di Sandra Bonsanti
“Chi è il Sovrano? Chi comanda? Chi prende le grandi decisioni e dove?” Si illudono quei dirigenti che “pensano di governare concentrando su di sé ciò che resta del potere dello Stato e “non possiamo lasciare che l’attuale sistema informativo detti l’agenda del Paese”, non possiamo lasciare che si diffonda una “sorta di pensiero unico” e il principio che “ciò che conta è l’uomo solo al comando”. In altri anni si sarebbe detto che l’articolo di Alfredo Reichlin, uscito mercoledì su “L’Unità”, rappresenta una svolta: la presa d’atto che i rischi per la democrazia -che da anni denunciano studiosi esterni alla politica del Pd- non sono campati in aria. E non sono antipolitica.
Si sarebbe detto che persino il linguaggio è un altro, più ispirato al costituzionalismo, dal momento che ci si preoccupa e si citano proprio coloro “che stanno sotto” e non partecipano più al dibattito pubblico.
Il problema, denuncia Reichlin, è come viene difesa, dai sostenitori, la riforma della Costituzione: “Come se si trattasse, finalmente, di una grande novità”, rispetto al conservatorismo di sinistra. E mi piace la conclusione del suo articolo: “La politica non è lo schiamazzo di questo eterno presente. Le speranze di futuro per la democrazia italiana stanno anche nelle esperienze e nelle lotte del passato”.
I dubbi di Reichlin arrivano all’indomani dell’approvazione della riforma Boschi-Renzi, accompagnata da violente espressioni di intolleranza nei confronti delle opposizioni da parte del presidente del Consiglio. E’ evidente che questa non è la linea di Alfredo Reichlin, il quale insiste sulla necessità che il paese “ritrovi il senso di un cammino e di una guida. Anche morale”.
Ecco perché, spiega Reichlin, si permette di chiamare in causa Giorgio Napolitano, tra i pochi, secondo lui, che possono essere ascoltati.
La svolta riguarda tutta la vecchia guardia del Pd? Forse gli ultimi eccessi del pensiero renziano cominciano a preoccupare anche oltre la cerchia dell’opposizione interna per toccare i pochi pensatori rimasti del vecchio Pci. Come se si accorgessero soltanto ora di aver scatenato qualcosa che ora è molto difficile, forse impossibile, contenere.
La storia purtroppo insegna. Però, se così stessero le cose, bisognerà che parlino più chiaro, molto più chiaro, prima del referendum di ottobre. Ai gufi non piace dire: l’avevamo detto. I gufi buoni sperano solo che la notte porti consiglio.
Fonte: Libertà e Giustizia
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