La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 7 novembre 2015

E ora al passo con le sinistre europee


di Aldo Carra
La nascita del gruppo par­la­men­tare uni­fi­cato mi piace pen­sarla come il taglio del nastro per inau­gu­rare il can­tiere della sini­stra nuova. Sap­piamo che tro­ve­remo tante mace­rie, sog­get­tive – ere­dità di scon­fitte, arre­tra­menti, tra­ver­sie e divi­sioni che hanno creato sfi­du­cia e lace­rato rela­zioni – e mace­rie ogget­tive – ana­lisi della società e dell’economia ina­de­guate rispetto ai cam­bia­menti inter­ve­nuti con glo­ba­liz­za­zione e finan­zia­riz­za­zione, sra­di­ca­mento dai territori.
Ma sap­piamo anche che guar­dan­doci bene intorno tro­ve­remo pic­cole case sparse costruite da sin­goli e gruppi, nuclei di una società e di un modello di svi­luppo nuovi, sogni e spe­ri­men­ta­zioni di un’altra agri­col­tura e di un’altra eco­no­mia, sedi di incon­tro e di pra­ti­che di soli­da­rietà tra gli esseri umani, di acco­glienza e con­vi­venza, germi di un nuovo loca­li­smo che vuole rico­struire par­te­ci­pa­zione, auto­ge­stione e demo­cra­zia dal basso. Tutto que­sto fa parte del nostro mondo anche se non sem­pre ama defi­nirsi di sini­stra o fare poli­tica come la inten­diamo noi.
Da quelle mace­rie dob­biamo saper estrarre quanto è valido ed uti­liz­za­bile, dalle spe­ri­men­ta­zioni quanto è gene­ra­liz­za­bile per costruire il nuovo. L’operazione non sarà certo facile per­ché da diversi anni arre­triamo e, soprat­tutto, per­ché negli ultimi tempi abbiamo subito duri colpi pro­prio da chi veniva dalla sini­stra che cono­sce­vamo. Que­sto ci ha col­piti ancor più pro­fon­da­mente. Ma atten­zione Renzi ha vinto una bat­ta­glia, non la guerra. Ha sca­lato un par­tito che si era pre­di­spo­sto ad essere sca­lato, lo ha fatto con una spre­giu­di­ca­tezza alla quale non era­vamo abi­tuati, ha preso il potere con una rapi­dità ed una potenza espan­siva ine­dite nella nostra sto­ria, lo eser­cita ricat­tando e minac­ciando, eli­mi­nando gli avver­sari e pre­miando i neo fedeli.
Col­piti dall’avanzare di que­sto ciclone, stampa e media, sono diven­tati il suo mega­fono. Adesso vanta il fatto che anche l’Italia, rima­sta insieme a Cipro e Fin­lan­dia tra i tre paesi euro­pei ancora col segno nega­tivo nel Pil, esce dalla crisi (ma adesso nes­sun paese euro­peo è rima­sto col segno meno) e cerca di sfrut­tare il clima di fidu­cia che ha con­tri­buito a creare alter­nando mance elet­to­rali in moneta sonante ed inie­zioni di fidu­cia che agi­scono sull’immaginario.
Ma, c’è un ma. Adesso che gli effetti si stanno mani­fe­stando nella loro inte­rezza appare, ed ancor più appa­rirà nei pros­simi mesi, che i risul­tati sono ben magri. Il dia­logo con una Con­fin­du­stria men­di­cante, che sa solo chie­dere con­tri­buti per gal­leg­giare ridu­cendo costo del lavoro e tasse senza inno­vare, costa diversi miliardi, ma non crea svi­luppo. Punta all’oggi, al con­senso ed al con­tin­gente, ma non ha respiro stra­te­gico. E’ una alleanza a per­dere per­ché inca­pace di pen­sare ad un pro­getto indu­striale per il futuro.
La “bolla lavoro”, ali­men­tata dal bom­bar­da­mento di inter­venti e dal nuovo dina­mi­smo del rot­ta­ma­tore, si sta fer­mando sulla soglia sta­bile di 200.000 occu­pati. Tanto rumore e tanti soldi per tanto poco. In paral­lelo, si sta sgon­fiando anche la bolla elet­to­rale: il Pd gira e rigira è sem­pre fermo attorno al 30% (da destra arri­vano sim­pa­tie inte­res­sate, ma pochi voti appena suf­fi­cienti a com­pen­sare le fughe verso l’astensione), rico­min­cia a sen­tire il fiato sul collo del M5S ed il males­sere ser­peg­gia sem­pre di più nei territori.
Il lin­guag­gio ren­ziano del bul­li­smo, che all’inizio poteva per­sino appa­rire sim­pa­tico di fronte alla noia della poli­tica, adesso comin­cia a stan­care, ad appa­rire poco digni­toso ed a ripor­tare alla memo­ria il ridi­colo in cui alla fine era caduto Ber­lu­sconi. Non pochi comin­ciano a rim­pian­gere qua­lità e figure poli­ti­che del pas­sato delle quali si pote­vano non con­di­vi­dere le posi­zioni, ma dalle quali c’era da imparare.
Forse non siamo desti­nati a morire demo­ren­ziani. Da qui pos­siamo e dob­biamo par­tire per costruire la sini­stra nuova, dalla con­vin­zione che il ren­zi­smo non è invin­ci­bile. E’un punto impor­tante per il nuovo can­tiere e ci può aiu­tare ad affron­tarlo il guar­dare non solo vicino a noi, ma anche fuori, in Europa e nel mondo. Le muta­zioni pro­fonde – migra­zioni, muta­menti cli­ma­tici, rias­setto geo­po­li­tico in par­ti­co­lare nel Medi­ter­ra­neo – pre­pa­rano un futuro che è tutto da scri­vere.
Que­sto futuro potrebbe anche ripor­tarci indie­tro ed a destra. In Europa pen­sa­vamo di esserci messi alle spalle que­sti peri­coli gra­zie allo svi­luppo delle espe­rienze social­de­mo­cra­ti­che e del wel­fare, gra­zie alla ridu­zione delle disu­gua­glianze pro­dotta dai trenta glo­riosi anni del dopoguerra.
Adesso i “trenta glo­riosi” sono alle spalle, stiamo vivendo i “trenta ter­ri­bili” della con­trof­fen­siva del capi­tale finan­zia­riz­zato ed in que­sta fase le social­de­mo­cra­zie hanno poco da dire per­ché si sono tra­sfor­mate in stru­menti acces­sori e subordinati.
Per for­tuna, dove le con­se­guenze di quelle poli­ti­che si mani­fe­stano nelle forme più feroci stanno nascendo anche le uni­che espe­rienze di con­tra­sto e di cam­bia­mento da sini­stra. Così men­tre nell’area pro­gres­si­sta le forze social­de­mo­cra­ti­che rista­gnano ed arre­trano, le spe­ranze di futuro si stanno incar­nando nelle nuove forze che nascono. Non sem­pre por­tano il segno di sini­stra, ma quello della novità, dell’entusiasmo, della radi­ca­lità delle poli­ti­che di giu­sti­zia sociale che pro­pon­gono. La nuova forza dovrà col­lo­carsi in que­sto scenario.
Pos­siamo farlo con i nostri pro­blemi e la nostra sto­ria, da qui e dall’oggi, senza pen­sare di tor­nare indie­tro per ripar­tire da dove eravamo.
Pos­siamo farlo anche avendo una grande ambi­zione: per la sto­ria della sini­stra ita­liana e per la nostra stessa col­lo­ca­zione geo­gra­fica potremmo essere il punto di con­giun­zione tra le espe­rienze della Gre­cia, della Spa­gna, del Por­to­gallo e quella della Ger­ma­nia per pro­durre, da sini­stra, una crisi delle social­de­mo­cra­zie e gene­rare una spinta alla costru­zione, in Europa, di una sini­stra ampia e capace di inver­tire la rotta.

Fonte: il manifesto 

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