di Eleonora Forenza
Chi conosce i rischi del TTIP, il trattato di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti? Ancora troppe poche persone, soprattutto in Italia. E proprio qui sta uno dei principali pericoli di questo accordo tra Ue e Usa: l’assenza di una discussione trasparente e democratica, dentro e fuori le aule di Bruxelles. Dentro, al meno per quanto concerne l’Europarlamento, purtroppo la maggior parte dei miei colleghi e delle mie colleghe italiane sembrano schierati piuttosto acriticamente sulle posizioni del governo Renzi, cioè a totale supporto del TTIP e di Confindustria, grande sponsor italiano del trattato. Non a caso Marcegaglia e Squinzi erano i due invitati alla presentazione pubblica del TTIP a Roma, poco più di un anno fa, insieme al premier Renzi.
C’è ancora un grande problema di trasparenza relativo al TTIP. Dopo essere stata nella reading room, sento di poter dire quanto sia surreale che un/ una parlamentare possa consultare da “sorvegliato a vista” atti su cui è chiamato ad esprimersi e svolgere una funzione di rappresentanza.
E ribadire quanto sia inaccettabile la mancanza di un pieno accesso alla documentazione per le e i parlamentari e la mancanza di informazione delle cittadine e dei cittadini. Fuori dalle aule del Parlamento, il problema è invece che è ancora insufficiente l’informazione su cosa realmente comporta il Ttip per i cittadini, nonostante il grande impegno della società civile e della campagna Stop Ttip in particolare.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza: il Ttip è un accordo di libero scambio che coinvolge UE e Stati Uniti dai potenziali effetti catastrofici sulla salute, e sulla sicurezza delle nostre produzioni agroalimentari, sugli standard ambientali e sociali.
Questo perché l’accordo ha come obiettivo primario non l’abbattimento dei dazi, ma di quelle che vengono chiamate barriere non tariffarie e che in realtà sono le normative e gli standard a difesa del lavoro e dell’ambiente. Pensiamo solamente alle enormi differenze rispetto alla sicurezza alimentare tra Ue e Usa: è noto a tutti che le filiere di controllo nordamericane sono molto meno stringenti delle nostre.
A farne le spese, in primis, saranno quindi gli agricoltori medi e piccoli italiani, penalizzati dall’arrivo di prodotti delle multinazionali dell’agribusiness. Proprio le lobby agroalimentari sono state quelle che hanno fatto maggiore pressione sulla Commissione Europea per includere il Codex Alimentarius (un insieme di normative elaborate dalla Fao e dall’Organizzazione mondiale della Sanità) come riferimento unico per gli standard agroalimentari nel Ttip, nonostante sia considerato meno stringente delle normative sviluppate dall’Efsa, l’Autorità europea sulla sicurezza alimentare.
E ancora, mentre i pro Ttip dicono che creerà occupazione numerosi studi super partes ci dicono il contrario e che anzi, aumenterà disoccupazione e precarietà, in particolare nei 10 anni successivi all’entrata in vigore dell’accordo.
Allo stesso tempo, l’inserimento delle famigerate clausole di protezione degli investimenti previste nel Ttip minaccia la capacità di legiferare delle istituzioni attraverso la possibilità per le imprese (soprattutto le multinazionali USA che ha differenza delle piccole imprese dispongono delle risorse per intentare cause di questa portata) di citare in giudizio governi qualora introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, che ledessero i loro profitti passati, presenti e futuri.
In questo momento, per la campagna elettorale americana e sulla scia della protesta di milioni di cittadini in Europa, il Ttip è in una relativa fase di stallo, stallo che l’ultimo round negoziale non sembra aver sbloccato. la situazione attuale è che non sembrano esserci all’orizzonte progressi concreti su molte delle questioni più importanti, a partire dalla riforma di quella che originariamente (e tuttora, nella sostanza) era la clausola di protezione degli investimenti ISDS (Investment-State Dispute Settlement) e l’apertura degli appalti, i controlli di conformità e la protezione del settore agroalimentare.
Per ciò che concerne il Parlamento europeo, dopo la risoluzione votata lo scorso luglio, stiamo cercando di fare pressione affinché la Commissione Europea consideri il Ttip un accordo “misto” , cioè che per entrare in vigore ha bisogno di essere ratificato non solo a livello europeo ma anche dai parlamenti dei singoli Stati membri.
Il 27 febbraio in quattro città italiane ci siamo incontrati proprio per costruire la mobilitazione. Io sono stata all’assemblea di Bari, città scelta per riunire le realtà del Sud in una giornata di confronto molto proficua e partecipata.
Al termine dell’evento la rete contro il Ttip ha deciso di lanciare la prossima, grande, manifestazione nazionale per il prossimo 7 maggio, a Roma: noi ci saremo e invitiamo tutti a partecipare. Speriamo di riuscire a far capire a tutte e tutti i rischi che corriamo come cittadini e consumatori se si approvasse questo trattato.
Fonte: Q Code Magazine
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