di Carlo Lania
La Turchia si prepara a diventare la nuova frontiera europea. Tra ventiquattro ore, a partire da domani mattina, i migranti che arriveranno sulle isole greche dell’Egeo potranno essere rimandati indietro con la benedizione di Bruxelles e Ankara. E’ uno dei punti dell’accordo firmato ieri nella capitale belga tra Unione europea e Turchia e che, secondo i protagonisti, dovrebbe mettere fine o quanto meno ridurre notevolmente gli arrivi di rifugiati in Grecia, risolvendo così una crisi che in un anno ha quasi messo in ginocchio le istituzioni europee.
Ci sono voluti cinque mesi e altrettanti vertici tra i leader dei 28 e il premier turco Ahmet Davutoglu per trovare un punto di equilibrio tra le richieste sempre più alte di Ankara e quanto l’Europa era disposta a concedere allo scomodo alleato. Equilibrio che alla fine è stato trovato ieri dopo una notte di lavoro in cui gli sherpa di entrambe le parti hanno lavorato per limare gli angoli e accorciare le distanze, tenendo conto anche di un particolare non secondario che però era stato quasi messo da parte fino a pochi giorni fa: il rispetto del diritto internazionale e delle norme comunitarie per quanto concerne le modalità di respingimento dei migranti, nonché il rispetto dei loro diritti umani. Ma vediamo i punti dell’accordo.
A partire da domani quindi i migranti che arriveranno in Grecia potranno essere rispediti oltre l’Egeo se non presenteranno domanda di asilo o se la loro richiesta verrà respinta. «Non verranno eseguiti espulsioni di massa», assicurano da Bruxelles. Questo significa che ogni richiesta di asilo dovrà essere esaminata individualmente e ricevere una risposta nel giro di pochi giorni. Perché questo sia possibile le isole greche diventeranno di fatto degli hotspot dove i miranti verranno identificati e selezionati da funzionari greci e turchi con l’aiuto di Frontex e dell’Easo, l’agenzia europea per il diritto di asilo. La legittimazione giuridica ai respingimenti deriverà dal riconoscimento da parte della Grecia della Turchia come Paese terzo sicuro. Tutti i costi saranno a carico dell’Unione europea.
Il principio dell’«uno a uno» proposto da Ankara, per cui per ogni siriano tornato in Turchia un altro verrà prelevato da un campo profughi e reinsediato in Europa, diventerà operativo. La priorità sarà data ai migranti che non hanno tentato di entrare illegalmente in Europa. Il programma di reinsediamenti prevede può contare su 72 mila posti, numero che potrà essere rivisto se non dovessero bastare. Ungheria e Slovacchia hanno già detto che non parteciperanno al programma. Da tener conto che in Grecia sono già presenti più di 46 mila profughi, la maggior parte dei quali siriani, che andranno ricollocati anch’essi tra gli Stati membri. La Turchia si impegna inoltre a fermare le partenze dei migranti e a impedire l’apertura di nuove rotte terrestri o marittime.
Ci sono poi tre punti che riguardano la contropartita dell’Unione europea alla Turchia. Bruxelles accelererà il versamento dei 3 miliardi di euro già stanziati, mentre resta per ora sospesa la richiesta turca di ulteriori 3 miliardi. Via libera invece, ma gradualmente, alla liberalizzazione dei visti. Potrebbe avvenire entro giugno, ma Ankara deve adempiere a tutti i 72 criteri specifici entro la fine di aprile (cosa un po’ difficile visto che al momento ne soddisfa solo la metà). Per quanto riguarda il processo di adesione all’Unione europea, altro punto che ha sollevato non pochi dubbi tra i 28, entro aprile la Commissione Ue presenterà una proposta per l’apertura del capitolo 33 (riguardante il budget e non a rischio di veto da parte di Cipro), accelerando i lavori preparatori per l’apertura di altri capitoli.
Questo l’accordo. Resta da vedere come la Turchia manterrà fede agli impegni presi, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei migranti e più in generale il rispetto dei diritti umani nel Paese. Sul punto Bruxelles si è accontentata di qualche affermazione generica contenuta nelle conclusioni dell’accordo, dove si afferma che l’Ue «ribadisce che si aspetta che la Turchia rispetti gli standard più elevati per quanto riguarda la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di espressione».
Dubbi sull’accordo sono stati espressi dall’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati. «Temiamo che l’accordo sui reinserimenti riguardi solo una quantità minima di persone e possa mettere a rischio le persone che non sono siriane”, ha spiegato la portavoce italiana, Carlotta Sami. Più duri i commenti di Amnesty, Consiglio italiano per i rifugiati. Msf e Oxfam, che parlano di accordo vergognoso fatto sulla pelle dei migranti.
Fonte: il manifesto
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