di Serge Halimi
Per trovare un precedente dell’attuale auto-cancellazione della Francia in campo diplomatico, si dovrebbe ritornare alla crisi di Suez del 1956 o alla guerra di Algeria. Né la conferenza internazionale sull’ambiente che si terrà a Parigi, né gli sconnessi discorsi bellicosi del presidente François Hollande né l’incorreggibile auto-compiacimento del suo ministro degli esteri (1) servono molto a mascherare il crollo della Francia sulla scena internazionale.
Che il paese stia seguendo la guida della Germania nelle faccende europee, è diventato evidente durante la crisi greca. Il ministro degli esteri sembrava quasi completamente assente; il ministro delle finanze parlava con scioltezza, ma era inefficace; Hollande si limitava ad avere il ruolo di fattorino della Germania, incaricato di far accettare ad Alexis Tsipras le condizioni drastiche della Merkel. Anche negli Stati Uniti c’è stata sorpresa riguardo alla durezza dell’UE nei riguardi della Grecia.
Poi è arrivata la notizia che i servizi segreti statunitensi avevano spiato tre successivi presidenti francesi, compreso Hollande. Un portavoce del governo francese tentò immediatamente di minimizzare l’affronto – “Dobbiamo mantenere il senso delle proporzioni. Non vogliamo causare rotture diplomatiche” – prima di andare a Washington a discutere il Trattato transatlantico per il commercio (TAFTA). “La risposta della Francia è quasi ridicola,” ha detto Henri Guaino, un membro di destra del parlamento. “Per un po’ di tempo abbiamo soltanto seguito la politica degli Stati Uniti,” ha detto l’ex ministro Pierre Lellouche, che è noto per il suo atlanticismo.
L’allineamento più straordinario è quello tra la Francia e l’Arabia Saudita, abbastanza prossimo a provocare irritazione casuale negli Stati Uniti. Sebbene la Francia non sia riuscita a fermare l’accordo di luglio tra le cinque grandi potenze e l’Iran, come desideravano l’Arabia Saudita, Israele e i neo-conservatori statunitensi che odiano Obama, non è successo per non avere tentato – e anche con notevole malagrazia (vedere Enter the new power brokers – Ecco i nuovi mediatori del potere –https://mondediplo.com/2015/11/03middleeast. Con la Siria, il desiderio della Francia di “punire” Bashar al-Assad è dovuto meno alla barbarie del suo regime che al desiderio di tenersi in contatto con gli stati del Golfo (specialmente con l’Arabia Saudita) che hanno giurato di farlo cadere. Tuttavia il regno – luogo di nascita del fondamentalismo sunnita (2), banchiere internazionale, alla testa della repressione omicida degli Sciiti in Bahrein e in Yemen – combatte contro la maggior parte dei diritti umani che la Francia dichiara di sostenere altrove (3).
Le scelte della Francia non nascono primariamente da un’analisi strategica sbagliata. Alimentano la paranoia dei regnanti che temono di essere circondati dall’Iran e dai suoi alleati, allo scopo di vendere loro altre armi. Missione compiuta. Il primo ministro Manuel Valls, al suo ritorno da Riyadh in ottobre, ha scritto su Twitter: “Francia-Arabia Saudita: contratti per un valore di 10 miliardi di dollari! Il governo si è mobilitato per le nostre aziende e per i posti di lavoro.”
(1) Laurent Fabius, BFM-RMC, 2 Marzo 2015: “Quello che sento – e, naturalmente, non voglio essere colpevole di arroganza – è che la politica estera della Francia è apprezzata quasi dovunque nel mondo – e dai francesi.”
(2) Nabil Mouline, “Surenchères traditionalistes en terre d’islam”, (Offerte tradizionaliste più alte nella terra dell’Islam), Le Monde diplomatique, Marzo 2015.
(3) Vedere: Serge Halimi, “Saudi Arabia’s free pass”, (Il lasciapassare dell’Arabia Saudita), Le Monde diplomatique, English edition, Marzo 2012.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Le Monde Diplomatique
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0
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