di Luca Kocci
Sarebbe azzardato dire che i vescovi italiani hanno innalzato le bandiere NoTriv. Tuttavia l’indicazione, sebbene filtrata dal consueto stile ecclesiastico soft (che diventa hard quando si affrontano temi etici), è sufficientemente chiara: sulla questione delle trivelle petrolifere in mare – oggetto del referendum del 17 aprile – bisogna trovare una soluzione che rispetti l’ambiente.
L’affermazione è contenuta in un passaggio del comunicato finale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (a Genova dal 14 al 16 marzo) diffuso ieri. I vescovi, si legge nella nota, si sono confrontati «sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle – ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza della concessioni – concordando circa l’importanza che essa sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco».
Non si dice di votare sì, ma si sottolinea «l’importanza» dell’argomento, si incoraggia a discuterne «nelle comunità» (mentre nello scorso settembre, raccontò allora l’agenzia Adista, la Curia di Matera bloccò un dibattito su temi ambientali, in particolare sul petrolio, che si sarebbe dovuto svolgere in una parrocchia di Montalbano Jonico con il segretario dei Radicali lucani, Maurizio Bolognetti, autore di Le mani nel petrolio) e soprattutto si invita a trovare una soluzione in linea con la Laudato si’, l’enciclica socio-ambientale del papa.
Cosa dice l’enciclica? Non parla esplicitamente di trivellazioni, ma le indicazioni sono chiare. «La tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti, specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio», «sviluppando fonti di energia rinnovabile», si legge nella Laudato si’. E ancora: «Alcuni Paesi hanno fatto progressi nella conservazione efficace di determinati luoghi e zone, sulla terra e negli oceani, dove si proibisce ogni intervento umano che possa modificarne la fisionomia o alterarne la costituzione originale».
Non è un appello al Sì (del resto l’enciclica non è un “manifesto politico”, tantomeno è stata scritta pensando all’Italia), ma quasi. Il segretario della Cei, monsignor Galantino, smorza – «non c’è un sì o un no dei vescovi al referendum» – salvo poi affermare di condividere il commento su Avvenire di ieri: basterebbe leggere la Laudato si’ «per comprendere come mai la Chiesa, in vista del referendum del 17 aprile, si trovi schierata sulle posizioni dei comitati NoTriv», si legge sul quotidiano della Cei.
Nella prolusione del cardinal Bagnasco, in apertura del Consiglio permanente, il tema ambientale non era presente. Ad averlo sollevato durante i tre giorni di lavori sono stati soprattutto i vescovi del sud, che negli ultimi mesi hanno preso nettamente posizione contro le trivelle. La scorsa settimana, per esempio, l’arcivescovo di Catanzaro, Bertolone, aveva espresso «timori ed ansie per la possibilità che la costa possa divenire un orizzonte di piattaforme». E ancora prima contro le trivelle in mare si erano pronunciati tutti i vescovi di Abruzzo e Molise: «Ampi territori a vocazione turistica, agricola, vitivinicola saranno definitivamente snaturati da questa ’deriva fossile’ nonostante in altre regioni, come la Basilicata, interessate da queste estrazioni, non si siano constatati i promessi miglioramenti nell’economia, né nella occupazione».
Fonte: il manifesto
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