di Parigi sul cam­bia­mento cli­ma­tico. Quali pro­po­ste por­te­ranno la Boli­via e i paesi dell’Alba?
Mora­les risponde: «Una com­mis­sione inter­mi­ni­ste­riale sta lavo­rando per rias­su­mere le con­clu­sioni della Cum­bre de los pue­blos sul cam­bio cli­ma­tico. Per far rispet­tare la giu­sti­zia ambien­tale, per noi è cen­trale far rico­no­scere all’Onu che la Madre terra ha dei diritti, che l’essere umano non può vivere senza il pia­neta che sta distrug­gendo, men­tre la Madre terra può vivere meglio senza l’essere umano. In que­sto abbiamo una respon­sa­bi­lità enorme. Spe­riamo che tutti — a comin­ciare dai paesi grandi inqui­na­tori, che fanno pagare il prezzo più alto al sud — col­gano il senso pro­fondo della nostra pro­po­sta: che non è solo quella di Evo o della Boli­via, ma di tutto il genere umano. In que­sto, mi ritrovo con il papa Fran­ce­sco e la sua Enci­clica sull’ambiente. Così, Van­gelo e socia­li­smo pos­sono cam­mi­nare assieme».
Al Ver­tice dei popoli sul cam­bia­mento cli­ma­tico e per la difesa della vita, Mora­les ha chie­sto agli Usa di con­ce­dere l’indulto al pri­gio­niero nativo Leo­nard Pel­tier, con­dan­nato a morte con l’accusa di aver ucciso degli agenti Fbi.
«Leo­nard Pel­tier — dice ora il pre­si­dente aymara — è un difen­sore dei popoli indi­geni e della Madre terra, è un nostro fra­tello. A lui, a tutti gli indi­geni come i mapu­che in Cile, a tutti gli oppressi, dev’essere rico­no­sciuta la dignità, l’identità e la sovra­nità. All’interno della Celac, la Comu­nità degli stati lati­noa­me­ri­cani e carai­bici che com­prende tutti i paesi del con­ti­nente tranne gli Stati uniti e il Canada, abbiamo chie­sto il rico­no­sci­mento della cit­ta­di­nanza uni­ver­sale. Quelli che voi chia­mate migranti sono per­sone costrette a fug­gire dalla mise­ria, dalla guerra o rifu­giati cli­ma­tici. Con le parole e con i muri, si nascon­dono le respon­sa­bi­lità. C’è una crisi di civiltà, una crisi morale, di valori, che rende più evi­dente che un altro mondo è pos­si­bile. Un mondo senza povertà e ingiu­sti­zia. Noi, nella nuova Boli­via, stiamo pro­vando a costruirlo. Pur­troppo, tra i pro­blemi che abbiamo, uno di quelli più rognosi è l’esistenza di una destra che non rico­no­sce le con­qui­ste sociali come una misura di civiltà».
Il par­la­mento ha appena appro­vato il refe­ren­dum che deci­derà su una pos­si­bile rie­le­zione di Evo anche oltre il ter­mine dei suoi man­dati. E l’opposizione ha annun­ciato bat­ta­glia a livello internazionale.

Fonte: il manifesto 

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