La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 5 novembre 2015

Renzi gufo di se stesso. Che ne dite?

di Luigi Pandolfi 
Per chi non l'avesse ancora capito, il "caso Marino" va oltre lo stesso Marino. Non si tratta qui di giudicare la sua azione amministrativa, luci ed ombre si è detto e va bene così, ma di riflettere sulle implicazioni che le modalità del suodefenestramento stanno avendo sulla percezione pubblica delle istituzioni democratiche e, forse, della democrazia in quanto tale. Si sbaglierebbe, certamente, se si considerasse questa vicenda alla stregua di un fatto isolato nel contesto politico-istituzionale italiano, di un'eccezione riconducibile alla specifica situazione capitolina. No, la vicenda Marino, è parte integrante di una pericolosa deriva delle istituzioni democratiche del nostro Paese, non da oggi al centro di una lenta, quanto sistematica, opera di delegittimazione e di svuotamento della loro funzione di rappresentanza.
Cessione di sovranità ad oligarchie transnazionali nel quadro della governance europea, riorganizzazione in senso verticistico dei poteri dello Stato, controriforme costituzionali ispirate a logiche pseudo-efficientiste, da questo punto di vista, costituiscono non solo i segni di una torsione autoritaria delle politiche istituzionali e di governo, in ambito nazionale ed europeo, ma anche il retroterra politico e culturale, di più sbrigative operazioni di potere, come quella che ha portato al siluramento di Ignazio Marino.
Al tempo della politica spot, dei partiti plebiscitari, della finzione democratica in luogo della partecipazione reale dei cittadini alla vita politica del Paese, i luoghi della rappresentanza, dal Consiglio comunale di un paesino di periferia al Parlamento nazionale, valgono le esigenze di un "caudillo" di turno.
Eppure, proprio la vicenda del sindaco Marino, sta dimostrando che nel Paese non tutti gli anticorpi democratici sono stati annientati. Segno, forse, che non tutto è perduto. Mi ha colpito molto, in questi giorni, la reazione spontanea di tanti cittadini, non solo romani, di fronte alla brutalità con cui si è voluta liquidare quell'esperienza amministrativa, alla soluzione "burocratica" che è stata scelta per disfarsi di un sindaco eletto direttamente dal popolo. Negli ultimi due decenni, almeno, quando ci sono stati di mezzo scontrini, spese di rappresentanza e privilegi vari della "casta", i cittadini italiani non sono stati mai indulgenti verso i politici ed i partiti. Tutt'altro. E' sempre bastata una notizia sulla stampa per condannare senza appello un politico accusato di corruzione o per aver abusato del pubblico denaro. Senza eccezioni, a prevalere è stata sempre l'"indignazione". Non si spiegherebbe, altrimenti, il moto antipolitico degli ultimi anni ed il successo dei partiti che ne hanno fatto il loro carburante. Anche nel caso Marino ci sono di mezzo gli scontrini, ma questa volta la condanna dell'opinione pubblica non si è avvertita. Si è registrato, invece, un moto di indignazione al contrario, pro reo. Perché? Certamente perché in Marino non si riesce proprio a vedere il politico disonesto che ha approfittato della sua carica al fine di arricchirsi o per spassarsela con i soldi pubblici. Ma non basta. Fortunatamente, la maggioranza degli italiani ha compreso che dietro l'operazione Marino c'è qualcosa di molto più profondo; qualcosa che ha a che fare con poteri "disturbati" dal lavoro del sindaco e con interessi da salvaguardare, almeno. Potrebbe trattarsi anche di una banale prova di forza del tipo "sono io che comando", di fronte ad un sindaco incontrollabile, ma questo, da un lato non sminuirebbe la gravità dell'accaduto, dall'altro confermerebbe quanto grave sia la crisi del nostro sistema politico e della nostra democrazia. In entrambi i casi, comunque, a non essere digerita sarebbe stata la viltà e l'arroganza di chi ha sferrato i fendenti e del loro mandante (mi avvalgo della metafora dello stesso Marino).
Ci si chiede, adesso, cosa farà Marino. Credo che questo sia, nondimeno, l'ultimo degli interrogativi da porsi. Piuttosto, sarebbe il caso che ci chiedessimo quali conseguenze potrebbe avere il "caso Marino". Per esempio, siamo sicuri che questa storia non possa avere ripercussioni sul Partito democratico e sulla leadership dello stesso Matteo Renzi? Il Pd, ridotto dallo stesso Renzi ad un giocattolo del capo, appare sempre più come un gigante dai piedi d'argilla, puntellato da artifici mediatici e provvedimenti-spot (legge di stabilità compresa) del governo, appoggiato nella periferia sulle spalle dei soliti, sempiterni, cacicchi porta-voti, a dispetto della rottamazione che, ad oggi, sembra aver colpito solo rivali diretti e potenziali dello stesso segretario-premier. Intanto, l'economia continua a stagnare e l'occupazione cresce solo nella propaganda del governo. Magari Renzi farebbe pure a meno delle elezioni a Roma, ma da questa incombenza proprio non si può sciogliere. Dovrà affrontarle, col rischio concretissimo di perderle. Che poi si voti anche in altre città importanti, non fa che rendere più fosco il quadro, mica è una consolazione. Certo che se Grillo riuscisse a piantare la sua bandiera sul Campidoglio..

Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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