La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 30 aprile 2016

Sbilanciamo le città. Come cambiare le politiche locali

di Duccio Zola
Il prossimo 5 giugno più di 1.300 Comuni italiani saranno chiamati alle urne per il rinnovo delle amministrazioni locali. Tra questi, grandi città come Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Ravenna, Cagliari, Rimini, Salerno. L’interesse e la posta in gioco per l’imminente appuntamento elettorale sono dunque molto alti. Tuttavia, il voto cade in una fase economica e politica molto complicata per i Comuni, ai quali, secondo i calcoli dell’Anci, è stato chiesto di contribuire al risanamento della finanza pubblica con 17 miliardi di euro dal 2008 al 2015 (e oltre 12 dei 17 totali sono arrivati a partire dal 2010): un contributo ben superiore rispetto a quello di altri livelli istituzionali, amministrazioni centrali in testa.
I continui tagli del Governo ai Comuni si sono tradotti in un forte aumento delle imposte locali e, inevitabilmente, nella diminuzione dell’offerta e della qualità dei servizi locali. Un recente studio della Uil attesta che nel 2015 sono stati pagati dai contribuenti sette miliardi di imposte locali in più rispetto al 2013, tra addizionali regionali e comunali Irpef, Imu, Tasi, tariffa rifiuti.
In particolare, per l’Imu/Tasi per immobili diversi dalla prima casa l’esborso medio è stato di 937 euro, con punte di 1.386 euro a Roma e 1.220 a Milano. Per la Tasi sulla prima casa la spesa media è stata invece di 191 euro medi pro capite, con punte di 403 euro a Torino e 391 a Roma.
E se è vero che per il 2016 la Legge di Stabilità prevede l’eliminazione delle imposte sulla prima casa e il blocco degli aumenti di tasse regionali e locali, occorre anche sottolineare che da tale blocco sono esclusi gli aumenti della Tari e delle tariffe locali di servizi fondamentali, come quelle di asili nido, mense scolastiche, rette di ricovero. Al di là della retorica dei Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, la realtà è che la perversa combinazione tra politiche di austerità stabilite in sede europea e piani di contenimento dei conti pubblici nazionali ricade e produce i suoi effetti più pesanti proprio su Comuni e amministrazioni locali, ovvero le istituzioni più prossime ai cittadini.
Insomma, la coperta è sempre troppo corta, e come al solito si ritrova al freddo chi avrebbe invece bisogno di essere più protetto: anziani con basse pensioni e privi di adeguata assistenza sociosanitaria, disoccupati e lavoratori precari, giovani senza prospettive né abitazione, migranti ai quali sono negati diritti e accoglienza, donne per le quali la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro resta un miraggio.
Ma non è soltanto la situazione economico-finanziaria dei Comuni a destare preoccupazione. Ad esempio, nelle nostre città si assiste da tempo all’espulsione dei residenti a basso reddito dai centri urbani verso le periferie e l’hinterland, che a loro volta diventano luoghi di esclusione sociale sempre più popolati, in cui manca pressoché tutto (all’infuori dei centri commerciali). Ciò ha effetti drammatici sull’aumento del traffico veicolare e dell’inquinamento, dal momento che grandi flussi di persone si spostano ogni giorno per lavoro con la propria vettura verso i centri urbani, e che mancano al contempo risorse e investimenti adeguati su trasporto pubblico e piani di mobilità sostenibile.
Un altro esempio significativo arriva da Torino. Come ha mostrato l’epidemiologo Giuseppe Costa in una relazione tenuta all’Istat nello scorso ottobre sulla base di un confronto tra livelli di reddito e salute della popolazione, se nel capoluogo piemontese ci si sposta soltanto di qualche chilometro, dai quartieri più ricchi ed esclusivi situati della zona est in quelli meno ricchi e più popolari della zona ovest (come Vallette), l’aspettativa media di vita dei residenti scende di quasi tre anni, da 80 a 77,3 anni.
Potrebbero proseguire a lungo i casi che restituiscono l’immagine di città segnate da profondi squilibri economici, sociali, urbanistici, ambientali – si potrebbe parlare di consumo di suolo e speculazione edilizia, emergenza casa e corruzione, privatizzazione di servizi e beni comuni –, ma non intendiamo anticipare gli argomenti delle prossime pagine. Notiamo solo che a fronte di tutto ciò, e con le elezioni comunali alle porte, il mondo politico continua a offrire uno spettacolo davvero poco edificante: scontri tra correnti interne di partito e all’interno delle diverse coalizioni sulle candidature, scambi di accuse tra candidati Sindaci, processi sempre più marcati di personalizzazione e verticalizzazione della competizione politico-elettorale (favoriti peraltro dal rito delle primarie e dalla dimensione locale del voto), assenza di partecipazione e dibattito pubblico sulle città e sul loro destino, così come sui programmi e sulle soluzioni da mettere in campo.
Per questi motivi, abbiamo ritenuto necessario confrontarci con i tanti temi e problemi delle città e del governo locale. E lo abbiamo fatto, come sempre, nello spirito di Sbilanciamoci!: produrre analisi quanto più possibile rigorose e idee quanto più possibile praticabili, senza rinunciare alla prospettiva del cambiamento e senza temere di sostenere scelte radicali. Sbilanciamo le città nasce da qui, con questo intento.
Il testo che segue ospita sedici capitoli ordinati alfabeticamente che toccano i principali temi delle politiche urbane, dalla casa (“Abitare”) alla corruzione (“Vigilare”). Tutti i contributi sono suddivisi e organizzati in tre sezioni. Nella prima, intitolata “Il contesto”, viene fornito un inquadramento generale all’argomento di volta in volta al centro dell’attenzione, con il supporto di dati economico-sociali e di riferimenti normativi e storico-istituzionali. Nella seconda sezione, “Le sfide”, viene offerta una lettura delle priorità e degli impegni più rilevanti e urgenti che le città sono chiamate ad affrontare nel prossimo futuro, in seguito all’appuntamento elettorale.
Nella terza sezione, “Le proposte”, vengono infine suggerite soluzioni che, se fatte proprie e tradotte da Sindaci e Giunte entranti in interventi e misure esecutive, potrebbero rinnovare il repertorio delle politiche, degli indirizzi e degli strumenti di governo e migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini. Nel complesso si contano ben 62 proposte. In pratica, un vero e proprio programma di governo delle città improntato alla declinazione e alla concretizzazione a scala locale delle parole chiave di Sbilanciamoci!: sostenibilità, uguaglianza, inclusione, partecipazione, solidarietà, diritti.
Gli argomenti di Sbilanciamo le città sono con ogni evidenza numerosi e complessi, mentre lo spazio per discuterli è necessariamente limitato. Per questo non avanziamo alcuna pretesa di esaustività, ma ci limitiamo a sottolineare l’intento sistematico – sviluppare una visione d’insieme, a largo raggio, sulle città e il loro futuro – della pubblicazione.
Il lettore si renderà conto del resto che i temi trattati tendono molto spesso a intrecciarsi tra loro, e talvolta addirittura a sovrapporsi: è questo il caso delle politiche della mobilità con quelle ambientali e di contrasto ai cambiamenti climatici, oppure delle politiche della casa con quelle di rigenerazione urbana e di welfare locale, oppure ancora delle politiche di bilancio comunali con quelle dell’innovazione e della promozione dell’economia sociale e solidale. Sono soltanto alcuni tra i molti possibili esempi di nessi e richiami sistematici che nascono e si articolano tra i sedici capitoli di questa pubblicazione; ma sono sufficienti a chiarire che il discorso e lo sguardo sulle città offerti in queste pagine mostrano un certo grado di organicità (anche se, come detto, non possono dirsi esaustivi).
Sbilanciamo le città offre quindi diversi spunti e piani di lettura, al cui interno si possono isolare e rintracciare almeno cinque assi tematici trasversali che incrociano e intrecciano le trame del testo.
Il primo è quello della partecipazione e uguaglianza, che ha a che fare con la sempre più impellente necessità di riequilibrare i pesi delle disuguaglianze e degli squilibri economici, urbanistici, ecologici e socioculturali attraverso il coinvolgimento dei cittadini e la valorizzazione delle loro competenze, a partire da chi appartiene alle fasce di popolazione più svantaggiate per estrazione sociale e culturale, livello di reddito, area di residenza.
Il secondo asse tematico trasversale è quello della sostenibilità e vivibilità, che chiama direttamente in causa e associa il modello di sviluppo delle città – con le loro pratiche di produzione, consumo, mobilità – alla fruibilità e anche alla bellezza degli spazi e dei paesaggi urbani.
Il terzo asse è sintetizzabile nella formula del buon governo e innovazione, che segnala la capacità di amministrare le città con lungimiranza, competenza e trasparenza, favorendo i processi di apprendimento istituzionale e mettendo a frutto, senza avvantaggiare chi parte già davanti, le potenzialità offerte dal progresso scientifico e tecnologico: dall’utilizzo degli indicatori statistici di benessere a quello degli open data e delle piattaforme digitali collaborative nell’ideazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle politiche urbane.
Il quarto asse è quello dei beni comuni e dell’interrogazione sulla loro tutela, la loro valorizzazione e i loro modelli di gestione di fronte alle sempre più consistenti ondate di privatizzazioni dei servizi pubblici locali – emblematica è la vicenda dell’acqua e del tradimento dell’esito referendario del 2011 – e al sempre più intensivo sfruttamento a fini speculativi di risorse, spazi e luoghi delle città che dovrebbero avere invece usi e indirizzi comunitari e condivisi.
Il quinto asse, infine, è quello dell’inclusione e solidarietà: l’aumento dei fenomeni di povertà ed emarginazione e il crescente consenso riscosso da forze politiche e sociali razziste e xenofobe, soprattutto nelle aree urbane più povere e nelle periferie metropolitane, segnalano l’urgenza di rimettere al centro del dibattito e dell’agenda politica la questione della lotta alle disuguaglianze e alle discriminazioni e, contestualmente, la promozione di misure e forme incisive di inclusione sociale.
Con l’approccio che contraddistingue l’impegno di Sbilanciamoci!, Sbilanciamo le città combina così analisi e soluzioni, la protesta contro un ordine ingiusto e la proposta per un cambiamento radicale e possibile: l’obiettivo è dare voce e gambe alle istanze di tutti coloro i quali con passione e dedizione portano avanti campagne, vertenze e percorsi comuni per migliorare le condizioni di vita e assicurare equità, opportunità e diritti di tutti nei territori urbani. E che, nonostante tutto, continuano ad animare nelle città luoghi e pratiche di aggregazione e socialità e a sperimentare modelli di convivenza paritaria, aperta, solidale.
La speranza è che Sbilanciamo le città possa essere propulsore e moltiplicatore di mobilitazioni e iniziative sui territori, e che i contenuti, le chiavi di lettura e le proposte presenti nel testo possano filtrare ed essere accolte nei programmi di governo di quante più possibili amministrazioni comunali neoelette. Sarebbe senz’altro un bel segnale di apertura, attenzione e ascolto nei confronti della società civile, oltre che un passo in avanti decisivo verso un nuovo modo di pensare e di fare politica: a livello locale e oltre.

Fonte: sbilanciamoci.info 

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