di Massimo Congiu
Un articolo uscito di recente sul sito web del settimanale di politica ed economia HVG, dedica spazio alla decisione, presa dall’Accademia Ungherese delle Scienze, di chiudere la casa-archivio del filosofo György Lukács e di conservare altrove il materiale in essa contenuto. Il giornale aggiunge che al momento non è ancora del tutto chiaro quale sarà la nuova collocazione degli scritti del noto intellettuale ungherese. Secondo gli studiosi l’iniziativa è la conseguenza di una decisione presa e formalizzata il primo gennaio del 2012, quando venne deliberato di privare l’Archivio Lukács dello status di luogo di ricerca e di farlo funzionare solo come biblioteca.
C’è stata una reazione a livello internazionale innescata dall’articolo diMiklós Gábor e uscito di recente sul quotidiano di opposizioneNépszabadság. La reazione, ungherese e non, ha avuto luogo sotto forma di petizioni in varie lingue, tra cui l’italiano, e di un appello rivolto a László Lovász, matematico e presidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze.
La paura di intellettuali e studiosi è che con la decisione presa dall’Istituzione, venga disperso un patrimonio culturale prezioso. In realtà diversi intellettuali ungheresi critici nei confronti dell’attuale governo conservatore e nazionalista guidato da Viktor Orbán, vedono in questa iniziativa un nuovo tentativo, da parte delle autorità politiche, di mettere le mani sulla cultura e di dar luogo alla rimozione di un lascito che ha a che vedere col pensiero critico. Essi considerano questa decisione come ispirata da una volontà di controllo delle autorità politiche su tutto, sul sapere, sulla scuola, sui valori che conviene affermare nel paese. Come quando la statua di Karl Marx è stata rimossa dai corridoi della sede centrale dell’Università Corvinus, ex Università Karl Marx, di Budapest e trasferita in uno spazio espositivo sito nello stesso edificio ma meno centrale e senza dubbio più appartato. La decisione aveva suscitato dei commenti ai quali era stato risposto che ormai le università, le istituzioni, il paese tutto hanno bisogno di un nuovo ordine di valori.
Appare chiaro che il clima politico che si respira nel paese dal 2010 indicariferimenti culturali ben diversi da quelli relativi all’opera di un pur importante pensatore. Nato a Budapest nel 1885, György Lukács è stato filosofo e critico letterario. Il suo marxismo umanistico ha influenzato laScuola di Francoforte e gli esistenzialisti francesi. Noti sono, inoltre, i suoi scritti sull’estetica e il saggio Teoria del romanzo, pubblicato nel 1920 e ancora La distruzione della ragione, opera comparsa nel 1954, con la quale Lukács si era posto l’obiettivo di analizzare i presupposti ideologici e sociali che avevano portato in Germania all’avvento del Nazionalsocialismo.
L’appartamento situato a Pest, al numero 2 di Belgrád rakpart, sulla riva del Danubio, è stato il luogo in cui il filosofo ha vissuto e lavorato dal 1945 al 1971, anno della sua scomparsa, avvenuta nella capitale ungherese e quello in cui, l’anno dopo, è stato fondato l’Archivio.
Esso è stato istituito con l’obiettivo di tenere viva la memoria di Lukács, conservare una parte rilevante della sua vasta opera: scritti, lettere, inediti, e la sua biblioteca. A lungo l’Archivio è stato un luogo di studio, di riflessione e di ricerca per numerosi studiosi e, come si legge in un articolo uscito sul Manifesto lo scorso 9 marzo, un punto di riferimento, a livello internazionale, di primaria importanza.
Per questo, gli studiosi, non solo quelli ungheresi, hanno reagito con inquietudine alla decisione di trasferire il prezioso materiale contenuto nella casa di Lukács e di sopprimere quest’ultima come Archivio e luogo di ricerca. Si teme lo scorporo del fondo e la consegna all’oblio e all’indifferenza di un lascito che ha contribuito alla storia del pensiero occidentale. Le iniziative di protesta contro questa decisione sono presenti anche in rete e aspettano nuove firme a loro sostegno, a favore dell’appello rivolto al presidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze e a difesa del patrimonio prodotto da colui che viene definito uno dei maggiori saggisti della modernità.
Fonte: Radio Popolare
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