La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 7 novembre 2015

La galassia dei beni comuni

di Corrado Oddi
A più di 4 anni di distanza dalla straor­di­na­ria vit­to­ria refe­ren­da­ria del giu­gno 2011 e dalla sua suc­ces­siva mano­mis­sione, il movi­mento per l’acqua riprende il cam­mino e rilan­cia la sua ini­zia­tiva sul bene comune pri­ma­rio per la vita del pia­neta e dell’umanità.
E stretta è la rela­zione tra pre­ser­va­zione dell’acqua e cam­bia­mento cli­ma­tico. Non solo per­ché quest’ultimo accre­sce for­te­mente lo stress idrico in vaste aree del mondo, ma, ancor più, per­ché rende l’acqua risorsa sem­pre più scarsa, e dun­que sem­pre più appe­ti­bile dalle logi­che del mer­cato e del pro­fitto cau­sando con­flitti e guerre. Per que­sto il tema della costi­tu­zio­na­liz­za­zione del diritto all’acqua e dei diritti della natura supera un’idea pura­mente aggiun­tiva dell’elencazione dei diritti per diven­tare fon­da­tiva di una let­tura con­tem­po­ra­nea e ricca dell’attività umana nella vita nel nostro pianeta.
Dall’altra parte, diventa ancora più rav­vi­ci­nato il rap­porto tra la rispo­sta neo­li­be­ri­sta alla crisi eco­no­mica e sociale e le logi­che di pri­va­tiz­za­zione e finan­zia­riz­za­zione che inve­stono il ser­vi­zio idrico e tutti i ser­vizi pub­blici, sna­tu­ran­done le radici di fondo ( basta guar­dare, per stare all’attualità, la vicenda delle Poste).
Il nuovo ciclo di privatizzazione/finanziarizzazione del ser­vi­zio idrico si con­nota sia sul ver­sante dell’inserimento a pieno titolo nell’ “eco­no­mia del debito”, sia nell’incrementare la water poverty, cioè l’incidenza della spesa per l’accesso all’acqua sul red­dito delle per­sone. C’è una chiara rela­zione tra il rias­setto in corso nel set­tore, affi­dan­dolo alle 4 “grandi sorelle” quo­tate in Borsa (le mul­tiu­ti­li­ties Iren, A2A, Hera e Acea) la cui fina­liz­za­zione è sem­pre più orien­tata alla distri­bu­zione dei divi­dendi ai soci sem­pre più pri­vati (basta pen­sare al fatto che, negli ultimi 5 anni hanno ero­gato divi­dendi addi­rit­tura supe­riori agli utili che hanno rea­liz­zato!) con un inde­bi­ta­mento pro­gres­sivo, e il fatto che, come testi­mo­niato da una recente ricerca della Con­far­ti­gia­nato, le tariffe dell’acqua nel nostro Paese dal 2004 al 2014 sono aumen­tate media­mente del 95,8%, il tri­plo del rin­caro medio dei prezzi nei Paesi dell’Eurozona, che si aggira, per lo stesso periodo, attorno al 35%.
Con­ti­nue­remo a con­tra­stare que­ste scelte, come abbiamo fatto in tutti i que­sti anni: con la mobi­li­ta­zione, avan­zando pro­po­ste alter­na­tive. La rifles­sione di que­ste due gior­nate potrà arric­chire e raf­for­zare la pro­spet­tiva della tutela e della pre­ser­va­zione dell’acqua e quella della ripub­bli­ciz­za­zione del ser­vi­zio idrico.
Vogliamo farlo sapendo che non sarà pos­si­bile se non si acqui­si­sce la con­sa­pe­vo­lezza che quello in corso è un ten­ta­tivo gene­rale, sia pure illu­so­rio, di “moder­niz­za­zione”, di cui il governo Renzi è il più fedele inter­prete. Ovvero l’importazione coe­rente del modello neo­li­be­ri­sta di stampo anglo­sas­sone nel nostro Paese. La com­pres­sione dei diritti del lavoro, che toglie la tutela dai licen­zia­menti. I colpi al con­tratto nazio­nale di lavoro, attac­cando scuola e sanità, con l’intenzione non solo di ridi­men­sio­nare l’intervento pub­blico ma ancor più di pro­porre un modello azien­da­li­sta. La deva­sta­zione ambien­tale dei ter­ri­tori, di cui il rilan­cio delle tri­vel­la­zioni petro­li­fere costi­tui­sce l’elemento più ecla­tante, accom­pa­gnata non casual­mente dal rilan­cio della pri­va­tiz­za­zione dei beni comuni natu­rali, a par­tire dall’acqua e dal ser­vi­zio idrico. Tutti tas­selli di un dise­gno che mira a riaf­fer­mare la cen­tra­lità del mer­cato come unico rego­la­tore sociale.
Siamo per­ciò chia­mati a rima­nere fedeli alle nostre bat­ta­glie ma soprat­tutto a rea­liz­zare nuove con­nes­sioni tra i sog­getti e i movi­menti, a par­tire da quelli sociali, per supe­rare sepa­ra­tezze e indi­vi­duare per­corsi e obiet­tivi con­ver­genti. Non a caso abbiamo pen­sato di con­clu­dere le nostre due gior­nate di lavoro chia­mando a con­fron­tarsi con noi il movi­mento per la scuola pub­blica, quello con­tro lo Sblocca Ita­lia, la Fiom, la coa­li­zione che si riu­ni­sce attorno allo scio­pero sociale. Non sem­pli­ce­mente per un rico­no­sci­mento reci­proco del ruolo e della fun­zione che ogni realtà eser­cita, ma pro­vando ad espli­ci­tare i ter­reni su cui, nella pros­sima fase, può essere pos­si­bile met­tere in campo ini­zia­tive che coin­vol­gano l’insieme di que­sti e altri soggetti.
Cer­ta­mente, l’opposizione alla legge di sta­bi­lità del governo lo è, visto il carat­tere clas­si­sta e regres­sivo che la ispira e che inve­ste l’insieme della con­di­zione sociale e della cit­ta­di­nanza. Ma non si potrà sfug­gire dalla neces­sità di can­cel­lare, con gli stru­menti oppor­tuni, anche di carat­tere refe­ren­da­rio, e in modo coor­di­nato, la legi­sla­zione che in quest’ultimi anni – dallo Sblocca Ita­lia al Jobs Act, dalla “buona scuola” all’incentivo alle pri­va­tiz­za­zioni– sta facendo venire meno diritti fon­da­men­tali e, ancor più, prova a met­tere da parte qua­lun­que idea di pro­get­tare un modello sociale più soli­dale ed inclusivo.

Fonte: il manifesto 

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