di Immanuel Wallerstein
Uno dei molti giochi cui di questi tempi si dedicano guru e politici consiste nello spiegare in dettaglio perché e come l’Unione Europea (UE) crollerà/sta già crollando. Chiunque segua le notizie mondiali conosce tutte le spiegazioni standard: Grexit e Brexit non faranno che determinare altre uscite; forze/partiti di ultradestra stanno crescendo quasi dovunque; l’Accordo di Schengen che garantisce libertà di movimento è sospeso in molti paesi che lo avevano adottato; la disoccupazione sta aumentando irrefrenabilmente.
C’è un tema sottostante in questa litania di pessimismo (o si tratta di ottimismo?). Gli europei – sia i sofisticati sia gli “ignoranti” – sono divenuti impermeabili agli argomenti razionali. Agiscono quasi tutti irrazionalmente reagendo alle proprie emozioni e non ad analisi riflessive. Ma è così, Charlie Brown? Andrebbe bene per un buon fumetto, ma significa che la UE cesserà effettivamente di esistere?
Non sto offrendo qui le mie idee su se la UE sia una cosa buona o cattiva, se dovrebbe o non dovrebbe essere sostenuta o minata. Piuttosto desidero analizzare ciò che ritengo avverrà effettivamente. Le istituzioni che oggi costituiscono l’Unione Europea continueranno a esistere tra dieci o vent’anni? Sospetto di sì. Per capire perché la penso così esaminiamo insieme che cosa può far sì che gli europei – sia i sofisticati sia gli “ignoranti” – esitino a compiere il passo fatale di smantellare ciò che hanno lavorato tanto duramente per creare negli ultimi circa settant’anni. Ci sono delle ragioni che si potrebbero definire economiche e altre che sono geopolitiche e, infine, altre ancora che potrebbero essere chiamate culturali.
Cominciamo con l’economia. La situazione in termini di reddito corrente, sia per gli stati sia per la maggior parte delle persone, è brutta dovunque nella UE. La domanda è se smantellare l’Europa avrebbe probabilità di migliorarla o, in effetti, di peggiorarla.
Un tema di dibattito costante è l’Eurozona: sopravvivrà? Prendiamo per esempio quello che è successo in Grecia nelle due elezioni del 2015 nel paese. Alexis Tsipras, il leader del partito Syriza oggi al governo, è stato eletto nelle prime elezioni sulla base di una piattaforma anti-austerità. Poi, nel negoziare con la UE un ulteriore prestito, ha fatto marcia indietro su quasi tutto ciò che aveva promesso agli elettori greci. Ha accettato misure pretese dalla UE che hanno colpito pesantemente il reddito reale della maggioranza della popolazione. Per questo è stato denunciato di aver tradito le sue promesse dalle forze di sinistra interne a Syriza che si sono ritirate dal partito e hanno formato una lista propria. Tuttavia nelle elezioni successive convocate rapidamente da Tsipras, egli ha ricevuto di nuovo il mandato. Gli elettori greci hanno scelto lui piuttosto che le forze di sinistra interne a Syriza.
Pare chiaro, almeno a me, che gli elettori greci non hanno prestato attenzione alle denunce della sinistra perché soprattutto non volevano lasciare l’Eurozona. Tsipras aveva fatto del mantenimento dell’euro una priorità e le forze di sinistra cercavano invece di recuperare una moneta autonoma. Evidentemente gli elettori greci hanno ritenuto che gli aspetti negativi, molto reali, del rimanere nell’Eurozona fossero, a loro modo di vedere, minori dei probabili aspetti più negativi del ripristino della dracma.
La situazione è grosso modo la stessa per quel che riguarda le caratteristiche della cosiddetta rete di sicurezza installata dai governi europei, quali le pensioni e le indennità di disoccupazione. Virtualmente tutti i paesi della UE hanno tagliato la rete di sicurezza per mancanza di fondi. A questi tagli si sono opposte, a volte con successo, partiti di sinistra o di centrosinistra. Ma c’è qualche motivo di supporre che, se l’Unione Europea scomparisse domani, questi governi avrebbero maggiori fondi da distribuire? I partiti di sinistri spesso dicono di sì, condannando quelle che considerano pressioni neoliberiste della burocrazia UE di Bruxelles. Ma guardate un po’ in giro per il mondo. Siete in grado di indicare governi fuori dall’ambito di Bruxelles che siano stati in grado di aumentare le spese per lo stato sociale?
Se nello smantellare la UE non c’è alcun vantaggio reale in termini di livelli del reddito reale, ci sono altri motivi per farlo? La UE ha svolto un ruolo geopolitico importante sin dal suo avvio ed è andata aumentando costantemente quanto a numero dei suoi membri. Gli Stati Uniti hanno appoggiato pubblicamente l’ascesa e l’espansione della UE ma in realtà cercando di minarla. Gli Stati Uniti hanno considerato la UE come un grande pericolo geopolitico. E’ evidente alla maggior parte degli osservatori che la forza geopolitica della UE dipende dai numeri. Uno smantellamento cancellerebbe questa forza e ridurrebbe gli stati europei separati a nessuna importanza pratica geopoliticamente.
Alla fin fine la maggior parte dei leader e dei movimenti europei capisce questo. Per quanto alcuni di essi inveiscano contro la UE come struttura, sono pronti di fatto a rinunciare ai vantaggi che assicura loro una vasta entità singola? Gruppi di destra, specialmente nell’Europa orientale, considerano la UE come una pressione sugli Stati Uniti affinchè offrano loro protezione militare contro una presunta Russia aggressiva. Gruppi di sinistra in altri paesi, come la Francia, usano la forza della UE per contenere quelle che considerano presunte azioni aggressive degli Stati Uniti. Che cosa guadagnerebbe gli uni o gli altri di questi gruppi dallo smantellamento della UE?
Infine ci sono i cosiddetti legami culturali tra Stati Uniti ed Europa. Sono proclamati pubblicamente e più silenziosamente denigrati come un residuo del dominio egemonico statunitense nei primi venticinque anni dopo il 1945. Ancora una volta ci sono motivazioni varie. I partiti e movimenti di sinistra vogliono usare la loro struttura unificata come modo per riconquistare l’autonomia culturale (persino la superiorità) che ritenevano di avere prima del 1945. Le forze di destra vogliono usare la loro forza per insistere sulla loro autonomia culturale riguardo alle cosiddette questioni dei diritti umani. Di nuovo, nell’unione sta la forza.
Quelle che vedo in atto sono una retorica sempre maggiore e un’azione reale sempre minore. Bene o male la mia sensazione è che le istituzioni della UE sopravvivranno. Questo non significa che non cambieranno. C’è, e continuerà a esserci, una vera lotta politica all’interno della UE riguardo al tipo di istituzione collettiva che essa dovrebbe essere. Questa lotta politica intra-europea fa parte di una lotta mondiale riguardo al genere di mondo che desideriamo costruire come risultato della crisi strutturale del sistema mondiale moderno.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Toward Freedom
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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