di Ilaria Romeo
All’indomani della Liberazione, il Primo Maggio 1945, giovani che non hanno memoria della festa del lavoro e anziani si ritrovano insieme nelle piazze di tutta Italia. La testimonianza di Anita Di Vittorio, compagna del leader sindacale di Cerignola, ci restituisce l’atmosfera di quella giornata: “Ho assistito in seguito, nel corso di più di dieci anni, a centinaia di manifestazioni delle quali Di Vittorio fu oratore ufficiale, ma quel Primo Maggio resterà tuttavia, per me, indimenticabile”.
Piazza del Popolo, continua Anita, “non fu mai così bella, mi sembra, come quella mattina di sole: lunghi cortei di lavoratori, le bandiere bianche, rosse e tricolori alte nel vento, giungevano da ogni quartiere della città, accompagnati dalle bande dei tranvieri e dei ferrovieri. C’era anche, ricordo, la banda di Madonna della Strada che avanzava tra grandi applausi, preceduta da un’immagine religiosa. Tutti portavano abiti lisi e i volti apparivano segnati dalle lunghe privazioni, e tuttavia una intima gioia, una fiducia in sé, uno slancio di speranza, sembrava animare e spingere la folla. Risuonavano i canti e grida di evviva.
Gruppi di giovani, seduti per terra in cerchio, cantavano inni partigiani. Le ragazze distribuivano coccarde tricolori e garofani rossi. Dalla folla saliva verso il palco dei dirigenti sindacali un’ondata di affetto”.
Gruppi di giovani, seduti per terra in cerchio, cantavano inni partigiani. Le ragazze distribuivano coccarde tricolori e garofani rossi. Dalla folla saliva verso il palco dei dirigenti sindacali un’ondata di affetto”.
Annota ancora Anita Di Vittorio: “Anche la terrazza del Pincio era gremita. Io lessi nel volto di Peppino, assieme all’emozione, come un’ombra di smarrimento. Poi cominciò a parlare e subito si stabilì tra lui e la folla una comunione di spirito. Ogni sua parola, così semplice (egli non sapeva cosa fosse il parlar difficile, il parlare ornato) andava a chi lo ascoltava con la efficacia delle cose sempre pensate, esprimendone i sentimenti più elementari e profondi. Ascoltando Di Vittorio ognuno, credo, pensava che, se avesse potuto parlare, avrebbe anch’egli parlato così, avrebbe detto quelle cose, non altre e in quello stesso modo. Era questa la sua grande forza. Egli dava forma ai pensieri e ai sentimenti inespressi degli altri: parlava per tutti”. (1)
Sull’atmosfera di quel Primo Maggio 1945 si soffermano anche gli storici F. Agostino, C. Brezzi, C.F. Casula, C. Crocella, A. Parisella, A. Pepe, L. Russi e G. Sircana nel loro “Movimento operaio e organizzazione sindacale a Roma 1860-1960” (Esi, Roma 1976). “Dopo essersi radunate, divise per azienda o per categoria, nei diversi punti della città (i ferrotranvieri in Piazza del Parlamento; i poligrafici al Collegio romano; contadini e braccianti al Pantheon; gli edili a Fontanella Borghese; statali, comunali e parastatali a SS. Apostoli; gli ospedalieri alla Pilotta; i netturbini a piazza di Pietra; tessili e chimici a S. Silvestro; elettrici, postelegrafonici e gasisti a Piazza di Spagna; le lavoratrici a Piazzale Flaminio), quasi 150.000 persone convergono a Piazza del Popolo per celebrare il Primo maggio di unità e di vittoria, come può leggersi sulla scritta che orna il palco degli oratori”.
Il tema dell’unità era stato ribadito, fortemente, nella riunione del comitato direttivo confederale dell’11-12 aprile 1945. “Questa data – aveva affermato in quell’occasione Oreste Lizzadri, segretario confederale della Cgil – dovrà essere l’esaltazione dell’unità sindacale; dovranno essere fatte delle manifestazioni da parte delle Camere del lavoro: i partiti non interverranno, come tali, in quanto il Primo Maggio sarà la celebrazione della festa del lavoro, e così come tale è solo la Cgil che deve esserne la promotrice”. E dal canto suo, Giulio Pastore – che nel 1950 sarà tra i fondatori della Cisl – dichiarò che i lavoratori cristiani, in omaggio all’unità sindacale, avrebbero rinunciato alla loro festa del lavoro, il 15 maggio.
Appena due anni dopo, nel 1947, il Primo Maggio sarà segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove morirono per mano degli uomini del bandito Giuliano 14 lavoratori accorsi al comizio sindacale. Il Primo Maggio 1948 è l’ultimo celebrato dalla Cgil unitaria. Da quel momento, si apre una lunga stagione di feste del lavoro separate che termina solo vent’anni dopo. Ma il Primo Maggio del 1984, Cgil, Cisl e Uil si separano di nuovo. A partire dal 1986, le tre confederazioni riprendono la tradizione unitaria per i festeggiamenti del Primo Maggio, scegliendo ogni anno un tema specifico cui dedicare l’evento e un luogo nel quale riunirsi.
(1) A. Di Vittorio, “La mia vita con Di Vittorio”, Vallecchi editore, Firenze 1965, pp. 125-126
Fonte: Rassegna Sindacale
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