di Paolo Carsetti
Il 3 giugno 2011 l'allora Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, pubblicava sul suo profilo Facebook il seguente post: “Referendum. Vado a votare sì all’acqua pubblica ...". Il PD, anche se solo alla fine della campagna referendaria, aveva dato indicazione di votare 4 SI il 12 e 13 giugno 2011. E ora?
Ora Matteo Renzi è Segretario del PD, Presidente del Consiglio e il PD è il principale partito di maggioranza. Quali migliori condizioni per attuare l'esito referendario e rispettare la volontà popolare? Ma qual era la volontà popolare?
Così la riassumeva la Corte costituzionale: "rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua". E allora il Governo escogita una strategia. Non per concretizzare quanto indicato da 27 milioni di votanti, bensì per chiudere definitivamente la partita referendaria e mettere a tacere la volontà popolare. E il Ministro Madia ne diventa l'esecutrice.
Ecco le mosse per provare a mettere in scacco il popolo sovrano:
1) si stravolge, cancellando l'art. 6 che disciplinava i processi di ripubblicizzazione dei gestori dell'acqua, la legge d’iniziativa popolare presentata nel 2007 dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, con oltre 400.000 firme, e depositata nuovamente nel 2014 dall'integruppo parlamentare per l'acqua bene comune a cui hanno aderito deputati e senatori del PD, SI, M5S e altre forze politiche di maggioranza e opposizione;
2) si redige il "Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale", decreto attuativo della Legge Madia n. 124/2015, che ha tra gli obiettivi “la riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità” e il “garantire la razionalizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, in un’ottica di rafforzamento del ruolo dei soggetti privati”, oltre a promuovere "la concorrenza, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale”. Inoltre, questo provvedimento reintroduce nella tariffa idrica l’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti, nell’esatta dicitura abrogata dal referendum;
3) si redige il "Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" che il Consiglio di Stato descrive così: si "rende evidente che il complessivo disegno riformatore si prefigge lo scopo assicurare nuove forme di privatizzazione sostanziale con impulso positivo ai processi di liberalizzazione delle attività economiche".
Questi sono i fatti che smentiscono da soli il Ministro Madia, che, ancora il 21 aprile scorso, insisteva a dire impunemente che "finché c'è questo governo nessuno sentirà parlare di privatizzazione dell'acqua" e che il decreto sui servizi pubblici "rispetta l'esito del referendum”.
Con buona pace del Ministro è evidente che questa è la strategia con cui il Partito Democratico e il Governo Renzi/Madia vogliono chiudere definitivamente i conti con l’ “anomalia” referendaria e consegnare acqua e beni comuni ai grandi interessi finanziari.
L'ennesima drammatica partita è appena cominciata. A tutte le donne e gli uomini che da anni si battono per l'acqua, per i beni comuni, per i servizi pubblici e per un altro modello sociale il compito di giocarla fino in fondo.
Per questo, come movimento per l'acqua, abbiamo deciso di lanciare una grande campagna per il ritiro immediato del decreto Madia e contro lo stravolgimento della legge per l'acqua.
Fonte: dinamopress.it
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