di Marjorie Cohn
Una differenza critica tra Bernie Sanders e Hillary Clinton è la loro posizione sula questione dei bambini fuggiti dalla violenza nei paesi dell’America Centrale, particolarmente in Honduras, due anni fa, se ad essi debba essere consentito di restare negli Stati Uniti o debbano essere rimpatriati. Sanders afferma inequivocabilmente che dovrebbero essere in grado di restare negli USA. La Clinton dissente. Lei garantirebbe loro un “giusto processo”, ma nulla di più.
Nel 2014 la Clinton ha dichiarato a Christiane Amanpour della CNN: “Può essere più sicuro [per i bambini restare negli USA]” ma “dovrebbero essere rimandati indietro”. Appoggiando il colpo di stato del 28 giugno 2009 in Honduras quando era Segretario di Stato la Clinton contribuì a creare le tragiche condizioni che costrinsero molti di questi bambini a fuggire. E l’assassinio della leggendaria leader dei diritti umani Berta Càceres all’inizio di questo mese può essere indirettamente ricondotto alle politiche della Clinton.
Nel corso del dibattito Democratico dell’11 febbraio a Milwaukee la Clinton ha affermato che mandare indietro i bambini avrebbe “trasmesso un messaggio”. In risposta a una domanda della moderatrice del dibattito, Judy Woodruff della PBS, ha detto: “Questi bambini dovevano essere gestiti appropriatamente ma dovevamo anche trasmettere un messaggio alle famiglie e alle comunità dell’America Centrale affinché non mandassero i loro figli a fare questo pericoloso viaggio nelle mani di contrabbandieri”.
Sanders ha rimbeccato: “A chi stiamo trasmettendo un messaggio? Questi sono bambini che stanno lasciando paesi e quartieri in cui sono in gioco le loro vite. Questo è il fatto. Non penso di usarli per mandare un messaggio. Penso che di accoglierli in questo paese e fare il meglio che possiamo per aiutarli a mettere insieme le loro vite”.
Nel dibattito del 9 marzo a Miami tra i due candidati Democratici Sanders ha accuratamente detto al moderatore Jorge Ramos di Univision: “L’Honduras e quella regione del mondo possono essere la regione più violenta del nostro emisfero. Signori di bande criminali, tizi feroci che torturano altre persone, che fanno cose terribili alle famiglie”. Ha aggiunto: “I bambini sono fuggiti da quella parte del mondo per tentare, tentare, tentare, forse, di incontrare i loro familiari in questo paese, compiendo un percorso orrendo, cercando di avviare una nuova vita”.
La violenza in Honduras può essere fatta risalire a una storia di ingerenza economica e politica statunitense, compreso l’appoggio della Clinton al colpo di stato, secondo la docente dell’American University Adrienne Pine, autrice di “Working Hard, Drinking Hard: On Violence and Survival in Honduras”[Duro lavoro, dure bevute: violenza e sopravvivenza in Honduras].
La Pine, che ha lavorato per molti anni in Honduras, ha dichiarato nel 2014 a Dennis Bernstein della radio KPFA che le forze militari che avevano attuato il colpo di stato erano state addestrate presso l’Istituto dell’Emisfero Occidentale per la Cooperazione alla Sicurezza (già chiamato Scuola Militare USA delle Americhe) di Fort Benning, Georgia. Anche se il colpo di stato era appoggiato dagli Stati Uniti, fu contestato dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione degli Stati Americani (OAS). L’ONU e l’OAS definirono la cacciata del presidente Manuel Zelaya un colpo di stato militare.
“Hillary Clinton fu probabilmente la protagonista più importante nell’appoggiare il colpo di stato [contro il presidente democraticamente eletto Zelaya] in Honduras”, ha osservato la Pine. Agli Stati Uniti ci sono voluti due anni persino per ammettere che l’Honduras aveva sofferto un colpo di stato e non hanno mai ammesso che si era trattato di un colpo di stato militare. Ciò probabilmente perchè la Legge sull’Assistenza all’Estero vieta agli Stati Uniti di aiutare un paese “il cui capo del governo debitamente eletto sia deposto da un colpo di stato o da un decreto militare”.
Anche se alla fine il governo statunitense ha tagliato gli aiuti non umanitari all’Honduras, il Dipartimento di Stato sotto la Clinton si è premurato di chiarire che ciò non costituiva un’ammissione che aveva avuto luogo un colpo di stato militare.
“Hillary Clinton ha avuto un ruolo enorme nel sostenere il governo golpista”, ha detto la Pine. “Il Dipartimento di Stato ha assicurato che il governo golpista restasse al suo posto mediante negoziati imposti, contro la volontà dell’OAS, e continuando a fornire aiuti e a riconoscere il governo golpista”.
“E dunque se non fosse stato per Hillary Clinton”, ha aggiunto la Pine, “fondamentalmente non ci sarebbe stata questa crisi dei profughi dall’Honduras al livello odierno. E gli honduregni vivrebbero in una realtà diversa da quella tragica in cui vivono oggi.”
Nel suo libro “Hard Choices” [Scelte difficili] la Clinton ammette di aver contribuito a garantire che Zelaya non tornasse alla presidenza. Ha scritto: “Nei giorni successivi [dopo il colpo di stato] ho parlato con le mie controparti nell’emisfero, compreso il Segretario [Patricia] Espinosa in Messico. Abbiamo organizzato un piano per riportare l’ordine in Honduras e garantire che elezioni libere ed eque potessero essere tenute rapidamente e legittimamente, il che avrebbe reso accademica la questione di Zelaya”.
Quando fu deposto, Zelaya stava tentando di ottenere una risoluzione non vincolante alle urne chiedendo agli elettori se desideravano riformare la costituzione. Era a favore di un aumento del 60 per cento del salario minimo “e questo fece infuriare due società statunitensi, la Chiquita Brands International (già United Fruits) e la Dole Food Company”, ha affermato John Perkins, autore di “New Confessions of an Economic Hit Man” [Nuove confessioni di un sicario economico], in un’intervista al sito web Truthout. Le grandi società temevano che un aumento del salario minimo in Honduras potesse diffondersi ad altri paesi dell’America Latina.
Zelaya mise in atto numerose politiche liberali, compresa l’istruzione e i pasti gratuiti per i bambini, sovvenzioni ai piccoli coltivatori, tassi d’interesse più bassi ed elettricità gratuita. “Queste politiche ripagarono”, ha detto Perkins. “L’Honduras godette di un declino di quasi il dieci per cento del livello della povertà. Ma queste stesse politiche erano considerate una disastrosa minaccia all’egemonia e ai saldi di bilancio delle imprese globali e un precedente che avrebbe modificato le politiche nell’intera America Latina e in gran parte del resto del mondo. I leader delle imprese pretesero che la CIA togliesse di mezzo questo presidente democraticamente eletto. Lo fece.”
Meno di un mese dopo il colpo di stato Hugo Llorens, ex ambasciatore USA in Honduras, inviò un cablo alla Clinton e ad altri dirigenti di vertice statunitensi. L’oggetto diceva: “Aperto e chiuso: il caso del colpo di stato honduregno”. Il cablo diceva: “Non c’è dubbio” che il colpo di stato era “illegale e incostituzionale”. Tuttavia, come segnalato più sopra, l’obiettivo della Clinton era di “rendere la questione di Zelaya accademica”.
Dopo il colpo di stato ci furono elezioni fraudolente finanziate dal Fondo Nazionale per la Democrazia – tristemente famoso per l’ingerenza in America Latina – e dal Dipartimento di Stato. Le elezioni inaugurarono un regime repressivo militarizzato. La situazione si deteriorò, determinando l’esodo di migliaia di bambini honduregni.
Dopo il colpo di stato il governo honduregno ha attuato una repressione sistematica di gran parte dei settori della società, compresi insegnanti, coltivatori, leader sindacali, gay, organizzatori dei contadini, giornalisti e chiunque si opponeva al colpo di stato. Molti sono stati assassinati. La percentuale di omicidi in Hondurasera già la più elevata del mondo all’epoca del colpo di stato ed è salita alle stelle tra allora e il 2011. Ci sono una corruzione dilagante e violenze di bande legate al traffico della droga.
In mezzo a tutto questo gli Stati Uniti hanno aggiunto due basi militari in Honduras – portando il totale a 14 – e hanno aumentato i loro finanziamenti alla polizia e all’esercito honduregni.
Prima del colpo di stato la Càceres, un’attivista premiata, lavorava con gruppi indigeni sui temi dei diritti umani e dell’istruzione, con il sostegno di Zelaya. In un’intervista del 2014 ha citato il ruolo della Clinton nel colpo di stato affermando: “La stessa Hillary Clinton, nel suo libro “Hard Choices”, ha praticamente detto ciò che stava per succedere in Honduras. Questo dimostra la cattiva eredità dell’influenza nordamericana nel nostro paese.”
La Càceres aggiungeva: “Il ritorno di Manuel Zelaya alla presidenza (ciò alla sua carica costituzionalmente eletta) è stato trasformato in un interesse secondario. Ci sarebbero state elezioni … Abbiamo avvertito che questo sarebbe stato molto pericoloso … Le elezioni hanno avuto luogo sotto un intenso militarismo ed enormi brogli”.
La Càceres ha criticato il governo golpista per aver approvato leggi antiterrorismo e sui servizi d’informazione che hanno reso reato penale le proteste, etichettando le iniziative come “contro-insurrezionali”, condotte negli interessi del “capitale internazionale”.
La Càceres è stata uccisa il 3 marzo da uomini armati che hanno fatto irruzione nella sua casa. Il suo amico e compatriota, il giornalista Gustavo Castro Soto, ferito nell’assalto, è trattenuto segregato dal governo.
Giovedì più di 200 gruppi per i diritti umani, religiosi, per i diritti degli indigeni, ambientalisti, sindacali e non governativi hanno inviato una lettera aperta al Segretario di Stato USA John Kerry, esprimendo “sconvolgimento e dolore per l’assassinio della paladina honduregna dei diritti umani e dell’ambiente Berta Càceres … vincitrice del prestigioso Premio Goldman 2015 per l’Ambiente”. I gruppi hanno sollecitato Kerry ad appoggiare un’indagine internazionale indipendente guidata dalla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani. Hanno anche sollecitato il Dipartimento di Stato “a sospendere ogni assistenza e addestramento delle forze di polizia honduregne, con l’eccezione dell’assistenza investigativa e forense alla polizia, fintanto che gli assassini di Berta Càceres e di dozzine di altri attivisti honduregni resteranno impuniti”.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Truthdig
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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