di Marco Aime
«Se un uomo trova un diamante, ha fortuna, se un uomo trova due diamanti, ha molta fortuna, se un uomo trova tre diamanti: è stregoneria» recita un proverbio africano. La stregoneria e la magia, infatti, spiegano ciò che è evidentemente di molto lontano dalla normalità. Termini come «magia» e «stregoneria» ci rimandano immediatamente a un mondo primitivo, segnato da superstizioni, popolato da individui succubi di credenze, impregnato di elementi, che noi definiremmo sovrannaturali e pertanto non controllabili dall’uomo. Ma se proviamo a spostarci sul nostro quotidiano, in un’epoca in cui i mercati hanno preso il sopravvento sulla politica, le borse sulle manifatture, la finanza sul lavoro, ci accorgiamo che alcune considerazioni sui «primitivi» suonano particolarmente evocative e inaspettatamente familiari. Perché lavorando, forse si arriva a trovare un diamante; lavorando molto e con l’aiuto della fortuna anche a trovarne due, ma è solo la credenza nel Dow Jones che può indurre a pensare di poter guadagnare tre diamanti in breve tempo e senza lavoro.
Se è vero che il capitalismo classico, quello manifatturiero è nato da una istanza di razionalizzazione, non si può dire altrettanto del moderno capitalismo finanziario.
Se è vero che il capitalismo classico, quello manifatturiero è nato da una istanza di razionalizzazione, non si può dire altrettanto del moderno capitalismo finanziario.
Abbandonata quell’etica protestante cara a Weber, che aveva caratterizzato la borghesia del capitalismo nascente, il capitalismo finanziario fonda la propria esistenza sulla forzatura e sull’aggiramento di «quelle» regole di mercato. A partire dagli anni Settanta si è così avviato un processo, sempre più rapido e intenso, di finanziarizzazione del capitalismo mondiale. Il lavoro ha lasciato uno spazio sempre maggiore al capitale e alle transazioni monetarie ed è in seguito a questa trasformazione, che prende via via sopravvento lo spirito dell’incertezza. Le situazioni di rischio sarebbero quelle in cui gli esiti sono sconosciuti, ma la distribuzione delle probabilità è nota fin dall’inizio. Al contrario, in quelle dell’incertezza, la distribuzione delle probabilità è invece ignota. Il rischio è ormai parte integrale del meccanismo capitalistico contemporaneo e possiamo identificare una serie di pratiche magiche nel cuore della finanza, che si fondano sulla fede nel mercato, frutto di una nuova religione che lo considera fonte di certezze. Tutto questo nonostante le classifiche stilate dalle agenzie di rating, non siano più scientifiche delle previsioni di un astrologo e di una lettrice di tarocchi.
Quanti tra i non addetti ai lavori sanno cosa significa rating, spread, subprime, bond, credit crunch oppure cosa sono e che funzione hanno agenzie come Moody,s o Standard & Poor’s? Eppure veniamo ogni giorno a conoscenza del fatto che il nostro futuro, quella dell’azienda in cui lavoriamo, del Paese in cui viviamo sembrano dipendere da questi dati, chiari solo agli operatori del settore. Anche il linguaggio di maghi e stregoni è spesso esoterico, fatto di formule incomprensibili ai più. Proprio in questo sapere segreto sta una parte del loro potere e della loro influenza sulla gente. Già Malinowski rilevava che, mentre la scienza è aperta a tutti, è un bene condiviso dall’intera comunità, la magia è occulta e viene insegnata attraverso misteriose iniziazioni e trasmessa attraverso canali ereditari diretti o almeno molto chiusi. Nel film La grande scommessa, che narra la vera storia della tristemente nota crisi del 2008, la voce fuori campo dice: «titoli garantiti da ipoteca, mutui subprime, tranche… Wall Street usa termini che confondono per farti credere che solo loro possono fare quello che fanno o meglio ancora allo scopo di non farsi rompere le palle». Si tenta di controllare e manipolare la natura servendosi di pratiche e mezzi particolari, esclusivi di cui solo loro conoscono i poteri.
La scienza si fonda sul principio della prova empirica, verificabile e ripetibile. L’economia no, per questo non può essere considerata una scienza. È sintomatico, peraltro, che il verbo usato per definire l’attività finanziaria sia «giocare». Anche in francese si dice jouer à la bourse, play the stock market in inglese e juega en la bolsa in spagnolo. Non si lavora «in borsa», vi si gioca e ogni gioco, si sa, prevede un più o meno rilevante margine di rischio, proprio come ogni gioco d’azzardo. Esiste una componente imponderabile, che solo il miraggio di un miracolo può far sì che diventi accettabile. Occorre credere che quella parte di «sorte», fuori dal nostro controllo, giri a nostro favore e chi controlla la sorte? Lo stregone, il mago. In genere le credenze in magia e stregoneria vengono evocate come marcatori di primitività, come sintomo di un pensiero irrazionale, pre-logico; detto in altri termini è un dato che distingue «noi» dagli «altri». Uno scenario dove gli «altri», con una lettura implicitamente evoluzionista, sono più arretrati di noi. In realtà, La stregoneria non è tanto un retaggio del passato ancestrale, come si pensa comunemente, ma ha un intimo legame con la modernità capitalista. Forse vale la pena di ricordare il lucido cinismo di Ambrose Bierce, che nel suo Dizionario del diavolo dava questa definizione: «Magia: arte di trasformare la superstizione in denaro».
Fonte: il manifesto
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